Politica

“Basta risse, pronta a lasciare se il Pd me lo chiede”. Frattura sacrificabile? “No comment”

La segretaria regionale Micaela Fanelli - prima dei non eletti alla Camera nel calcolo dei resti - analizza il voto e si toglie qualche sassolino dalla scarpa: "Nel mio Comune mi hanno rinnovato la fiducia ma da segretario, in un clima interno di guerra permanente, ho avuto poche armi a disposizione". Pur ammettendo la sconfitta "netta e senza appelli" del Pd non ha intenzione di dimettersi: "Sarebbe da irresponsabili, con le elezioni regionali alle porte il partito non può restare senza una guida. A meno che non me lo chiedano perché in quel caso...". Poi Fanelli tende la mano agli alleati: "Fatico a capire perché ci dividiamo, basta risse che non giovano a nessuno e se l’obiettivo è comune qualche rinuncia si può fare, lo dico soprattutto a chi ha l’ossessione di determinare le sorti di tutti dalle retrovie".

«Abbiamo perso in modo netto. Vuol dire che abbiamo sbagliato. E se ne devono trarre le conseguenze. Questo deve fare oggi una intera classe dirigente. Pertanto, è giusto che parta la fase congressuale, compreso il rinnovo della segreteria regionale del Molise».
Nessun appello, nessuna giustificazione. Micaela Fanelli, segretaria regionale del Partito democratico, ammette la schiacciante sconfitta in Molise e a livello nazionale. Una sconfitta che brucia. A lei soprattutto che per la seconda volta (la prima cinque anni fa nel collegio calabrese) non è riuscita ad entrare in Parlamento. Anche stavolta per una manciata di voti.

Partiamo dalle dimissioni: c’è chi le invoca e ritiene sia opportuno da parte sua fare un passo indietro alla luce dell’esito elettorale del 4 marzo. Ma con le regionali dietro l’angolo la scelta potrebbe rivelarsi un boomerang considerando pure che lei è ’in scadenza’, mi passi il termine, in tutti i casi.

«Non ho nessuna difficoltà personale a lasciare immediatamente o a ricercare altre soluzioni per una gestione collegiale temporanea, al termine di questa prima fase di consultazione interna. Nonostante sia stato il meccanismo elettorale a non eleggermi, penalizzante per il nostro 15,2% e i nostri 26mila e 500 voti a livello regionale, rispetto al 3% dell’avvocato Occhionero che entra. Ma ripeto, non ho nessuna intenzione di trincerarmi dietro questi risultati perché la sconfitta è stata senza prove d’appello. Credo tuttavia che lasciare in questi giorni sarebbe da irresponsabili. Con le elezioni regionali alle porte e un lavoro immane e difficile da fare, azzerare i vertici sarebbe un gesto incosciente, che nuocerebbe ulteriormente al partito. Il Pd Molise in questa fase ha bisogno di stabilità al suo interno. Questa la mia valutazione.
Lunedì a Roma ci sarà l’assemblea nazionale, prima di quella data convocherà la sua segreteria. E se i suoi dovessero decidere diversamente farebbe un passo indietro?

«Non avrei nessun problema se il partito decidesse diversamente. E a tal proposito ho immediatamente avviato una discussione veloce interna. Al netto di quello che mi chiederanno i diversi livelli di partito, e pronta a raccogliere le indicazioni, la mia proposta è che immediatamente dopo le elezioni del 22 aprile si dovranno rinnovare le cariche».


Se la sua proposta non dovesse passare, però, non teme che possa aprirsi una nuova fase di veleni, un assalto alla diligenza nel Pd che proprio in questo momento è quanto di meno auspicabile possa accadere?

«Spero non sia solo una questione di nomi. Abbiamo bisogno di una discussione vera, su quello che è successo ma anche sul cosa e sul come deve essere il PD del futuro. Noi non abbiamo perso perché abbiamo governato male, abbiamo perso perché la connessione con chi avrebbe dovuto beneficiare di quelle decisioni di governo si è interrotta. Perché nei molti luoghi dove le paure sono più forti, noi non c’eravamo più. Nonostante l’impegno straordinario dei nostri iscritti, dei volontari, della base del Pd, da moltissimi cittadini, noi siamo stati percepiti come distanti».


