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Di Maio, ’botto’ al Meridiano: mai così tanti per un politico. Tra il pubblico molti delusi bipartisan fotogallery

Il candidato premier del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio trascina all’hotel Meridiano, teatro di convention politiche per eccellenza in città, almeno 500 persone tra iscritti, simpatizzanti e "curiosi". Una sala così gremita non si è mai vista, racconta Domenico, addetto storico alla reception. "Siamo qui per ascoltare un programma diverso prima di decidere se andare a votare o meno" rivelano alcuni cittadini, rimasti fuori per mancanza di spazi, che osservano il 32enne vicepresidente della camera che annuncia i candidati a Camera e Senato per il Molise e lancia i 20 punti programmatici. "La vittoria del Movimento immaginatevela quando saranno realizzati, non la sera dello scrutinio" dice lui, arrivato col furgoncino del Rally d’Italia e accolto da applausi scroscianti.

Quando Luigi Di Maio arriva davanti all’hotel Meridiano, sul Lungomare nord di Termoli, con il furgoncino nero e giallo del Rally d’Italia, i nomi degli eletti alle Parlamentarie a 5 Stelle sono usciti da poche decine di minuti e campeggiano nelle liste, regione per regione, del blog di Grillo. Antonio Federico è il primo nome: il consigliere regionale uscente, che aspetta tranquillo il candidato premier sulla porta e lo abbraccia calorosamente, sarà in corsa alla Camera.

Le prime parole di Luigi Di Maio, accolto da telecamere, flash e smartphone che non snobba e ai quali non si sottrae, sono per lui. «Con Antonio porteremo il Molise in Parlamento per la prima volta – scandisce ai microfoni, in un rapido scambio di battute con la stampa – per ascoltare le istanze di questo territorio, che ha tanti diritti da rivendicare: dalla sanità, che bisogna togliere ai politici, alle infrastrutture che mancano e alla edilizia scolastica». Ottimo risultato, commenta (le preferenze saranno pubblicate tra qualche giorno, la piattaforma Rousseau ha ancora problemi evidentemente) riferendosi anche agli altri eletti: Rosa Alba Testamento, Fabrizio Ortis e Antonio Bovio, nomi che la popolazione farà bene a memorizzare anche se finora nessuno ne ha sentito parlare.

I giornalisti men che mai: li cercano su Facebook, salvano la foto. Potrebbero essere i futuri rappresentanti del territorio a Montecitorio. Luigi Di Maio, rispondendo a domanda, si dichiara fiducioso: “Prenderemo di sicuro un seggio”.
A giudicare dalla folla che lo aspetta, stipata al punto «che se lanci una pallina da tennis non tocca terra» osserva con una metafora un carabiniere, ha ragione lui. I 187 posti a sedere preparati in sala sono occupati da almeno un’ora, e centinaia sono i cittadini assiepati in piedi, in coda uno stretto contro l’altro fino a sforare abbondantemente la porta d’ingresso. Insomma, pieno che più pieno non si può. «Forse 400» si sbilanciano le forze dell’ordine. «Forse anche qualcosa in più». Cinquecento? «Comunque tantissimi».
Così quando partono gli applausi, sembrano avere l’eco di un uragano. Radiosi i volti degli iscritti, mentre qualcuno commenta a voce alta: «I politici, dovunque vanno, sono fischiati. Pure in Molise. Qua c’è un altro clima».

Clima di fiducia, a voler essere assolutamente cauti. Mentre Luigi Di Maio parla dei 20 punti programmatici (via 400 leggi inutili, lavoro, reddito e pensione di cittadinanza, green economy, sanità, giustizia) illustrati in anteprima solo qualche ora a Pescara, e dichiara che «la nostra vittoria non sarà quella della sera dello scrutinio o quando ci prenderemo i ministeri, ma quando questo programma sarà realizzato», la gente rimasta fuori, che nemmeno a spintoni e gomitate è riuscita a conquistare qualche centimetro quadrato in sala, osserva dietro il vetro delle finestre, dopo aver chiesto a gesti a quelli dentro la cortesia di scostare i tendaggi bianchi per dare un’occhiata, cercare di udire qualche parole e fotografarlo, anche se da lontano.
«Siamo qua per ascoltare, farci una idea» rivelano, superando la diffidenza iniziale, i curiosi accalcati sui divanetti all’esterno. «Finora abbiamo assistito a ruberie, a una casta che non si preoccupa del popolo e pensa solo a intascare soldi e arricchirsi sulle nostre spalle. Ora con loro vediamo che succede».

Quando il 32enne vicepresidente della Camera passa al punto sui vitalizi, le pensioni d’oro, i tagli agli stipendi dei politici e i 50 miliardi di risparmi che saranno restituiti ai cittadini, l’applauso si fa più potente. Chi sottovaluta la rabbia del momento, il senso di impotenza della popolazione e la voglia di riscatto, anche nel “remissivo” Molise, commette un errore strategico, oltre che di visione globale.

«Ho 71 anni e ho sempre votato a sinistra. Negli ultimi anni il Pd» racconta un cittadino con toni pacati, anni luce lontano dal prototipo di elettore estremista. «Guardi, non ne posso più: una delusione completa, e nemmeno un mea culpa per il fallimento ottenuto. Ora ho due strade davanti a me: o non vado a votare, smetto di esercitare questo diritto, oppure provo a scegliere i 5 Stelle».
Accanto la gente gli fa eco, annuisce. «Ha ragione, così non ha senso andare avanti – aggiunge una ragazza dagli occhi luminosi e il pancione, alla quale hanno ceduto gentilmente il posto sui cuscini – è il momento di provarci. Li accusano di essere incompetenti, ma non sono mai stati messi alla prova».

Qualcuno, più “esperto” e informato, pone il dubbio che con questa legge – il Rosatellum – nessuno avrà i numeri per governare e attuare un programma. Partono dibattiti improvvisati, viene citato lo stesso Di Maio che ha avuto occasione per aprire pubblicamente a “alleanze” programmatiche, al compromesso sui temi tipici della realpolitik e che, sicuro e veloce, giacca e cravatta, ha fatto dimenticare ogni sembianza di un movimento fatto da ragazzi inesperti. Il 5 Stelle è un partito vero, e i suoi potenziali elettori che stasera affollano il Meridiano sono giovani e vecchi, disoccupati e professori, medici e commercianti. Categorie trasversali e stufe marce di sentir parlare di “destra e sinistra” che reclamano un cambiamento radicale, consapevoli che un tentativo, un esperimento, sarebbe già un successo «perché tanto cosa abbiamo da perdere».

Al di là dei pronostici, del clima che rimanda a festeggiamenti che alla prova dell’urna potrebbero essere confermati o smentiti, c’è un fatto. Oggettivo, inequivocabile: la sala dell’hotel luogo preposto a ospitare convention di politica per eccellenza in città, non ha mai vista tanta gente. Domenico Vasile, storico addetto alla reception che ha passato il pomeriggio a rispondere alle chiamate («gente che voleva sapere bene l’ora, che si informava»), ammette: «In tanti anni e tante campagne elettorali, mai vista la sala così piena. Mai».
(mv)

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