Specie aliena

La diga del Liscione “si ritira”: tra ruderi emersi e zolle di fango invasione di vongole giganti

Con la secca che ormai da mesi interessa l’invaso di Guardialfiera, il più grande bacino idrico del Molise dove il livello dell’acqua si è abbassato di svariati metri, sono diventati molluschi sconosciuti nella zona. Centinaia e centinaia di vongole di proporzioni record, anche 10 volte più grandi delle normali vongole, coprono il fondale di terra secca del lago. Secondo gli esperti potrebbe trattarsi di Anodonta Woodiana, conosciuta anche come vongola asiatica: una specie aliena già avvistata nelle acque dolci di laghi e fiumi del nord Italia, con l’interno madreperlaceo e una commestibilità dubbia. «Ma non dovrebbero creare danni all’ecosistema - spiega Giulio Nulli, esperto di ambienti fluviali e acquatici - né apportare grandi cambiamenti o stravolgimenti all’habitat in cui crescono e si riproducono. Se ce ne sono così tante è perchè si riproducono rapidamente e hanno trovato un ambiente ideale».

Lo scenario che si presenta ai “visitatori della domenica” sulla riva del lago di Guardialfiera fa impressione. Laddove solo fino a pochi mesi fa c’era acqua, ora c’è una distesa di zolle di terra secca e spaccata. E tutto intorno erba. La diga del Liscione, il principale invaso artificiale del Molise e uno dei più grandi del centro sud, che fornisce l’acqua a gran parte della regione, all’agricoltura, all’industria e durante i mesi estivi anche alla Puglia e alla Campania, si è ritirata. Il livello si è abbassato di svariati metri, e il risultato è ben visibile dalla sponda e in modo particolare dalla passeggiata che costeggia quella che una volta, prima che venisse dismessa e vandalizzata, era la Cascina sul lago, un ristorante con accanto il gabbiotto del salvamento e un piccolo approdo per imbarcazioni turistiche, soprattutto canoe e pedalò.

Non c’è più nulla di tutto questo, solo locali sporchi pieni di tracce umane di senzatetto occasionali, bottiglie e resti di fuochi accesi, vetri infranti. Resta però la passerella di legno, quella che dalla riva entra in acqua e consente l’attracco a piccole barche. Tutto questo pero succedeva tempo fa. Oggi, come dimostra la foto qui sopra nella quale si vedono a confronto una immagine della passerella scattata nell’autunno 2015 e il suo equivalente ripreso dall’obiettivo domenica 1 ottobre, l’acqua semplicemente non c’è più.


Le assi di legno montate su una struttura in ferro sovrastano erba e melma. Per arrivare a potersi bagnare è necessario percorrere decine e decine di metri alla fine della passerella, che vista da lontano sembra poggiare su un grande prato. In realtà quello è il fondale del lago che la secca ha svelato progressivamente durante una estate di emergenza e totale mancanza di pioggia. Un fondale che presenta anche una sorpresa, ancora tutta da studiare.
Per chilometri infatti, davanti all’antico ponte di Annibale, antsitante il colle di Monte Peloso, che la siccità e l’abbassarsi di variati metri del livello dell’acqua ha fatto riemergere nelle “fattezze” di un rudere, la terra è costellata da gusci di conchiglie. Non si tratta di conchiglie qualsiasi, bensì di vongole di proporzioni gigantesche, grandi da sei a dieci volte i normali molluschi bivalvi che si trovano in acque salate. La riva di Guardialfiera, dove l’acqua si è ristretta lasciando scoperta una ampissima porzione di fondale, ne è piena. I gusci dei molluschi sono centinaia e centinaia, disseminati tra l’erba e le zolle, e arrivano a venti centimetri di lunghezza.

Secondo gli esperti si tratterebbe di Anodonta woodiana, più volgarmente vongola o cozza cinese: con una valva che può superare i 30 centimetri, è la più grossa bivalve d’acqua dolce e si riproduce a una velocità impressionante, riuscendo a colonizzare in brevissimo vastissimi habitat. «Il nome corretto di questa specie è Sinanodonta Woodiana ed è un tipo di bivalve della famiglia delle Unionidi proveniente dalla zona asiatica, in particolare dalla zona compresa tra la Russia sud-orientale, Cina, Giappone, Cambogia, Thailandia e anche Malesia. Le prime segnalazioni di questo bivalve risalgono al 1984 in Ungheria perché queste vongole sono state introdotte nel bacino del Danubio» spiega Giulio Nulli, 27 anni, laureato in biotecnologia farmaceutica che si interessa in modo particolare al mondo marino, acquatico e fluviale

Come sono arrivate in Molise le “vongole giganti”? «Le loro larve – continua Giulio Nulli – parassitano nelle branchie dei pesci, attaccandosi come una sorta di uncino. E lo fanno non solo con le pinne dei pesci ma anche con qualche uccello acquatico palmato, tipo aironi o gallinelle d’acqua. La diffusione dunque è veloce, rapidissima, perché è un animale che si adatta facilmente alle nostre caratteristiche climatiche. I bivalvi sono filtratori importantissimi, perché filtrano sostanze organiche nei fiumi, nei corsi d’acqua, in mare e filtrando si nutrono di queste sostanze organiche e in qualche modo puliscono l’acqua. Si possono trovare in bacini inquinati da un punto di vista organico ma non inquinati dal punto di vista chimico».

Insomma, la Sinanodonta Woodiana, che cresce solo in acque dolci, non è la spia che c’è qualcosa che non va nel lago di Guardialfiera, «non è sinonimo di inquinamento. Chiaramente la popolazione è data anche dalla quantità di roba che hanno da mangiare: più sono presenti più evidentemente l’ambiente è favorevole».

In Italia è stata segnalata di recente nei fiumi del nord Italia, nel Brenta, in provincia di Brescia e Varese e anche nell’Arno e nel pistoiese. L’ Anodonta Woodiana è molto polposa, ha un guscio color sabbia striato di nero e la conchiglia, all’interno, è ricchissima di madreperla.

Tante le ipotesi su come questa specie aliena sia arrivata e si sia diffusa in alcuni laghi e fiumi nostrani. La più attendibile sostiene che le larve della vongola cinese gigante siano arrivate nelle branchie di avannotti importati dall’ estero per ripopolare corsi d’ acqua o laghetti artificiali per la pesca sportiva, e da questi si siano diffusi attraverso gli scarichi.

«In tanti anni ho visto più di una stagione di secca – racconta un agricoltore di Guardialfiera che il lago lo conosce alla perfezione – ma queste conchiglie non si sono mai notate. Hanno sorpreso anche me». Diverse le segnalazioni già partite, tanto che alcuni esemplari di questo mollusco “alieno” sarebbero stati prelevati per analisi più approfondite.
La sua presenza nel lago di Guardialfiera non è affatto rassicurante per chi ha notato centinaia di gusci vuoti sul fondale melmoso che fino a qualche mese fa era ricoperto d’acqua. Ma scavando più a fondo si scopre che le vongole giganti, per quanto singolari nella nostra diga, non dovrebbero creare danni all’ecosistema, né apportare grandi cambiamenti o addirittura stravolgimenti all’habitat in cui crescono e si riproducono.
Anzi, potrebbero perfino rappresentare cibo per animali predatori come ratti, volpi, uccelli, gabbiani e cornacchie di cui in effetti l’invaso del Liscione in questo periodo abbonda.
Diverso invece il discorso della commestibilità umana. Per banali ragioni di cautela, che si applicano a tutti i molluschi e, a maggior ragione, alla vongola “aliena”.

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