Distanze con l’elettorato a parte, il suo caso è lievemente diverso: lei tra la gente, soprattutto quella della comunità che amministra da sindaco, c’è. Eppure non è in parlamento per poche migliaia di voti a livello nazionale, punita da una legge elettorale voluta dal suo partito. Un paradosso bello e buono non trova?

«Se guardiamo i risultati, il dato del Molise, per il Pd, è il più alto del mezzogiorno dopo quello della Basilicata. Ma, a causa del meccanismo di ripartizione dei resti, per una manciata di voti in più a livello nazionale, il seggio per il Partito Democratico non è scattato e sono risultata la “prima non eletta” (passatemi l’espressione atecnica). Sono 87esima di 86 assegnati a livello nazionale. Un dato tutt’altro che deludente, che invece deve farci comprendere come, nonostante la sconfitta, il lavoro fin qui svolto non deve essere assolutamente disperso. E di questo sono molto grata a tutti coloro che hanno lavorato con noi, nonostante, dall’inizio, sapevamo sarebbe stato difficilissimo. Sarebbe bastato che avessimo avuto assegnati due collegi proporzionali nella legge elettorale, come da noi chiesto, per avere oggi una rappresentanza certa. Ma tant’è. Non tanto dei meccanismi elettorali si avverte l’esigenza di discutere. Ma delle cose di cui avvertono il bisogno vero le persone. Perché da molti di quei luoghi eravamo davvero lontani. Io da Sindaco ci sono stata e forse si legge anche nei risultati di fiducia che riscuoto nel mio Comune. Ma da segretario, in un clima interno di guerra permanente, ho avuto poche armi e i tentativi sono stati percepiti di meno. Per rilanciare l’economia – con la zona economica speciale e la strategia per le aree interne – che crea lavoro o il parco del Matese che crea sviluppo sostenibile non c’è stato posto. Proposte concrete e strutturali che non sono state percepite. Come quelle nazionali, tante. I diritti, i segni di ripartenza. Niente o molto poco di questo è passato perché ci siamo allontanati. Non siamo stati più quelli capaci di prendersi cura».

Pensa che sia stata più efficace la “ricetta” dei mille euro a tutti, ritiene che questa misura abbia contribuito alla vittoria dei 5 Stelle?
«Non so se ’gli altri’ partiti e movimenti ci sono stati per davvero, ma non mi interessa discutere di questo, evidentemente l’idea che i cittadini si sono fatti e che gli altri sono più in grado di noi di rappresentare questi bisogni. Di questi errori, dei nodi profondi, voglio ragionare nell’analisi seria che dobbiamo fare. Meno dei destini personali che spesso anche qui alimentano veleni e a volte strumentali richieste di dimissioni. Ai tanti, che chiedono questa discussione vera, ben oltre i nomi, io dico avete ragione. Me lo avete detto molte volte in campagna elettorale ed è giusto farla. Non basta governare, occorre esserci. Fisicamente. Non lo abbiamo fatto e il pezzo del paese che più dovremmo rappresentare, perché è quello che soffre di più, ci ha voltato le spalle. Basta guardare il dato di Termoli operaia o i piccoli comuni dove pensavamo di tenere anche grazie a una classe dirigente di amministratori vicini al partito, ma che non ha retto.
A me è capitato l’onore in questi anni di rappresentare il mio partito. Ci sono due modi di fare il dirigente: chiedersi cosa puoi fare per il tuo partito o chiedersi cosa il tuo partito può fare per te. Io mi sono caricata compiti che nessuno voleva svolgere perché c’era solo da perdere, come dovrò fare anche in questa fase. E non ho mai avuto niente in cambio, come i tantissimi militanti, al netto dell’onore di rappresentare il Pd nelle elezioni nazionali. Forse essere di sinistra, come dice Serra…. è oggi essere responsabili. Non ho pensato a cosa avrei fatto dopo le elezioni, che sapevo in Molise essere difficilissime, ma mi sono impegnata per recuperare voti. Ho portato il Pd qualche punto sopra alle percentuali drammatiche del Sud e riportato a casa migliaia di consensi. Mi sono impegnata insieme agli altri coraggiosi, validi e generosi candidati. Mi sarebbe piaciuto riuscire a fare ancora di più, ma tant’è. Ho dato una mano vera, insieme alle persone a me più vicine nel partito e anche agli amici e alla famiglia, e continuerò a farlo nei prossimi anni, a prescindere dal mio ruolo. E davvero oggi vorrei fossimo seri e sinceri ed evitassimo di nascondere quello che è il punto vero del dibattito. Non le dimissioni di Renzi o le mie. Ma cosa deve fare il Pd. E come aiutarlo».

