Protezione civile

Laurea “farlocca” in Svizzera, indagato per truffa l’assessore. “Persecuzione verso di me”

Il procuratore Nicola D’Angelo contesta la truffa continuata all’assessore del Comune di Campobasso. Lo scorso 21 ottobre l’avviso di conclusione delle indagini: l’esponente della giunta, selezionato nel 2006 per un incarico per la posizione D1 nella Protezione civile regionale, sarebbe stato scelto dopo che aveva inserito nel proprio curriculum la dicitura ‘laureato in Scienze industriali indirizzo economico-aziendale conseguito presso l’Università di Herisau (CH)’. In questo modo, per il pm, ha «indotto in errore l’ente sul possesso di una laurea normalmente valida». Da questa situazione Colagiovanni avrebbe tratto «un ingiusto profitto» riuscendo ad ottenere un incarico per il profilo D3. Lui attacca: «Tra i due incarichi c’è una differenza economica di 80 euro netti. Io ero un semplice operatore, non spettava a me effettuare i controlli. Sono sicuro che tutto finirà in una bolla di sapone, ma intanto mi sento perseguitato: vogliono colpirmi perchè ci sono le Regionali».

Cinque mesi fa la notizia delle indagini da parte della Squadra Mobile di Campobasso per le assunzioni ‘facili’ nella Protezione civile regionale, nata dopo il terremoto di San Giuliano di Puglia del 2002. Un ente nato per occuparsi delle gravi emergenze legate alla ricostruzione post sisma e al dissesto idrogeologico, trasformato negli anni in un ‘carrozzone’ con centinaia di assunti che, a distanza di anni, sono stati licenziati. Semplicemente perchè non c’erano soldi necessari a “mantenerli”. Tra i fortunati che sono rimasti al loro posto c’è anche l’assessore comunale di Campobasso Salvatore Colagiovanni. Ed è su di lui che ora si stringe il cerchio degli inquirenti con un avviso di conclusione di indagini preliminari per le ipotesi di truffa continuata ai danni dello Stato.

La storia è cominciata nel 2006, quando per potenziare la sala operativa e il sistema di monitoraggio elettronico e telematico, erano state avviata le prime assunzioni a tempo determinato e dalla durata quinquennale. Incarichi, ipotizza qualcuno, assegnati in certi casi in maniera un po’ troppo ‘disinvolta’. Un sospetto messo nero su bianco nell’esposto anonimo che dà il via all’inchiesta della Polizia a cui, poco dopo, ha fatto seguito un blitz negli uffici di via Sant’Antonio Abate e nel palazzo della Regione Molise. Gli agenti della Mobile acquisiscono il materiale necessario. Indizi e prove raccolte che consentono agli inquirenti di capire che alcuni tra i curriculum presentati dai candidati prescelti non erano stati accuratamente verificati.

Tra questi anche quello di Salvatore Colagiovanni, assunto per il profilo D1 nel 2006. Nel 2011 lo ’scatto di carriera’: l’assessore viene inquadrato con il profilo D3. Lo scorso 21 ottobre gli è stato recapitato un avviso di conclusione indagini. Un atto con cui il procuratore Nicola D’Angelo contesta il reato di truffa continuata perché, scrive, ha simulato «con artifizi e raggiri il possesso dei requisiti necessari al mantenimento e allo svolgimento della qualifica lavorativa con cui era stato inquadrato nel centro funzionale di Protezione civile». In questo modo, «ha indotto in errore l’Ente regionale» per «essere inquadrato nella categoria professionale D3 (inizialmente assegnatagli in una situazione di urgenza e in condizioni di deroga), così procurandosi un ingiusto profitto».

Secondo D’Angelo, per risultare di essere in possesso dei titoli necessari e in modo particolare della laurea quinquennale richiesta per svolgere l’incarico per il quale era stato assunto, Colagiovanni aveva inserito nel proprio curriculum la dicitura ‘laureato in Scienze industriali indirizzo economico-aziendale il 10.12.2001 presso l’Università di Herisau (CH)’ «così da indurre in errore l’ente sul possesso di una laurea normalmente valida». In questo modo, si legge ancora nell’avviso, l’assessore ha tratto «un ingiusto profitto personale sia mediante la conservazione del posto (come categoria D1) acquisito nell’anno 2009 in condizioni emergenziali e in condizioni di deroga riguardanti altri assunti» sia «per effetto di una successiva riqualificazione (da D1 a D3) avvenuta nell’anno 2011 sulla base della sussistenza dei requisiti accademici richiesti dalla legge per rivestire quel superiore incarico professionale».

