Cronache

Travolti sulla Statale, si cerca il pirata. “Troppo pericolosi i migranti in bici senza le luci”

Carabinieri e Polizia Stradale impegnati a ricostruire la dinamica dei due incidenti avvenuti domenica sera sulla Ss 16, uno dei quali costato la vita a un 25enne della Nigeria. L’episodio, raccontatato anche dai media nazionali, mette in evidenza un problema da tempo segnalato da Amministrazioni e Forze dell’Ordine: la massiccia presenza di ospiti dei centri di accoglienza che viaggiano in bici sprovvisti di giubbotti catarifrangenti e pedali luminosi. Le coop delle strutture confermano: "Abbiamo dato in dotazione i giubbini". Sotto accusa anche il buio di una strada ad alta velocità, dove in alcuni tratti di corre in maniera eccessiva.

La bicicletta è l’unico mezzo di trasporto che hanno. Eppure sulla Statale 16 – sia in direzione sud che nord – dove centinaia di migranti ospiti dei centri di accoglienza pedalano per raggiungere i centri abitati, è proprio la bicicletta è il mezzo più pericoloso che si possa immaginare.
Il giovane nigeriano travolto e ucciso da un’auto domenica sera poco dopo le 22, mentre stava rientrando allo Sweet Dream di Campomarino, è la conferma di una morte annunciata. Moltissimi automobilisti e residenti, ma anche le stesse forze dell’ordine impegnate oltre che nel controllo nella sensibilizzazione alla sicurezza, lo avevano in qualche modo predetto: «Prima o poi succederà una tragedia».

La tragedia è effettivamente successa, e a quella che si è consumata ha rischiato di aggiungersene un’altra la stessa sera: un giovane siriano, ospite anche lui dello Sweet, è stato urtato da un’auto in corsa. E’ caduto a terra ed ha battuto la testa, per fortuna senza riportare conseguenze drammatiche, mentre l’auto si è allontanata senza fermarsi a prestare soccorso, non si sa se per colpevole omissione di chi la guidava o perché il conducente non si è accorto di nulla.

I carabinieri di Termoli e Campomarino stanno indagando sull’episodio e hanno acquisito i filmati di una telecamera che registra il traffico in un tratto della Statale 16 e di alcuni apparecchi di videosorveglianza montati a Campomarino. Materiale che potrebbe rivelarsi utile nell’indagine e fornire elementi per arrivare all’auto e al suo guidatore.

Il corpo di Isaac Igwe invece, poco più di 25 anni, arrivato dalla Nigeria mesi facome tanti connazionali in cerca di una seconda opportunità dopo la fuga dalle loro terra martoriate da guerre e violenze, riposa in una bara. Sarà verosimilmente seppellito a Campomarino, e nell’attesa che la burocrazia compia i suoi percorsi con i ritmi lenti che la contraddistinguono, è diventato già un simbolo. L’emblema, suo malgrado, di un rischio che vivono ogni giorni decine e decine di ragazzi stranieri richiedenti asilo, sui quali pende il paradosso di aver scampato cento volte alla morte fra l’inferno della traversata sui barconi e quello della Libia e di essere esposti ogni giorno alla morte proprio qui, nel tranquillo Molise, per una passeggiata in bicicletta.

«Abbiamo segnalato il pericolo in Prefettura in più occasioni, chiedendo misure di sicurezza minime» commenta il sindaco di Campomarino Gianfranco Cammilleri. Gli fa eco il maresciallo che comanda la stazione locale di carabinieri, Arturo D’Amico, ricordando che «siamo stati nei centri di accoglienza a spiegare cosa devono indossare quando vanno in bici e come devono pedalare». Non è bastato. Malgrado i gestori delle strutture che si trovano a ridosso dell’arteria (non solo a Campomarino ma anche a Petacciato, dove c’è una situazione simile) abbiano acquistato giubbotti che si vedono al buio e segnali per i pedali, sono pochi quelli che ne fanno uso.

«Io ho rischiato di investirli giù un paio di volte» racconta a Primonumero.it un giovane che fa su e già con l’auto lungo la costa per ragioni di lavoro «E solo perché stavo andando piano ho evitato di metterli sotto».

La Statale 16 è buia e le biciclette nella maggioranza dei casi sono malmesse, sprovviste anche del minimo sistema di sicurezza, luci comprese. I ragazzi ospiti dei centri alzano le spalle: «Come possiamo fare a muoverci , se non in bici? Qui gli autobus non arrivano nemmeno» dicono alcuni ragazzi dell’Happy Family, l’agrivillage al confine con la Puglia dove vivono nell’attesa che la Commissione per la richiesta di asilo si pronunci quasi 200 giovani. La cooperativa che gestisce il Centro ha fatto richiesta per ottenere che almeno una volta al giorno un pullman che fa il collegamento fino a Termoli arrivasse nel centro di accoglienza per prelevare e riportare quanti trascorrono alcune ore della giornata fuori dalla struttura. Ma la richiesta non è stata esaudita: troppo complicato e dispendioso modificare il tragitto degli autobus. Il più vicino si trova a nuova Cliternia, frazione di Campomarino, e per arrivarci è comunque indispensabile percorrere qualche chilometro in bicicletta, sfidando la sera le tenebre, l’assegna di segnaletica e a volte il piede pesante di molti automobilisti.

La stessa cosa succede sul versante di Petacciato, dove ci sono altri due centri di accoglienza a ridosso della Statale 16 che ospitano centinaia di richiedenti asilo. I quali, nell’attesa del permesso e dei documenti, si spostano su due ruote e spesso senza rendersi visibili.
Tantissimi i racconti arrivati in redazione da parte di molisani che si sono visti improvvisamente sulla carreggiata ciclisti praticamente invisibili. «Biciclette cavalcate da ragazzi che camminano al centro della strada, che non hanno luci, che non vedi proprio» dicono.

Il risultato è che si rischiano incidenti mortali continuamente, e con l’arrivo della bella stagione, la fine del freddo e delle piogge, il fenomeno registra una drastica impennata. L’imminenza dell’estate, con il maggior traffico di turisti sulla Statale e la maggiore presenza di migranti in bicicletta, minaccia di rivelarsi una bomba a orologeria.

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