Ricorso a palazzo spada

Stop al Lidl, la Potito spa non si arrende e si rivolge al Consiglio di Stato

La società composta dai tre fratelli Potito ha presentato appello al Consiglio di Stato dando mandato allo studio legale Ruta. L’atto è stato notificato oggi, 2 maggio, alle controparti. La società punta a ribaltare la decisione dei giudici amministrativi che lo scorso 28 aprile hanno bloccato il progetto di costruzione del terzo centro commerciale. L’amministratore delegato Alfredo Potito non ci sta e contesta l’ordinanza: «Precedenti sentenze del Tribunale avevano già confermato la validità del contratto di compravendita dei beni».

La Potito spa non si arrende. Non ci sta alla decisione dei giudici amministrativi che il 28 aprile hanno stoppato la costruzione del terzo mega centro commerciale della città che avrebbe ospitato Lidl, Trony e Risparmio Casa. Quell’ordinanza è stata impugnata: i tre fratelli Potito, battuti al Tar Molise dalla sorella Laura (difesa dall’avvocato Salvatore Di Pardo, contraria al progetto e proprietaria di un quarto del terreno di contrada Colle delle Api), hanno proposto appello ai giudici del Consiglio di Stato. L’atto è stato notificato oggi, 2 maggio, alle controparti.

«Abbiamo già conferito mandato ai nostri legali (studio legale Ruta) di promuovere appello in Consiglio di Stato», riferisce l’amministratore della società Alfredo Potito. Che poi, nella nota diramata alle redazioni giornalistiche, si lamenta di come la vicenda – e in particolare l’ultimo stop del Tar Molise– sia stata giudicata dal Tribunale di via San Giovanni che forse, a suo dire, non ha tenuto conto di precedenti pronunciamenti giudiziari: «Ritengo grave e sconfortante che tali vicende giudiziarie, già più volte chiarite presso le autorità competenti, con più sentenze del Tribunale (Tribunale Civile di Campobasso n.300 del 24.4.2012), della Corte di Appello (Corte di Appello di Campobasso, n.16/2017) e del Consiglio di Stato (Sentenza definitiva del Consiglio di Stato n°4416/15) – sentenze che hanno costantemente e candidamente ribadito e riconfermato la validità e l’idoneità del contratto di compravendita dei beni a suo tempo ceduti alla sottoscritta (il riferimento è alla società, ndr) – possano, oggi, essere messe in discussione, ancora una volta, sulla base valutazioni/ricorsi, già a suo tempo sconfessati in sede di appello, ricorsi peraltro, sotto altri profili, verosimilmente tardivi e inammissibili (come già prospettato in sede giudiziaria).
A riguardo, ciò che desta evidente stupore per un operatore economico (ed un comune cittadino), è la circostanza che mentre il Consiglio di Stato, con una sentenza definitiva (Sentenza definitiva del Consiglio di Stato n°4416/15 – che si invita tutti a leggere), ha ritenuto che il contratto di acquisto della Potito spa, già ritenuto valido ed efficace dal Tribunale civile, sia stato considerato idoneo anche per la richiesta di atti amministrativi e di titoli edilizi al Comune (lo stesso contratto conferisce, infatti, espressamente e formalmente alla Potito spa anche tutti i poteri sia per richieste titoli edilizi sia per apportare modifiche ed integrazioni alla convenzione urbanistica in questione); di contro, tale profilo (chiarito dopo dieci anni di “inutile” giudizio) sia nuovamente sfuggito proprio al Tar la cui sentenza era stata già sconfessata dal Consiglio di Stato per analogo motivo».

Alfredo Potito ne ha pure per gli organi di informazione, ‘colpevoli’ di aver riportato solo l’ultimo pronunciamento del Tar Molise: «Oltremodo grave (oltre che lesiva) ritengo la circostanza che tali notizie(su pronunce del tutto provvisorie) vengano anche trasmesse, con immediatezza, alla stampa (da chi? e per quale ragione ?), in modo parziale (omettendo tutte le altre pronunce che hanno consentito ed imposto il percorso sino ad oggi seguito sia dai sottoscritti che dalla stessa amministrazione comunale – tenuta ad ottemperare alle sentenze del Consiglio di Stato), al presumibile fine di gettare discredito sulla società e sui propri partner (chiamando in causa, peraltro, anche altre aziende), con un evidente lesione dei propri rapporti commerciali ed economici».

Apriamo una parentesi: rigettiamo al mittente l’accusa di faziosità. Probabilmente l’amministratore delegato della Potito spa non sa che i pronunciamenti del Tar Molise sono pubblici in quanto pubblicati sul sito ufficiale dello stesso Tribunale amministrativo. Ecco perché i giornalisti ne sono a conoscenza.

Al tempo stesso, per chiarire o fornire altri dettagli della vicenda o per evitare che ne venisse raccontata solo una ‘versione’ (come Alfredo Potito sostiene), la Potito spa avrebbe potuto inviare una nota alla stampa contestualmente al pronunciamento dei giudici e non solo quando la notizia è uscita sui giornali.

Ultimo aspetto della vicenda: i presunti risvolti penali. Così conclude il suo comunicato Alfredo Potito: «Ancora più grave è la circostanza che tali notizie, per come apparse, anticipino, addirittura, presunti risvolti penali che, allo stato attuale, ove mai esistenti, non si comprende come possano essere conosciuti (solo) dagli organi di stampa e/o (anche) da taluni legali di controparte (che da qualche tempo, con sicurezza, ne anticipano gli effetti “ai quattro venti”) e non anche dai sottoscritti, diretti interessati (circostanza per la quale ancora una volta mi sono visto costretto ad affidare ai mie legali il mandato di procedere al fine di formalizzare specifica denunzia presso gli organi inquirenti)».

Anche in questo caso ci permettiamo di specificare che non c’è stata alcuna fuga di notizie. Di fronte a una notizia, il lavoro di un giornalista è anche quello di verificare e scavare a fondo. E se abbiamo riferito dei presunti risvolti penali, è proprio perché abbiamo fatto questo lavoro scoprendo che nei mesi scorsi le forze dell’ordine si sono recate in Comune per farsi consegnare atti e documenti relativi alla costruzione del centro commerciale. Senza dimenticare un altro importante particolare: di «aspetti penalistici» e di «vicenda da chiarire» parla anche il giudice (rispettivamente nel decreto cautelare del 17 marzo e nell’ordinanza del 28 aprile) che ha rinviato la sentenza al prossimo 27 settembre. Dunque, nessuna capacità ‘divinatoria’ di prevedere il futuro su dettagli da noi riferiti e che hanno fatto scattare la minaccia di una querela.

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