Cronache

Weekend a base di coca in città, l’inchiesta choc si allarga. Acquisiti i tabulati telefonici

Gli investigatori lavorano sull’agenda sequestrata a casa di Giuseppe Bruno, considerato uno “legato alla criminalità organizzata foggiana”, dove sono annotati i riferimenti di una ventina di cellulari, tutti campobassani che soprattutto nel fine settimana chiedevano il rifornimento di cocaina. Inoltrate le richieste ai gestori di telefonia mobile per risalire ai nominativi, alcuni dei quali già chiariti. Intanto resta in carcere l’ex guardia giurata Zeoli, trovato con 80 grammi di “bianca” per un totale di quasi 350 dosi. Per il riesame c’è il rischio di reiterazione del reato, ma l’avvocato Silvio Tolesino ha giù disposto il ricorso in Cassazione per una serie di vizi formali che a suo avviso sarebbero sufficienti a rimettere in libertà l’indagato. Per i giudici invece in questa fase preliminare è affrettato correre rischi: Zeoli faceva parte «in modo organico e strutturale di una rete di spaccio messa in piedi da Giuseppe Bruno»

Cocaina a fiumi, feste con personaggi di ogni classe e ceto sociale. E soprattutto residenti in città: la maggior parte di loro, infatti, sono di Campobasso.
E’ sui “vizi” pericolosi di questi ambienti che sta scavando la squadra mobile di Campobasso dopo aver arrestato, lo scorso ottobre, una ex guardia giurata di Campobasso e un faccendiere pugliese, che avevano preso in affitto due case – una vicina all’altra – per meglio gestire lo spaccio di cocaina senza dover utilizzare telefonini e pc, ma soltanto una coppia di walkie talkie.

Sta di fatto che sono finiti in carcere. L’ex guardia giurata, Vincenzo Zeoli, aveva addosso 80 grammi di cocaina. A bordo della sua Alfa 147 la squadra mobile ha scoperto in una busta nera, 15 involucri di cellophane, in ognuno 5 grammi di ’bianca’ «per un totale di 343 dosi».
Agli investigatori, in quel momento, parlò di «uso personale». Ma finora non è stata prodotta alcuna attestazione di iscrizione al Sert. Sta di fatto che quella risposta non ha convinto nessuno. 343 dosi per uso personale sono tante.
Se a queste si aggiungono i 24 grammi di marijuana (pari a 47 dosi) e i 18 grammi di eroina (pari a 26 dosi) sequestrati nella sua abitazione subito dopo essere stato fermato davanti alla casa di Giuseppe Bruno, allora la droga diventa finanche troppa.
E lo dice anche il Tribunale del Riesame quando spiega perché ha deciso di non scarcerarlo o sottoporlo ai domiciliari nonostante l’avvocato di fiducia Silvio Tolesino, da poco subentrato a quello di ufficio, abbia sollevato alcune eccezioni scaturite da errori formali per notifiche inviate all’indirizzo dello studio legale sbagliato.

Per il presidente del Tribunale di Campobasso, Enrico Di Dedda, nonostante questo, invece, i gravi indizi di colpevolezza e l’esigenza cautelare in carcere continuano ad essere inevitabilmente validi. Al di là di ogni presunto vizio di forma. Sono troppe le droghe sequestrate, e pure i quantitativi sono rilevanti per una piazza come Campobasso.

E poi il collegamento con Giuseppe Bruno, il ’capo’, colui che secondo gli investigatori riforniva di ’coca’ la piazza, e che per questo si serviva probabilmente principalmente di Zeoli.

Il rapporto tra i due è bene fotografato dai giudici Di Dedda, Cardona Albini e Previati. Giuseppe Bruno ha a suo carico numerosi e gravi precedenti penali, anche specifici ed è «legato alla criminalità organizzata foggiana» e Vincenzo Zeoli, nella sua casa di Oratino possedeva anche alcuni titoli bancari di Giuseppe Bruno. Dunque un rapporto di fiducia, decisamente ben consolidato.

Il Riesame non si spiega come Zeoli, disoccupato da circa un anno, potesse avere circa 2500 euro per acquistare la droga dal 60enne foggiano. Da qui la convinzione che l’ex guardia giurata «facesse parte in modo organico e strutturale di una rete di spaccio messa in piedi da Giuseppe Bruno». Al riguardo, rilevante è stato anche il sequestro di altra cocaina trovata nel tunnel centrale della sua Alfa.
Zeoli quindi resta ’dentro’. Per i giudici, il carcere è l’unica «misura idonea ad evitare pericoli di recidiva» e non escludono che anche i domiciliari, se concessi, possano rappresentare un rischio in questo senso.


L’avvocato Silvio Tolesino che come sempre affronta con ritrosia qualunque commento mediatico, si limita soltanto ad annunciare che ha già pronto il ricorso in Cassazione.
Ma le indagini non sono ancora chiuse, per i giudici al momento questo è sufficiente per sostenere una tesi che pare avvalorata dalle ulteriori verifiche che gli agenti della squadra mobile stanno conducendo in questi giorni sui tabulati telefonici.

L’agenda sequestrata a casa di Giuseppe Bruno, dove ci sono annotati i riferimenti di una ventina di cellulari e somme di denaro che l’uomo probabilmente doveva ricevere, è sotto la lente ’scientifica’ della polizia. I gestori della telefonia mobile hanno già ricevuto le richieste per far arrivare sul tavolo degli inquirenti tutta la certificazione relativa al traffico telefonico di ognuno di quei numeri e soprattutto hanno ricevuto le istanze per fornire gli agenti i nominativi a cui sono intestate le schede.

Dati che richiedono del tempo, anche se i primi elementi pare siano arrivati. Intanto sarebbe emerso un traffico telefonico ’adrenalinico’ soprattutto nel fine-settimana e i ripetitori interessati avrebbero indicato nel raggio di operatività sempre e soltanto il Comune di Campobasso.

Gli acquirenti sarebbero per la stragrande maggioranza tutti del capoluogo. E gli investigatori, per la prima volta, non fanno alcuna distinzione di classe sociale. Anzi, nelle indicazioni di massima che sono arrivate in questura si parla di consumatori che appartengono alla medio-alta borghesia. Figli “per bene” o finanche genitori “insospettabili”. Professionisti e lavoratori integerrimi. D’altronde la “coca” costa, e per poterne fare abuso – come nei casi accertati – di soldi in tasca bisogna averne, eccome.


Un’inchiesta destinata ad allargarsi e a far tremare nuovamente gli ambienti bene della Campobasso ’chic’. D’altronde la notizia dell’arresto di Zeoli e Bruno ha suscitato un clamore rilevante. Il giorno dopo e quello dopo ancora non si parlava d’altro nei bar o al tabacchino. Tutti si chiedevano nomi e particolari di questa operazione. Ma le indagini in corso non permettono ancora di capire pienamente la rete di smercio e consumo di droghe ’pesanti’ che si è sviluppata a Campobasso.

Per ora gli inquirenti avrebbero ottenuto risposte e raccolto elementi importanti per continuare ad indagare. Tutto è tenuto nel massimo riserbo, e l’unica cosa certa è che l’inchiesta sta procedendo a ritmi serrati.
Si ipotizza infatti che esista un fenomeno ben più vasto di quello immaginato in questi ultimi anni. Fatto di soldi, cocaina e forse altro.

CN

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