Politica

Trattative alla stricnina, accordo impossibile: Molise 2.0 va solo, nel Pd rispunta il Frattura-bis

Alla fine di una giornata difficile, di telefonate e incontri, la comunicazione di Danilo Leva: "Alla Regione corriamo da soli". L’intesa col Pd si era già allontanata dopo il rifiuto di Antonio Di Pietro di guidare lo schieramento alle elezioni regionali del 22 aprile. Non è escluso che ora i vertici del Pd decidano di cambiare rotta puntando sul presidente uscente Paolo di Laura Frattura che ha convocato i sindaci domani, 12 marzo, a palazzo Vitale. Anche perchè la trattativa affidata a Fanelli e Leva non ha portato ad alcun risultato e l’esponente di Leu, secondo i beninformati, ha alzato la posta per giocarsi il nome di Roberto Ruta, che non sarebbe mai stato accettato dalla Segreteria Pd. Intanto il consigliere regionale Salvatore Ciocca ha chiesto "serietà" a tutto il centrosinistra, mentre dal Comune di Campobasso Pino Libertucci ha minacciato di sospendersi dal Pd come atto di protesta contro "una scelta fatta in solitudine nella stanza del potere".

Doveva essere la giornata decisiva. E invece nel centrosinistra si naviga ancora a vista, alimentando il sospetto che l’unità sia ricercata più a parole che nei fatti. O comunque, resa impossibile sia da correnti interne che preferiscono andare divise in entrambi i partiti, sia da operazioni che alzano la posta troppo per rendere perseguibile un “sano compromesso”.
Difatti in tarda serata arriva la comunicazione di Danilo Leva, scelto da Roberto Ruta, leader di Molise 2.0, per mediare con Micaela Fanelli. «Dopo aver atteso invano proposte del PD Molise, per una soluzione terza in grado di fare unità, riprenderemo con ancora maggiore determinazione il cammino stabilito dall’Assemblea dei 1300 delegati del 25 febbraio scorso. Abbiamo dimostrato la nostra buona volontà per unire il centro-sinistra manifestando la disponibilità alla candidatura di Antonio Di Pietro, maldestramente avanzata dal PD. Oggi senza più remore corriamo nella determinazione che ci ha mosso sin dall’inizio di voler cambiare il destino della nostra regione, restituendo un punto di riferimento ad un mondo largo di centro-sinistra».
Insomma, niente unità. Niente più coalizione. Nemmeno la seconda giornata di trattative, riaperte necessariamente dopo il ‘gran rifiuto’ di Antonio Di Pietro a candidarsi alla Presidenza della Regione, ha consentito di arrivare ad una svolta. Incontri, colloqui telefonici e messaggi per confrontarsi e capire che strada prendere. La convergenza sul nome in grado di fare sintesi all’interno di una coalizione frantumata non c’è stata. Ipotesi tante, soluzioni all’orizzonte nessuna. Una situazione di stallo che di certo non aiuta a quindici giorni dalla presentazione delle liste per le elezioni regionali.

Prima dello strappo di domenica
L’Ulivo 2.0 – o meglio, Molise 2.0, il nome del contenitore dopo il 25 febbraio – resta arroccato sulle proprie posizioni. Ma anche qui il lavoro di sintesi interno si sta trasformando in una ‘faticaccia’: prima non tutti erano d’accordo sulla leadership di Antonio Di Pietro, ora dopo il no dell’ex ministro non tutti gradiscono l’alleanza con il Partito Democratico nonostante il duplice passo indietro della segretaria regionale Micaela Fanelli e del governatore Paolo di Laura Frattura. La trattativa con la Segretaria Micaela Fanelli è stata affidata a Danilo leva, ora esponente di Leu. Lo stesso partito dove si è candidato uno come Oreste Campopiano nemico giurato di Vittorino Facciolla del Pd, candidato anche lui. Come è possibile che politici rivali fino a una settimana fa, con un passato di scontri e veleni, ora possa confluire sotto la stessa bandiera?
«Dobbiamo andare avanti per la nostra strada,senza il Pd che ha tradito il programma, dobbiamo presentarci agli elettori con il nostro candidato presidente, ossia Roberto Ruta, che è stato scelto da un’assemblea di 1300 persone», è il ragionamento di alcuni esponenti dell’Ulivo 2.0. Tuttavia, la divisione del centrosinistra aumenta in maniera esponenziale il pericolo di prendere un’altra ‘scoppola’ dopo quella maturata alle Politiche di sette giorni fa. Ma, come è noto, l’indole masochista è una costante in una frangia del centrosinistra.

