Amarcord del pallone

Quando il calcio univa la città. E ferrovieri, geometri e operai giocavano il “Trofeo del Mare”

Pochi soldi, campo in terra battuta, palloni in cuoio pesante ma tanta passione. Il calcio agli inizi degli anni Settanta a Termoli era passione e coinvolgimento di tutta la comunità. Il "Trofeo calcistico del Mare" veniva disputato d’estate e coinvolgeva la parte produttiva della comunità: ferrovieri, geometri, dipendenti pubblici e operai. Il calcio non era solo lo sport ma anche un collante sociale che permise alla città di crescere in maniera solidale in anni di piena trasformazione sociale e lotta politica.

Non sono anni felici questi per il calcio a Termoli. In riva all’Adriatico pare essere entranti in un tunnel dal quale sembra ancora molto lontana l’uscita: investimenti sbagliati, dirigenza non all’altezza delle attese di una piazza da sempre molto esigente e dal palato raffinato. Anni neri nei quali lo sport nazionale per antonomasia ha perso il proprio fascino attrattivo sulla città favorendo la crescita di altri sport quali il basket e la pallavolo, sport che stanno ottenendo eccellenti risultati nei rispettivi campionati di competenza. Così come sono davvero pochi i talenti locali sbocciati sull’erba del “Gino Cannarsa” provenienti dalla cantera adriatica. Eppure c’è stato un tempo in cui il calcio ero lo sport con la esse maiuscola, il gioco e la passione di tutti. Una passione non solo da “stadio” ma anche delle “professioni”.

Siamo sul finire degli anni Sessanta e gli inizi degli anni Settanta. Termoli, così come il resto del Paese, si appresta a entrare in quelli che verranno definiti gli anni di piombo, gli anni della contestazione più dura e delle contrapposizioni più aspre. Però saranno anche gli anni nei quali la città subirà la sua trasformazione industriale con l’avvento della Fiat e del suo indotto produttivo. Saranno anni di lotta e di sviluppo dove il calcio, il gioco del pallone diventa il collante di un’intera comunità contribuendo, con il suo entusiasmo, a far crescere la cittadina in maniera solidale.

Il mitico “Gino Cannarsa” era in terra battuta, non c’erano i telefonini e men che meno gli smartphone. Niente social e le foto, ancora in bianco e nero, venivano scattate dalle vecchie macchine fotografiche con il rullino o a pellicola. Ma la voglia di giocare, di confrontarsi e di vincere era arcobaleno di emozioni. In quegli anni il comune di Termoli, in collaborazione con il Centro sportivo italiano (CSI), organizzava un torneo cittadino che nel 1969 e nel 1970 venne chiamato il “Trofeo calcistico del mare”. Il torneo si svolgeva a cavallo dei mesi estivi di luglio e agosto. «Il pallone non era quello leggero e tutto colorato di oggi – racconta Matteo Ludovico, uno dei protagonisti e vincitori del torneo -, ma di cuoio duro e pesante. I campi in terra battuta, con la polvere che si alzava a coprire tutto ad ogni contrasto. Ma c’era passione e tanta partecipazione da parte di tutti».

Ludovico fece parte della squadra che per due anni consecutivi si aggiudicò il Trofeo, la squadra dei “geometri”. Denominata così perchè, appunto, composta da tutti geometri. Un torneo cittadino nel quale non partecipavano non meno di sei squadre composte dai professionisti e lavoratori della città: geometri, dipendenti comunali, muratori, dipendenti Enel, professori e ferrovieri.

“Aprile A, Ludovico M, Cupido B, Cannarsa S, Garzella G, D’Adderio A, Presutti B, Ciancia M, Rosati L, Ragni P, Amoroso O”. Questa la formazione, dei geometri, che per due anni consecutivi si aggiudicò il torneo: nel 1969 contro la squadra del dopo lavoro ferroviario e nel 1970 contro la compagine dei professori. «Gli allenamenti avvenivano raramente – racconta Corrado Amoroso figlio di Osvaldo terzino destro di quella squadra che con un suo rigore determinò la vittoria del 1970 – perchè la maggior parte dei calciatori partecipanti svolgeva altre attività sportive sempre a livello dilettantistico». Una formazione, questa dei geometri, che poteva contare sull’apporto di due vecchie glorie del Termoli Calcio. «Basso Cupido grande portiere della fine anni Cinquanta e Antonio D’Adderio, forte terzino del Termoli calcio conosciuto da tutti come “Antonio la ruspa” perchè non faceva passare nessuno».

Anni nel quale il calcio veniva vissuto per la bellezza e la spensieratezza che emanava. Gioco come divertimento e aggregatore sociale. Sport che partiva dal basso e si faceva tessuto sociale della comunità con i suoi aneddoti, i suoi sopranomi e le sue giocate. Anni in bianco e nero che paragonati ad oggi sono più colorati che mai.

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