La traslazione delle reliquie

Dalle catacombe romane fino al paese come 275 anni fa: San Costanzo “guida” la comunità

Comunità in fermento a Montorio nei Frentani dove, nell’anno del Giubileo della Misericordia indetto da Papa Francesco, ricorre un evento straordinario. Si tratta del 275esimo anniversario della traslazione delle reliquie di San Costanzo dalle catacombe di Roma al piccolo centro che domenica 12 giugno celebrerà con solenni festeggiamenti questa ricorrenza speciale. La devozione è molto viva in paese anche tra le nuove generazioni: non è un caso se oltre cinquanta montoriesi si sono recati nella capitale nelle catacombe di San Sebastiano proprio come fecero i loro antenati. In tanti arriveranno a Montorio per una giornata di festa e riflessione. «Invitiamo – scrive Antonio Molino - soprattutto i giovani a recarsi a Montorio il 12 giugno o nel periodo estivo a sostare davanti l’urna miracolosa del Santo Martire Costanzo. Fate l’esperienza del silenzio, della preghiera, della riflessione, confrontatevi con l’idea di fede che hanno avuto i martiri».

Era il 12 giugno del 1741, precisamente le 15 di quel giorno, quando il corpo del Santo Martire Costanzo giunse dalle catacombe di San Sebastiano in Roma a Montorio nei Frentani. Sono passati 275 anni. Anni di devozione e di fede, anni di grazie. Non c’è montoriese che non si commuove nel pronunciare il nome Costanzo. Ripercorriamo insieme questa storica traslazione. Mons. Tria ricevette da Roma la comunicazione della concessione del corpo di San Costanzo Martire alla chiesa di Montorio. Trasmise la notizia all’arciprete della parrocchia con una missiva datata 14 febbraio 1741, letta al popolo. Il 27 maggio 1741 partirono alla volta di Roma sei giovani montoriesi guidati da don Cristofaro Pinto.


Arrivarono alla città eterna il primo giugno, ricorreva l’anno giubilare e la festività del Corpus Domini. Rimasero cinque giorni per visitare i sacri luoghi e acquistare l’indulgenza plenaria. Il 6 dello stesso mese si recarono nella catacomba di San Sebastiano, prima chiamata di Pretestato, per prelevare il corpo di San Costanzo. Mons.Tria si recò egli stesso in queste catacombe e depose con le sue mani ad una ad una con grande cura, ordine e devozione le sacre ossa in un’urna di legno nero, donata da lui stesso al popolo di Montorio. Vi collocò anche l’ampolla del sangue, testimonianza del martirio. I cristiani del tempo raccoglievano con una spugna il sangue di chi veniva martirizzato per fede. Prima di sigillare l’urna, prese un osso del braccio e lo sistemò in un reliquiario, dono anche questo della sua benevolenza. Ricevuta l’urna la ‘commissione’ ripartì per Montorio.


L’undici giugno giunsero a Campobasso. Don Cristoforo Pinto inviò a Montorio un corriere a dare la buona notizia. «La gioia della popolazione – trascrive il notaio Giovannelli – non si può descrivere». Alle 2 di notte 85 giovani partirono per Campobasso, si incontrarono all’alba del 12 giugno nei pressi di Ripalimosani e dopo aver venerato il Santo ripartirono in processione recitando il santissimo rosario. AMontorio cominciarono a suonare le campane a festa e spari di mortaretti annunciarono l’arrivo del Santo. L’incontro col popolo avvenne alle ore 15 presso la cappella di San Maulo, dove si trova oggi l’omonima fontana. Tutti a piedi scalzi accompagnarono il sacro corpo nella chiesa madre.

Avere un martire come patrono non è cosa da poco. E’ un modello di riferimento che scuote, che ti annienta, a volte invece rinvigorisce la vita cristiana e ti fa assaporare la gioia della fede. San Costanzo è martire per fede, per uno smisurato amore a Dio. E’ un giovane sui vent’anni forse soldato, che ha esercitato la virtù teologale della fede in maniera straordinaria. E’ modello e testimone di vita cristiana. Anche quest’anno per il 275 anniversario dalla traslazione oltre 50 montoriesi si sono recati a Roma nelle catacombe di San Sebastiano proprio come fecero i loro antenati. Scendere in quella catacomba (a Roma ve ne sono 66) è ritornare alle origini della fede. E’ qui che si capisce la frase «esercitare in maniera eroica la fede», è qui che si intende il coraggio cristiano, l’orgoglio di appartenenza. E’ qui che si tocca con mano la testimonianza cristiana, che diventa prova dell’esistenza del Cristo risorto. E’ qui che scaturiscono dal cuore di tutti le stesse parole del centurione romano «veramente Costui era figlio di Dio». Le parole di Tertulliano sono State profetiche: «Il sangue dei martiri è seme per i cristiani». Come profetiche sono state le parole di San Paolo nella seconda lettera a Timoteo: «Tutti quelli che vogliono rettamente vivere in Cristo Gesù saranno perseguitati».

Ai giovani vanno proposte queste testimonianze che non appartengono solo alla storia passata, anzi in alcuni paesi del mondo i cristiani sono perseguitati ancora più che nel passato. La Chiesa è viva e i martiri sono le pietre vive le pietre angolari. Oggi purtroppo c’è tanto analfabetismo religioso. Le parole del papa rivolte ai giovani «non lasciatevi rubare la speranza, Cristo è l’unica speranza». Anche queste sono parole profetiche. Diceva un grande pedagogista «se non diamo Dio a nostri giovani non gli abbiamo dato nulla». Invitiamo soprattutto i giovani a recarsi a Montorio il 12 giugno o nel periodo estivo a sostare davanti l’urna miracolosa del Santo Martire Costanzo. Fate l’esperienza del silenzio, della preghiera, della riflessione, confrontatevi con l’idea di fede che hanno avuto i martiri. Siamo diventati troppo cinici e calcolatori, l’indifferenza ha preso il sopravvento. L’occasione giubilare che papa Francesco ha voluto fortemente possa far luce «nelle tenebre dei nostri cuori , ridarci l’unica speranza certa, una umiltà profonda ,una carità perfetta».


Foto di: Costanzo Iamonico

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