Cronache

Polizia e rugbisti scortano Mariano nel suo ultimo viaggio. “Un supereroe, brindiamo a te”

I suoi ragazzi, compagni, avversari e amici vestiti coi colori delle loro maglie da rugby, i colleghi della Polizia in divisa, tanta gente comune con gli occhi gonfi di lacrime sotto gli occhiali da sole. Cattedrale strapiena per i funerali di Mariano Credico, 40enne ex poliziotto e allenatore dell’Acli Rugby Campobasso che ha perso la vita per una malattia improvvisa lo scorso 28 giugno. Cerimonia toccante, con i saluti della sorella Carmen. «Ti credevo imbattibile, ma stasera brinderò a te».

I suoi ragazzi si preparano come se dovessero scendere in campo. Con lui, per lui. Indossano le magliette della sua Acli Rugby Campobasso: rossoblù, nere, biancorosse, blu, viola. E gli avversari di una vita fanno lo stesso. Così nel caldo pomeriggio di venerdì 30 giugno la Cattedrale si riempie di colori: gialloblù, bianconere, biancocelesti. Arrivano dalla Puglia e della Campania, oltre che dal Molise. Il popolo di Mariano è presente per dirgli addio, assieme ai colleghi di una vita, agenti della Polizia in divisa o in borghese. E poi ci sono i familiari affranti e tanta gente comune che non regge alla commozione.

La Cattedrale di piazza Gabriele Pepe quasi non ce la fa a contenere la folla presente ai funerali di Mariano Credico, 40 anni appena, deceduto mercoledì scorso 28 giugno all’ospedale di Teramo dopo un’improvvisa malattia che l’ha strappato all’affetto della moglie Caterina, dei due figli piccoli Michele e Mia e di una marea di amici, conoscenti e familiari. «Ognuno di voi qui presente potrebbe raccontare un pezzetto di Mariano» dice don Angelo Oddi, cappellano della Polizia arrivato da Roma, nell’omelia in cui celebra le qualità umane dell’allenatore dell’Acli Campobasso ed ex capitano del Cus Molise.

«Mariano è stato amore, lui amava, punto e basta. Io mi sono sempre domandato dove trovava tutta quella forza. Era una dinamo che diventava calamita. Era un uomo vero e ringraziamo Dio per aver messo tanta forza e tanto amore in lui». Il cappellano invita a credere nella resurrezione come unica possibilità di speranza. «Lui si è sporcato le mani per costruire qualcosa di diverso, era un cristiano, un uomo vero fatto d’amore». Poi rivolgendosi proprio a lui. «Mariano, sappi che il tuo compito non è finito. Aiutaci ad avere una fede più forte. È vero che era un gigante, lo era il suo cuore».

Al termine della celebrazione tre momenti particolarmente toccanti. Sul pulpito sale per prima Carmen, la sorella di Mariano, che ha per lui parole dolci, piccoli rimproveri e ricordi personali. «Credo tu abbia distrutto le spalle di metà dei miei amici e forse anche dei tuoi. Per me c’eri sempre, eri il mio supereroe, ti credevo imbattibile. Non mi mancheranno le nostre litigate, ma so che mi mancherai moltissimo. Stasera assaggerò il tuo prosecco, perché anche questo ti eri messo a fare. Brinderò a te».

Parole e singhiozzi per Luigi, uno di quei ragazzi che con lui aveva scoperto la bellezza della palla ovale, un amico che gli è stato a fianco fino all’ultimo. «Dentro di me continua a piovere» dice prima di scoppiare in un pianto a dirotto come tanti giocatori e giocatrici dell’Acli Rugby Campobasso. Finale con Max da Napoli, compagno in campo di Mariano con una squadra il cui nome dice tutto, gli All Bluff. Divisa da gioco coloratissima, è l’unico che riesce a dispensare sorrisi e aneddoti divertenti. Perciò davanti alla folla ricorda la parte più bella di Mariano, quella guascona e sempre pronta a fare festa. «Non piangerò, ma riderò perché lui era questo».

Quindi il saluto finale. I rugbisti formano un corridoio fuori dalla Cattedrale, quello che alla fine di ogni partita si fa per salutare l’avversario e rendergli onore. Pianti e cori scherzosi si alternano e più di una volta il Capitano viene salutato con degli “Hip Hip, Hurrà!”. Lascia a tutti un’impronta come pochi altri uomini sanno fare. (sdl)

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