Economia & Lavoro

Operai fermi, sciopero contro “la prepotenza” della Vibac. “Adesso torniamo al dialogo”

Dopo il licenziamento di Francesco De Filippis, che secondo i vertici della fabbrica che produce nastro adesivo e imballaggi nel Nucleo Industriale usava facebook al lavoro, gli operai fanno uno sciopero di 8 ore e un picchetto di protesta in mattinata davanti ai cancelli. Diverse decine di lavoratori hanno aderito all’invito dei sindacati a tenere le braccia incrociate per dare un segnale forte a un’azienda che, è l’accusa delle sigle, "sta esagerando nei toni e nei modi, non si preoccupa della sicurezza e apre a licenziamenti infondati". "Ora bisogna tornare al dialogo e abbassare i toni" dichiara Zambianchi della Cgil.

Il licenziamento di Francesco De Filippis, il terzo in poco più di un anno, motivato dall’uso considerato dall’azienda “improprio” di facebook, è il pretesto ufficiale per lo sciopero. Ma le ragioni che questa mattina, 21 giugno, hanno indotto diverse decine di lavoratori della Vibac a incrociare le braccia e organizzare un picchetto di protesta davanti ai cancelli della fabbrica che produce nastro adesivo e sistemi di imballaggio, sono diverse. E numerose: vanno dalla sicurezza che – a detta dei sindacalisti – manca o comunque lascia molto a desiderare, fino ai continui spostamenti di mansione e incarico di operai e impiegati. Per arrivare a contestazioni disciplinari che fioccano con frequenza sempre maggiore e rendono il clima in fabbrica irrespirabile, e per finire con le riunioni convocate in Piemonte, dove si trova l’azienda principale del gruppo, a 800 km dalla sede lavorativa.

Insomma, una serie di questioni aperte che finora non hanno incontrato alcuna risposta da parte dei vertici della Vibac, una delle fabbriche principali del Consorzio termolese, dove lavorano 140 dipendenti ai quali si sono aggiunte alcune decine di ex lavoratori interinali allo Zuccherificio negli ultimi mesi.

Così oggi 21 giugno lo sciopero, proclamato durante il voto in assemblea di lunedì scorso. Otto ore di stop e un presidio simbolico davanti ai cancelli dello stabilimento. Con la speranza, dicono i lavoratori che hanno aderito raccogliendo l’appello delle tre sigle sindacali, «che ora l’azienda capisca che sta esagerando, che così le cose non possono andare avanti, che è necessario tornare al dialogo».

E un ritorno al dialogo, a una realtà di confronto così succedeva in fabbrica anni fa, è anche l’appello di Lino Zambianchi segretario regionale della Filt Cgil che con i colleghi Giuditta e Scarati di Cisl e Uil ha organizzato la mobilitazione.

«E’ responsabilità di tutti, in primis dell’azienda, abbassare i toni e fare il possibile per ripristinare un clima più disteso. Questo è praticabile se alla base di corrette relazioni industriali c’è un rispettoso e leale riconoscimento dei ruoli, quello del datore di lavoro è quello dei sindacati».
Zambianchi esprime la soddisfazione per essere arrivati a organizzare un momento di protesta in una fabbrica dove dissentire non è affatto scontato, e richiama al ripristino delle buone relazioni sindacali, «per una convivenza tra l’azienda, i lavoratori e i loro rappresentanti, attraverso la quale si possono trovare le giuste soluzioni ai fatti che sono accaduti in questi mesi».

Fatti dei quali il licenziamento di Francesco De Filippis è la classica goccia che ha fatto traboccare il vaso, ma non certo l’unica ragione di protesta. Una protesta che ha incrociato anche la solidarietà di altri stabilimenti: dopo quello di Grumento Nuova, in provincia di Potenza, arriva anche quello di Vinci, dove si trova uno stabilimento Vibac la cui Rsu esprime vicinanza al lavoratore mandato a casa perché avrebbe utilizzato il social network più diffuso del pianeta sul posto di lavoro. «Ora auspichiamo che l’azienda si fermi – conclude Zambianchi – e faccia un’attenta riflessione su questo clima di tensione che si è determinato negli ultimi mesi nello stabilimento di Termoli. Un clima che ha prodotto una forte esasperazione dei toni che non conviene a nessuno».

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