Un ‘avanzamento’ di carriera che, a detta del diretto interessato, gli avrebbe fruttato 80 euro al mese netti, circa 110 euro lordi. Diversa la versione del legale difensore di Colagiovanni, l’avvocato Mariano Prencipe. Chiarisce che una parte del provvedimento è già archiviata perchè, spiega, «abbiamo prodotto memorie difensive dal 2006 al 2011 che sono state ritenute utili dagli inquirenti» dal momento che l’assessore «ha partecipato ad una assunzione fatta sulla base dei curriculum presentati». Inoltre, «i mancati controlli non possono essere imputati al mio assistito: c’è una legge nazionale che obbliga le Pubbliche amministrazioni a verificare la validità dei titoli non conseguiti in Italia, previo parere del Ministero dell’Istruzione». Perciò, entrambi sono convinti che l’inchiesta finirà in una bolla di sapone.

L’esponente della giunta di palazzo San Giorgio ha un’idea chiara dell’ennesima inchiesta giudiziaria che lo coinvolge, dopo quella per Corpus Domini e le firme false alle Regionali del 2013. Innanzitutto, fuga i dubbi su un punto: non si è arricchito lavorando nella Protezione civile. «La selezione a cui ho partecipato – puntualizza – non prevedeva requisiti. Io, assieme ad altre dodici persone, ho presentato un curriculum dove erano presenti i miei titoli e sono stato selezionato per un incarico quinquennale dal 2006 al 2011. Non ho percepito uno stipendio da 5mila euro al mese né ho firmato carte che potessero inficiare o erogare finanziamenti. La differenza economica tra le due posizioni, D1 e D3, è di 80 euro netti, circa 110 euro lordi», riferisce a Primonumero.

«Io sono un semplice operatore di Protezione civile – si difende il titolare delle Attività produttive – non avevo poteri, non ero un direttore generale né il responsabile del personale, dunque non avevo potere contrattuale né dovevo fare io i controlli sul curriculum. Insomma, non ero io a stabilire quali mansioni dovevo svolgere».
La Protezione Civile nel 2011 è diventata Agenzia regionale di Protezione civile. In quel momento avviene una riqualificazione di alcuni incarichi e il passaggio di Colagiovanni dalla posizione D1 a D3. «L’agenzia regionale di Protezione civile aveva un proprio cda e un direttore generale, quindi una propria autonomia. Io sono stato contrattualizzato in quel periodo nell’Agenzia regionale di Protezione civile. Poi nel 2016 l’ente è tornato in seno alla Regione. Dunque, ci sono stati tanti passaggi, i documenti sono stati controllati da così tante persone e mi chiedo: come mai nessuno ha mai notato niente dal 2006 ad oggi?».

La Procura fa sapere ora all’assessore che ha la facoltà di presentare memorie difensive o produrre documenti che riterrà utili a chiarire dubbi e sospetti prima di formulare l’eventuale rinvio a giudizio.

Ma a parte la questione giudiziaria, che si inserisce in un contesto di ipotetica truffa perchè Colagiovanni non ha fatto presente che la laurea conseguita in Svizzera in Italia non era valida e non equivaleva a un normale titolo di studio, l’assessore dà un’interpretazione politica della vicenda che lo vede protagonista: «Perché mi dovrei allarmare? Io ho agito in buona fede. Mi dovrei allarmare se avessi fatto qualcosa, rubato qualcosa o ottenuto qualcosa sottobanco. Ma credo che queste notizie vengano date alla stampa perché ci sono le Regionali, c’è una volontà politica», si sfoga.
«Io ho un ruolo, ho un bacino di voti che potrebbe far comodo ai vari candidati alla presidenza della Regione Molise e forse vuole azzerarmi. Mi sento vittima di una giustizia ad orologeria? In 42 anni, di cui 15 come amministratore – aggiunge a Primonumero – non ho mai visto né un giudice né la Digos né la squadra Mobile perché mi sono sempre comportato con massima correttezza non abusando né del potere né di altro. Quindi, sono tranquillo perché sono sincero».

Tuttavia riflette a voce alta: «Ma perché alla stampa è arrivato un avviso di conclusione indagini che mi riguarda e che non è un atto pubblico? A me non è stato ancora notificato. Perché evidentemente c’è qualcuno che vuole che politicamente la stampa scriva contro di me. Ma sono sicuro che finirà tutto come una bolla di sapone. Nell’indagine iniziale c’erano 12 persone, è uscito fuori solo il mio nome. C’è una persecuzione nei miei confronti, mi sono rassegnato, ma la gente mi conosce e mi valuterà al momento opportuno. Ma sono fiducioso anche dell’operato della magistratura».
SP

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