Politica

Frattura lancia la sfida 2018: “Ho invertito la rotta, era necessario. Scelte impopolari? Le rifarei”

Dalla sanità alle partecipate, da Petraroia a Patriciello. Sicuro del suo operato, incurante delle polemiche giudiziarie che lo riguardano («i processi mediatici rimangono tali, noi andiamo avanti»), il Presidente della Giunta regionale, Paolo Di Laura Frattura, evidenzia le buone cose fatte durante il suo mandato amministrativo e fissa i paletti per una sua eventuale ricandidatura: «Ci deve essere condivisione sull’azione dalla maggioranza di centrosinistra». Apre ai dissidenti, Ruta e Leva, ai quali offre lo strumento delle primarie «qualora ci fossero più candidati» e si difende da chi lo accusa di sudditanza nei confronti dell’alleato Aldo Patriciello «Rialzati Molise è stata la seconda forza della coalizione e Patriciello non ha mai interferito con l’azione di Governo».

La scrivania del suo ufficio del quarto piano, nella palazzina di Via Genova, è piena di carte e scartoffie. Il telefonino continua a squillare e a ricevere decine di messaggi. Paolo Frattura si prende solo un attimo di pausa per via dell’influenza, della febbre, per farsi visitare dal medico. «Nulla di grave, possiamo iniziare».

Scontato ma inevitabile partire dal dato politico che è emerso nel consiglio sul Piano Operativo Sanitario: la maggioranza eletta nel 2013 non c’è più. Oggi lei può fare affidamento su un solo voto in più dei suoi avversari: è consapevole di questa precarietà?
«La maggioranza assoluta è di dodici consiglieri, e noi oggi siamo in undici. C’è stato un turn-over, abbiamo perso qualche consigliere e ne abbiamo guadagnati due: Filippo Monaco e Salvatore Micone. Oggi con undici voti in Consiglio andiamo avanti e garantiamo governabilità al Molise».


Resta il dato dei numeri, che non depone a suo favore. E a questo si aggiunge che lei sta passando come il Governatore che chiude gli ospedali e taglia la sanità, che aumenta il distacco con la piazza. Non le sembra che la situazione le stia sfuggendo di mano? Non si sente accerchiato?
«Io questo distacco né lo vedo nè lo sento. Devo dire che c’è stato un periodo in questa legislatura in cui sono state prese decisioni dure, difficili e impopolari. Scelte che hanno segnato un cambio radicale rispetto al passato, creando forse un distacco con il cittadino che non era in grado di capire il perchè di quelle scelte. La sanità significa per il bilancio regionale circa l’80 per cento delle risorse, significa livelli occupazionali incredibili, ma deve caratterizzarsi per la qualità, per efficienza, per i servizi nell’interesse del cittadino».

E lei crede di aver ottenuto un risultato positivo?
«Era una scommessa, abbiamo portato a casa un programma operativo, l’abbiamo proposto noi, ce lo hanno approvato le altre Regioni che ci hanno investito risorse. Lo ha condiviso lo Stato che ha investito proprie risorse sul Piano Operativo sanitario. Oggi è legge, e questo ci facilita l’attuazione del programma. Il resto sono strumentalizzazioni, compresa l’accusa che abbiamo messo il bavaglio a chi vuole impugnare il provvedimento. Chi voleva impugnarlo avrebbe potuto farlo un anno fa, eppure nessuno dei promotori della mozione e nessuno dei comitati lo ha fatto. Mi piacerebbe una volta tanto essere smentito coi fatti non con le dichiarazioni».

Lo sfaldamento della sua ex maggioranza è riconducibile solo a scelte politiche, o anche a rapporti personali che si sono deteriorati?
«Sono solo scelte politiche».

Proprio sicuro?
«Certo. Leggere un riferimento a un quarto polo proposto dell’ex vicepresidente Michele Petraroia, dopo che lo stesso è stato scelto dal Pd nel 2013 e messo in Giunta ad occupare un ruolo chiave, mi fa sorridere. Così come i suoi interventi in aula o sui giornali: al netto di premesse, non entra mai nel merito delle questioni se non con fumosi riferimento a fatti e personaggi, e produce una serie di atti poco costruttivi, per il benessere e il futuro di questa regione, su temi particolarmente rilevanti quali il lavoro, con tutte le vertenze in piedi da inizio legislatura che lui ben conosce. Sicuramente non ho la sua cultura e men che meno la sua sensibilità politica, ma capisco che in un momento di difficoltà bisogna dare riscontro ai cittadini con fatti concreti: preferisco condividere percorsi e ragionamenti proiettati verso il futuro con chi più concretamente decide di confrontarsi anche con l’impopolarità delle scelte».

