Cronache

Scelto come “uomo dell’anno” dai lettori. “Mollate tutto per inseguire il bene, di corsa”

Nel 2012 don Ulisse Marinucci venne premiato dal 44 per cento delle preferenze in un sondaggio a tre sul personaggio dell’anno, con Antonio Forciniti e Nicola Cesare. La sua nomination? Per la solidarietà. In una intervista fatta in redazione qualche giorno dopo, proprio il 2 gennaio, il sacerdote (all’epoca 40enne) scomparso la sera di San Silvestro, aveva fatto un augurio particolare alla città per il nuovo anno. Lo riportiamo qua, convinti che sia un messaggio più attuale che mai.

Chi è secondo voi il personaggio dell’anno? I lettori di Primoumero.it non ebbero dubbi: il volto simbolo del 2012, anno in cui il nostro giornale fece un sondaggio aperto con tre candidati per ragioni diverse, era quello di don Ulisse Marinucci.
«Siete pazzi a scegliere un prete proprio quando dei preti si dicono peste e corna?» scrisse lui, col suo solito modo schietto e simpatico, in un sms alla redazione, appena si accorse di essere finito sul giornale insieme al Capitano del Nas Antonio Forciniti e a Nicola Cesare. Questi ultimi due candidati rispettivamente per la legalità e la sportività, due valori ritenuti importanti per la vita cittadina. Antonio Forciniti per i blitz e le inchieste contro l’assenteismo (e non solo) che caratterizzarono il 2012; Nicola Cesare, all’epoca presidente del Termoli Calcio, era considerato emblema della rinascita dei colori giallorossi, col merito di aver riportato la gente (e le famiglie) allo stadio.

Ulisse Marinucci invece, che all’epoca aveva 40 anni, era stato selezionato per la solidarietà. Da poco scelto dal vescovo per guidare la Parrocchia del Carmelo, la stessa che oggi 2 gennaio 2017 lo ha salutato nella bara con le lacrime agli occhi e il cuore gonfio di dolore, era reduce dal delicato ruolo di coordinatore dei servizi di assistenza della Caritas diocesana. Un ruolo che ha svolto con una passione, una tenacia e una generosità straordinarie, come tutti d’altronde gli hanno sempre riconosciuto. A volte – ed è questo il caso – non serve morire perché i talenti di una persona vengano certificati dall’opinione pubblica. Difatti in quell’anno il sondaggio lo ha premiato senza possibilità di equivoco: il 44 per cento dei lettori ha scelto lui, scegliendo anche come valore principe la solidarietà, riconoscendogli il merito di aver trasformato la Caritas nel principale, indispensabile servizio sociale del territorio grazie anche a una organizzazione perfetta. All’aiuto concreto verso poveri, termolesi e non, senzatetto, stranieri con difficoltà di integrazione, giovani donne sfruttate, bambini con famiglie complicate, pensionati depressi, vittime degli usurai. Don Ulisse e i suoi “ragazzi”, e gran parte della chiesa locale, hanno dimostrato che la solidarietà può esistere, ed esiste eccome, anche nella crisi più nera.

Anzi. La solidarietà «resiste nella crisi ed è più viva che mai», come lui stesso ebbe modo di dire quando, qualche giorno dopo la chiusura del sondaggio e la vittoria, arrivò in redazione per una intervista, sollecitato dal direttore. Era imbarazzato e non esattamente entusiasta all’idea di farsi intervistare. Per mascherare il disagio – era riservato, non gli piaceva l’esibizione e non amava i riflettori – se l’era cavata con una battute delle sue: «Probabilmente ho vinto perché ho dimezzato le penitenze ai parrocchiani…».
Era il 2 gennaio del 2013. Esattamente 4 anni fa. E quel giorno, nella piccola redazione di Primonumero.it nel cuore del Borgo Vecchio, la sua “zona”, il suo quartiere, quello che ospitava la sua abitazione, Ulisse Marinucci ci ha lasciato un messaggio che ci piace ora riprendere e ricordare. Da persona umile quale era, ha risposto alle domande insistenti sul perché, a suo avviso, avesse vinto lui e non gli altri, senza prendersi un grammo di merito. «Io sono nessuno, lo dice anche il nome che porto (riferendosi all’Ulisse che ingannò Polifemo dicendo di chiamarsi nessuno, ndr) mentre la solidarietà è di tanti, tantissimi. Ed è questa che ha vinto».