Dall’altra parte, a questa sorta di ‘ricatto’ politico posto dall’Ulivo 2.0, che attraverso Leva vorrebbe riproporre senza bruciarlo il nome di Roberto Ruta a capo della coalizione, il Pd non vuole cedere. C’è una parte della base che non intende assecondare gli umori di chi ha lasciato il partito. A questo punto, è l’opinione di qualcuno, è meglio andare avanti da soli e tentare il Frattura-bis. O comunque di presentarsi agli elettori con la squadra (magari un po’ rinnovata) che ha governato negli ultimi cinque anni. E se si perde? Si va a fare opposizione, seguendo la stessa strada voluta a livello nazionale da Matteo Renzi per il Pd sconfitto alle urne il 4 marzo. A Roma come in Molise, il partito avrebbe quattro anni per riorganizzarsi e riconquistare la fiducia dei cittadini.

Intanto il presidente uscente, che ha fatto un passo indietro giovedì scorso in nome dell’unità della coalizione e secondo cui «l’aggregazione è l’obiettivo con cui ci sediamo al tavolo della discussione, senza alcun personalismo», avvia la ‘conta delle truppe’: domani – 11 marzo – a palazzo Vitale, sede della Giunta regionale, ci sarà un incontro con i sindaci e gli amministratori che lo sostengono. L’appuntamento è alle 17. Frattura vedrà chi c’è e chi non c’è, capirà se ci sono i margini per creare una lista di amministratori che possa ‘portare acqua’ al mulino del centrosinistra in occasione del voto del 22 aprile. Certo, il momento di incertezza forse non aiuterà dal punto di vista delle presenze.

Così come pure le manovre in atto, gli incontri a porte chiuse hanno contribuito ad agitare ancora di più le acque. La riunione di sabato al Pd pare sia stata infuocata, letteralmente. La Segretaria Fanelli è stata accusata di aver fatto fare una figura peregrina al centrosinistra con un candidato “a sua insaputa” (Antonio Di Pietro, il quale ha avuto una uscita singolare sostenendo di rifiutare una candidatura della quale avevano parlato finanche i nazionali) e di voler cercare una unità impossibile con «elementi che ci hanno distrutto e mortificato». Sono volate parole grosse, il clima si è surriscaldato. E il giorno dopo, cioè oggi, domenica, le posizioni di una parte del Pd sembrano rientrare sulla strada del “meglio soli che male accompagnati”.
Prende posizione il consigliere regionale Salvatore Ciocca che, in una nota inviata alla stampa, contesta «lo spettacolo assurdo al quale assistiamo da 48 ore», «il continuare a proporre schemi datati». Il politico di Riccia mette fine, una volta e per tutte, alle voci sull’ipotesi di una ‘grande coalizione’ anti-Movimento 5 Stelle: «Mai e poi mai faremo accordi con quelli che sono dall’altra parte politica». Quindi, no ai ‘minestroni’.

«Il passo indietro, richiesto al presidente Frattura e compiuto sebbene questo governo regionale abbia messo le toppe ad un disastro che tutti – nella nostra coalizione – conoscevano perfettamente, segna la disponibilità a trovare un rinnovato senso di appartenenza e una condivisione piena e sincera. Un gesto da apprezzare pienamente – aggiunge Ciocca – ma che di fatto pare aver rinvigorito le posizioni di chi, invece, divide per tentare di conquistare un posto al sole e magari “riposare” per i prossimi cinque anni». Il riferimento è chiaramente proprio a Molise 2.0, a Danilo Leva e Roberto Ruta in primis, mai nominati ma ben presenti in un dibattito particolarmente acceso.

Infine, nel marasma generale c’è chi minaccia di sospendersi dal Pd in dissenso con il metodo dei ‘tavoli’ e dei confronti a porte chiuse per individuare il candidato alla Presidenza della Regione. E’ incavolato, ad esempio, il consigliere comunale Pino Libertucci: dal suo punto di vista, si sta sbagliando ancora una volta.

«Facciamo ancora in tempo a coinvolgere il popolo del centrosinistra ad organizzare un evento pubblico aperto a partiti, movimenti associazioni, comitati spontanei per far scegliere il candidato dalla base», suggerisce. Invece «affidare la scelta del candidato presidente ad un gruppo ristretto, peraltro responsabile della sconfitta e che in questi anni ci ha portato lontano dai cittadini è una scelta lontana dalla realtà, che non accetteremo».
Dal suo punto di vista, bisogna «rinunciare ad una scelta fatta in solitudine nella stanza del potere, con accordi sotterranei che mai conosceremo, che non ci porteranno alla vittoria a quel cambio di passo che la gente ci chiede e che ci aspetta». Per questo, se si proseguirà con i metodi della ‘vecchia politica’, Libertucci si sospenderà dal Pd e chiederà ad altri iscritti di seguire il suo esempio. Ci manca solo la ‘rivolta’ degli iscritti. Poi nel Pd l’effetto ‘maionese impazzita’ sarebbe completo.

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