Non è andato via solo Petraroia, però. Anche Scarabeo, Totaro, Niro…
«Su Massimiliano Scarabeo non ho nulla da dire: i suoi interventi si commentano da soli. Sono convinto che già la sensibilità di Francesco Totaro sia cosa diversa. Vincenzo Niro ragionamento ancora a parte: per cui in tutta onestà non vedo questo scollamento della maggioranza, men che meno questo diverso approccio interpersonale. Vedo i numeri che ci danno la possibilità di arrivare serenamente alla fine della legislatura, altrimenti saremmo già andati a casa. Fatto che sarebbe potuto accadere qualora non fosse stata approvata il primo passaggio legislativo di riordino del sistema idrico integrato, l’Egam. Consolidati i numeri e la maggioranza, andiamo avanti convinti che quello che riusciremo a portare in termini di innovazioni legislative nella nostra Regione, in questo breve periodo che rimane fino alla scadenza elettorale, sicuramente significherà una bella differenza».

A proposito di Michele Petraroia, sono trascorsi oltre dodici mesi da quando si è dimesso da assessore. Nomi ne sono stati fatti tanti, ma la Giunta è ancora a tre. Perchè? «Questa è la dimostrazione che non è con l’assegnazione della delega o con il riconoscimento dell’incarico che si costruisce la maggioranza. La coerenza a volte si dimostra anche stringendo i denti, caricandosi di lavoro oltre il consentito, andando avanti e tenendo la barra dritta. I presupposti perchè si arrivasse alla nomina del quarto assessore all’interno di una maggioranza più ampia evidentemente non si sono concretizzati. Quindi non è la nomina del quarto assessore l’elemento dirimente per confermare la maggioranza».

Di recente è terminata la vicenda giudiziaria di Bari, legata alla famosa cena. Una sentenza di assoluzione piena che ha sbugiardato la sua tesi e quella dell’avvocato Salvatore Di Pardo. Bisogna attendere ancora la lettura delle motivazioni, certo, ma non crede che la sua credibilità fra i cittadini sia scesa e accresciuto, in qualche maniera, il suo status di casta?
«Devo dire che non ho letto da nessuna parte che la cena non ci sia stata. Io ho ascoltato un dispositivo di assoluzione e sono in attesa delle motivazioni. Solo dopo potrò dire se il giudice ha ritenuto false le mie denunce e la testimonianza dell’avvocato Di Pardo, o se ci sono altre motivazioni che lo hanno indotto all’’assoluzione perchè il fatto non sussiste: per la tentata concussione e per la tentata estorsione il fatto non esiste, non per la cena».

La sentenza è di assoluzione piena, perché afferma questo?
«Perchè la cena non rientra nelle contestazioni di reato che il Pubblico ministero ha avanzato nei confronti dei due ex imputati Manuela Petescia e Fabio Papa. L’essere sbugiardato vuol dire essere oggetto di un procedimento penale per calunnia, e sarebbe giusto che io fossi indagato qualora nelle motivazioni della sentenza risultasse la mia falsa testimonianza. Vorrà dire che mi troverò di fronte ad un giudizio abbreviato, così come quello richiesto dai due ex imputati, e avrò la possibilità di difendermi qualora indagato per calunnia e dimostrare se quella cena c’è stata o meno. Io sono a posto con la mia coscienza. Non mi sento bugiardo nei confronti di chicchessia e in merito ai fatti specifici vorrei aspettare di leggere le motivazioni della sentenza per capire come comportarmi rispetto alla sentenza stessa».


Rimaniamo sulla scia giudiziaria. Due anni e poco più son trascorsi dallo scandalo della sua villa al mare. Lei annunciò che avrebbe riferito in consiglio regionale di come erano andate le cose, ma non lo ha mai fatto.
«Io ricordo di aver detto una cosa diversa».

E quale sarebbe?
«Che sino a quando è in corso un’indagine giudiziaria non avrei fatto conferenza stampa, dichiarazioni o sedute in Consiglio regionale che in qualche maniera avrebbero potuto interferire con l’eventuale indagine di cui io possa essere oggetto. Ho chiarito che sapevo di essere indagato per avere ricevuto una notifica di richiesta proroga di indagini rispetto alla quale, poi, non ho avuto più nulla. Però voi ricordare che i reati che mi si contestavano erano violenza privata e autonomo esercizio della diritto della proprietà privata. Non mi si contestava assolutamente il reato di appropriazione indebita di un bene di proprietà di terzi>.

Onestamente dopo il servizio delle Iene, nel novembre 2015, lei affermò che nel giro di pochi giorni avrebbe informato il Consiglio regionale. Ora, sicuri che dopo la chiusura delle indagini ci sarà una sua esposizione dei fatti?
«Non appena questo procedimento di indagine terminerà e appena riceverò la notifica, qualunque sarà il risultato, sicuramente ne parlerò in Consiglio regionale e come ho sempre fatto parlerò in conferenza stampa. Vorrei però ricordare che c’è già stata una campagna mediatica che mi ha visto condannato per svariati mesi».

A cosa si riferisce?
«Rispetto a mesi di condanna mediatica, inflitta con particolar attenzione da diversi organi di stampa, non mi pare di aver beneficiato di altrettanto enfasi quando si è trattato di informare i cittadini che la mia posizione, ad esempio sul caso Biocom, era stata archiviata. Sarà probabilmente qualcun altro che dovrà certificare se quell’atteggiamento, se quel modo di comunicare, quel modo di raccontare gli episodi era legittimo o meno, o se hanno creato un danno all’immagine della persona, al professionista all’imprenditore e al politico».