Aveva fatto esempi e citato la cronaca. «Dietro la solidarietà ci sono i poliziotti che qualche giorno fa hanno salvato l’ubriaco che voleva lanciarsi dal ponte, c’è la a direttrice del carcere che avete intervistato proprio voi di Primonumero, ci sono realtà come la Misericordia, la Croce Rossa, c’è don Benito che porta i regali ai detenuti. Chiunque compie un gesto di bene è un portatore sano di solidarietà. La Caritas si inserisce in questa logica: non è un fatto di uomini, ma di segni. Ora che non ci sono più io c’è don Marcello Paradisi come direttore, ci sono suor Angela e Gianni Pinto che fanno i vicedirettori operativi, e i tanti operatori e volontari sui quali si regge. Dalle nostre parti noi la chiamiamo opera-segno».

Segno anche della sua bellezza, del suo coraggio. Che aveva in strada, in barca (non è un caso se la gente di mare lo sente così vicino e gli ha tributato omaggi e saluti in porto il giorno dei funerali) mentre svolgeva il suo Ministero sacro con i parrocchiani, gli indifesi, i prepotenti, i poveri e i ricchi, e che conservata sull’altare. Come quando, sempre nel 2012, vicario a San Timoteo, celebrò davanti a migliaia di fedeli i funerali di Cristina Marinucci, 23 anni, trovata morta in un appartamento di Firenze. Figlia adottiva degli zii di Ulisse. «Non è stato un gesto volontario – aveva scandito dal pulpito, disintegrando la versione fatta circolare che riferiva di un suicidio, una impiccagione in camera da letto – Cristina sfidava la vita e questa volta ha fatto i conti con la sua fragilità. Ma la sua morte sia un monito per noi adulti e per voi ragazzi, che vivete a mille».

Don Ulisse era fatto così, di amore e franchezza, lontano dalla retorica e dai facili pietismi. E non era nemmeno un caso che il suo “santo preferito” fosse Sant’Agostino, del quale aveva fatto sua la frase: “Ama e fa ciò che vuoi”, riportandola come sloga della sua esistenza e della sua missione di sacerdote fra la gente, insieme al detto “pane al pane, vino al vino”. Quella stessa schiettezza che gli aveva fatto dire, nell’intervista che oggi riproponiamo, certi di fare cosa gradita ai termolesi e non solo, una frase sulla quale bisognerebbe tutti fermarsi un attimo. «Io ho vinto, ma ho votato per Forciniti». E perché, don Ulisse? «Perché il valore che rappresenta è fondamentale. Come diceva don Ciotti? Vorrei che ci fosse più giustizia e meno solidarietà. D’altra parte è logico: se ci fosse più giustizia basterebbe meno aiuto reciproco».

Era il secondo giorno del nuovo anno, il 2013. Nessuno, nemmeno lui, avrebbe potuto immaginare che il futuro avrebbe avuto molti meno giorni di quanti la sua età, la sua salute, il suo sorriso e la sua energia lasciassero immaginare. Don Ulisse aveva fatto un augurio a tutti, che non ha bisogno di commenti, e che vale ancora, vale sempre. Eccolo qua: «Il vangelo del 1° gennaio racconta dei pastori svegliati dall’angelo la notte per andare a trovare il bambino appena nato. I pastori si svegliarono e andarono a trovare il bambino senza indugio. Ecco, io penso che “senza indugio” si possa tradurre con una “santa fretta”, un “di prescia” per dirla alla termolese. I pastori hanno mollato tutto, schemi, abitudini, priorità, nel cuore della notte per seguire la luce. Io vorrei che imparassimo tutti a inseguire il bene, senza indugio, in fretta. Quel bene che io, da cristiano, chiamo Dio, ma che ognuno può chiamare come crede».

Grazie don Ulisse, e buon 2017 a tutti.

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