Cultura & Spettacolo

Il Fleming “mancato” del Molise: “Una mente da rivalutare”

Vincenzo Tiberio, medico sepinese, è considerato dalla comunità scientifica il precursore della scoperta della penicillina, con degli studi compiuti alla fine del diciannovesimo secolo, oltre 30 anni prima del premio Nobel britannico. Eppure, il popolo molisano è quasi totalmente ignaro di questo personaggio. «Il suo lavoro andrebbe sottolineato anche con qualche iniziativa pubblica» afferma il biologo genetista del Cardarelli Sabatino Del Sordo. Ma della proposta di intitolargli la facoltà di Medicina dell’Unimol non c’è più traccia.

Vincenzo Tiberio, chi era costui? In Molise, sepinesi esclusi, pochi conoscono la storia di questo scienziato molisano. Eppure, sarebbe potuto diventare una “star” del panorama scientifico internazionale. E’ risaputo infatti che Alexander Fleming è passato alla storia per aver scoperto la penicillina, l’antibiotico più conosciuto. Ma prima di lui, la stessa scoperta fu fatta e documentata da questo medico nato nel 1869 a Sepino e finito per anni nel dimenticatoio. Solo molto tempo dopo i suoi studi riemersero alla luce. «E’un personaggio che andrebbe rivalutato» commenta il professor Sabatino Del Sordo, biologo genetista dell’ospedale Cardarelli. Per farlo si pensa da tempo di intitolargli la facoltà di Medicina dell’Unimol.

Sarebbe quanto meno un modo per ridare smalto a uno di quei personaggi che i molisani dovrebbero conoscere e ammirare e che invece sono inconsapevolmente ignorati. In una regione in cui scuole, piazze e strade vengono intitolate quasi esclusivamente a intellettuali quali Vincenzo Cuoco e Francesco Jovine, a Tiberio è finora spettata solo una via di Campobasso. A sentire la sua storia però, viene voglia di rimediare.

Vincenzo Tiberio nasce a Sepino da famiglia benestante nel 1869. Dopo gli studi iniziati in paese e proseguiti a Campobasso, viene mandato da uno zio residente ad Arzano, in provincia di Napoli, città nella quale frequenta l’Università. Ed è proprio nella casa dello zio, che compie la straordinaria scoperta.

Il caso volle che nel cortile di quella abitazione ci fosse un pozzoper l’acqua che di tanto in tanto si riempiva di muffe. Il giovane medico notò che ogni volta che veniva ripulito, gli abitanti della casa dello zio venivano colpiti da infezioni intestinali. Disturbi che cessavano alla ricomparsa delle muffe. Tiberio fu abile nel mettere in relazione i due avvenimenti. Per questo, studiò l’azione delle muffe e dimostrò che erano fornite di un principio capace di eliminare i batteri. Sperimentò e verificò la sua scoperta pubblicando nel 1895 un trattato dal titolo “Sugli estratti di alcune muffe”.

Viene spontaneo chiedersi perché non brevettò la sua scoperta. «Forse per carenza di mezzi tecnici e di possibilità» prova a spiegare Sabatino Del Sordo, responsabile del laboratorio di Genetica dell’ospedale Cardarelli di Campobasso e in passato curatore di articoli scientifici sul ruolo di Tiberio nella scoperta della penicillina.

Secondo il genetista «il merito se lo prese Fleming, ma la figura di Tiberio andrebbe rivalutata pur senza scadere in sterili e campanilistiche diatribe. Il caso, come spesso accade nella scienza, ebbe un ruolo fondamentale, ma Tiberio seppe unire arguzia e capacità indagativa per arrivare alla sua intuizione».

Purtroppo, dopo questa eccezionale scoperta, Tiberio preferì seguire altre strade. Di animo patriottico e curioso di conoscere il mondo com’era, preferì diventare medico della Marina militare, imbarcandosi in avventure in giro per il pianeta. Poi, nel 1928 arrivò Fleming, che in un modo altrettanto casuale, ebbe lo spunto per la scoperta del farmaco antibiotico più conosciuto al mondo. Difficile dire se lo scienziato scozzese ebbe mai fra le mani lo scritto del medico sepinese.

Del Sordo si dice comunque d’accordo con chi crede che la figura di Tiberio meriterebbe maggiore risalto. «Per chi fa il mio lavoro è anche un esempio, uno scienziato con capacità intuitive e osservative non comuni. La brillantezza della mente di questo molisano andrebbe certamente sottolineata, anche con qualche iniziativa pubblica».

Anche per questo, molti molisani ignorano chi sia. «Nel Molise centrale la sua scoperta è abbastanza nota, altrove molto meno. Finora c’è una via che porta il suo nome a Campobasso, dove fra l’altro risiedono alcuni suoi pronipoti». Nel 2007 invece, emerse la proposta di intitolargli la facoltà di medicina dell’Università del Molise. Tre anni dopo però, non se n’è ancora fatto niente.

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