Ecco, a proposito di aiutare il Pd, è evidente che le divisioni nel centrosinistra non hanno aiutato. Come pensa sia possibile arginare questa emorragia di voti se, anche alle regionali, il quadro non sarà ricompattato?

«Spero che la lezione sia servita. Avrei troppo da dire, anche su chi dice di essere del PD ma ha lavorato per far perdere il PD, ma se non elimino questo argomento e molti altri, se non mi mordo la lingua, non riesco a favorire un clima più tranquillo e un tentativo di ripartenza. Certo, andrà fatta chiarezza».

Per chiarezza: i rapporti del Pd con l’Ulivo 2.0 (Ruta e Leva)? Quelli con Di Pietro e il suo “Grande Molise”? C’è una possibilità per la coalizione che vi ritroviate attorno a un progetto unitario?

«In questi giorni, il quadro politico è in continua evoluzione. E in Molise non è facile né per la sinistra né per la destra che, ricordo, essere parimenti sconfitta poiché si portava eletti, come sosteneva Iorio, 5 parlamentari e non ne ha eletto nessuno. Se Atene piange (il Pd, ndr), Sparta non ride (LeU, ndr). Le elezioni per il centrodestra locale non sono andate bene. Sale solo la Lega, l’altro populismo, e anche questo merita interrogativi profondi. Ma anche la conferma di una rotta a cui non mi sento si debba abdicare. Europa, solidarietà e diritti possono essere per me, per noi, reinterpretati, ma bisogna interrogarsi su come farlo, ma non abbandonati. Discutiamo di tutto. Ma senza perdere la nostra anima. Anzi, ritrovandola insieme.

Lo dico sempre, se guardo a queste direttrici di fondo, faccio fatica a capire perché ci dividiamo. E faccio fatica a non pensare che chi è dall’altra parte di queste convinzioni, come la Lega, va combattuto e richieda il nostro impegno compatto e responsabile. Un obiettivo che merita qualche rinuncia, lo dico a chi ha l’ossessione di determinare le sorti di tutti dalle retrovie: senza ruoli in prima persona, si resiste tranquillamente, se si ha un progetto politico. Per questo abbiamo bisogno di discutere insieme, senza le solite risse incomprensibili che tanto hanno contribuito a questa sconfitta e di cui la nostra gente è stufa, così come mi hanno ripetuto in ogni angolo del Molise in questa campagna. E quando dico insieme intendo non tra di noi, ma con la nostra gente.

Perché questo partito non appartiene a un segretario o a un gruppo dirigente, ma innanzitutto a chi tutti i giorni mette faccia e impegno a disposizione del Pd. Un partito aperto, veramente democratico e ’contendibile’. Continuiamo a farlo, ora viene il momento più duro. Serriamo le fila. Abbiamo troppo altro da perdere, non come singole persone o singoli pezzi di schieramento, ma in termini collettivi. Le letture valide fino a qualche giorno fa sono state spazzate via. Non basta ridurre le distanze fra noi, ma le distanze fra noi e la nostra comunità».

Un’ultimissima domanda: lei non esclude che per provare a vincere bisognerà «guardare oltre gli steccati», valutando, insomma, tutte le possibili soluzioni in campo purché la proposta del Pd resti quella centrale nel ragionamento che la coalizione farà. C’è una parte del suo partito che pensa a una ipotesi di larga intesa col centrodestra a danno di Paolo Frattura che dovrebbe essere (essendo governatore uscente), ricandidato da Pd. Lo stesso Frattura che invece rischia di essere ‘sacrificato’ per non mettere su un piatto d’argento la vittoria al Movimento 5 Stelle. Lei cosa pensa, è un ragionamento aperto, quanto c’è di concreto in questa possibilità?

«E’ prematuro, non mi sbilancio e non mi va di commentare».

Più informazioni
commenta