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Senza carta igienica e stampanti, ora le scuole fanno i conti con i ’furbetti’ della mensa

Il Comune ha scoperto famiglie non in regola con il pagamento del servizio di mensa scolastica di cui usufruiscono i figli. Un problema sociale, sintomo delle difficoltà in cui versano parecchi nuclei del capoluogo. Per le opposizioni "i costi sono troppo alti" e bisognerebbe cambiare il sistema di pagamento non obbligando le famiglie ad acquistare necessariamente il pacchetto da 20 pasti. Un disagio per gli istituti, già costretti a fare i salti mortali per il materiale didattico e di pulizia. Il Movimento 5 Stelle: "Insegnanti e genitori sono costretti a fare collette pure per l’acquisto dei fazzoletti da mettere a disposizione degli alunni".

Qualche giorno fa la preside dell’istituto comprensivo ‘Petrone’ di Campobasso ha dovuto pagare di tasca propria le 80 sedie acquistate per gli alunni. In altre scuole, non c’è la carta igienica, i fazzoletti oppure il toner per la stampante. Il più delle volte insegnanti e genitori organizzano collette per provvedere alle necessità. Altre scuole, più fortunate, sono riuscite a beneficiare di un contributo privato per l’acquisto di lavagne lim. Sponsor, dunque, come se stessimo parlando di una tv commerciale o di una squadra di calcio e non di un luogo in cui si formano i bambini. Episodi che certificano lo stato di sofferenza degli istituti del capoluogo, già alle prese con i saccheggi messi periodicamente a punto da ladri e sbandati, denunciati dal Movimento 5 Stelle all’amministrazione comunale.

«Non ci risulta nulla e non ci sono pervenute richieste in tal senso», la risposta fornita dall’assessora all’Istruzione Emma de Capoa all’esponente dei 5 Stelle Luca Praitano, che è pure membro del consiglio d’istituto della ‘D’Ovidio’.«I consigli d’Istituto si trovano costretti a sottrarre risorse da altri capitoli di bilancio, come ad esempio quello per la dotazione del materiale di pulizia, per far fronte alle spese di competenza del Comune per il funzionamento delle segreterie. Da più di un decennio il Comune di Campobasso non stanzia per le scuole cittadine nemmeno un euro se non per l’acquisto di arredo e dei registri», la sua denuncia. Palazzo San Giorgio avrebbe chiuso i rubinetti e dunque evitato i finanziamenti perché «non ci sarebbero richieste particolari» (come riferito sempre dalla de Capoa). In questo contesto, dunque, le scuole devono ‘arrangiarsi’.

«Solleciteremo l’Ufficio scolastico regionale e tutti i dirigenti del capoluogo – insiste Praitano – affinché producano istanze esaustive del materiale di cui si necessita per il funzionamento delle segreterie perché i cittadini non debbano continuare a lasciare “l’obolo” per vedersi riconoscere un servizio che già pagano con la fiscalità generale».

Ma l’assenza di stampanti e carta igienica non è l’unico problema degli istituti. Che devono fare i conti anche i ‘furbetti’ della mensa scolastica, ossia famiglie che non pagano il servizio anche se ne usufruiscono i propri figli. Sarebbero una ventina i nuclei ‘ evasori’, secondo quanto riferito dal dirigente Vincenzo De Marco nell’ultima commissione consiliare e poi riferito in Aula da Cretella (M5S). «Dal mio punto di vista, ce ne sono molte di più», commenta il consigliere.

Un problema che si è aggravato con la crisi economica che ha messo in difficoltà parecchie famiglie: non tutte riescono a pagare i costi della mensa scolastica, soprattutto chi ha perso il lavoro e deve guardare a risparmiare anche l’euro. A Campobasso, poi, i costi per usufruire del pasto sono anche abbastanza elevati, soprattutto per i non residenti. Per acquistare un pacchetto da venti buoni pasto al tabacchi di via Ungaretti (l’unico punto di tutta la città), i redditi più bassi (fino a 15mila euro) pagano poco quasi 54 euro per un figlio: a pasto sono 2,7 euro.

La quota sale a 91,46 per i redditi tra i 15.493 euro e i 25.822 euro. Chi denuncia un Isee di oltre 25. 822 euro spende invece 96,84 euro. Somme che diminuiscono nel caso in cui usufruisca del servizio anche il secondo e il terzo figlio. Infine, i non residenti devono versare 107,60 euro.

Chi controlla che le somme vengano fatte regolarmente? Nessuno. «Bisognerebbe cambiare il sistema – la contestazione di Cretella – magari introducendo pacchetti da otto-dieci buoni pasto per andare incontro alle esigenze delle famiglie e scoraggiare l’evasione. Il fatto che il servizio mensa venga garantito comunque senza pagare può essere pericoloso». Perché magari le famiglie ‘insolventi’ potrebbero aumentare e aumentare di conseguenza anche i costi per le casse comunali.

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