A proposito di danni di immagine, vengono in mente gli scandali che hanno colpito il suo attuale vice, l’assessore Vittorino Facciolla. Tralasciando questioni morali e giudiziarie, non crede che sarebbe stato politicamente giusto e corretto fare un passaggio in Consiglio regionale? L’idea che sta passando è: “fanno quello che vogliono”.
«Non è così. Se anche noi che proviamo ad essere estremamente diretti e onesti riportiamo in questi termini il confronto, paradossalmente facciamo lo stesso errore di chi strumentalmente vorrebbe riportare al cittadino questo messaggio. Vittorino ha informato tutti noi di cosa stesse accadendo ma non “sui processi mediatici” bensì sui fatti giudiziari che lo vedevano coinvolto. Non ce la cantiamo e suoniamo da soli, non aspettiamo l’evento sconvolgente per arrivare a prendere delle decisioni: ci confrontiamo e valutiamo se il ruolo e le responsabilità rivestite sono o meno confliggenti con l’azione amministrativa. Laddove questo dovesse accadere, non ci sarebbe bisogno della richiesta delle dimissioni perchè sono convinto che ognuno di noi farebbe non uno, ma cento passi indietro».

Una verifica politica non c’è mai stata. Non pensa che forse l’avrebbe rafforzata agli occhi dell’opinione pubblica?
«Se dessi retta al processo mediatico, in atto in questi mesi, mi sarei dovuto dimettere a ogni processo e a condanna mediatica. Cosa avrei dovuto dire agli 86mila molisani che hanno deciso di investire sul cambiamento: amici miei vi ho lasciato dopo un anno perchè qualcuno mi ha condannato anche se la giustizia ha totalmente e radicalmente archiviato la mia posizione? Ed è il loro pensiero che vorrò sapere qualora mi ricandidassi con l’alleanza di centrosinistra, con una coalizione di centrosinistra per guidare questa regione dal 2018 al 2023. Alziamo, quindi, il livello del confronto perchè sono pronto a rispondere su tutto: sui fatti più personali e privati perchè nel momento in cui decido di propormi a ricoprire una carica pubblica è giusto che io di privato non abbia nulla, però lo dobbiamo fare con correttezza».

Allora si ricandida, è sicuro? E se si ricandida lo farà con un centrosinistra unito o con il suo centrosinistra, quello senza l’Ulivo di Ruta e Leva?
«Nel 2013 ricordo che a candidarsi c’erano cinque aspiranti Governatori: Michele Iorio per il centrodestra, Antonio Federico per il M5S, Paolo Fattura per una coalizione di centrosinistra, Massimo Romano supportato da tre liste che comunque facevano riferimento al centrosinistra e Antonio De Lellis che rappresentava l’elettorato più a sinistra. Quindi mi pare di ricordare che vi erano tre candidati per il centrosinistra. Abbiamo stravinto le elezioni: circa il doppio dei voti rispetto al secondo, Michele Iorio».

Però oggi lo scenario politico è cambiato: a sinistra si costruendo una forza che potrebbe toglierle i voti necessari per una sua eventuale riconferma.
«Nell’ultima assemblea regionale del Partito democratico, che si è espresso con oltre il 75 per cento dei propri rappresentanti, si è deciso di avviare un confronto con i cittadini, simpatizzanti, iscritti, dirigenti, circoli e federazioni finalizzato a verificare cosa abbia realizzato questa maggioranza di centrosinistra, e condividere o meno le cose fatte. Per capire se esistono o meno i presupposti per una mia riproposizione, l’Assemblea ha deciso di aprire il confronto con le altre forze della coalizione le quali da subito, fuori e dentro il Consiglio regionale, si sono rese immediatamente disponibili al dibattito. Una volta condiviso il programma io vedrei con piacere una ipotesi di ricandidatura che, però, dovrà fare i conti con eventuali ulteriori candidature del centrosinistra. Le primarie, in presenza di più candidati, diventano lo strumento per scegliere e dare la possibilità ai cittadini di votare il proprio candidato governatore. Fatte le primarie, insomma, ci sarà il candidato unico del centrosinistra».

Sintetizzando: sarebbe disponibile a fare le primarie con un eventuale candidato dell’Ulivo 2.0. E’ così?
«Io sono disponibile solo dopo che c’è stata una condivisone sul mio operato, che è il presupposto per il quale uno si ricandida. Laddove dovesse esserci un altro candidato all’interno della coalizione, senza nessuna distinzione o estromissione, credo che le primarie siano lo strumento più giusto per scegliere il candidato».

Ma Ruta e Leva pare che abbiano già deciso di intraprendere un percorso alternativo al suo.
«Fatemi capire: oggi, la coalizione di centrosinistra che ha governato la Regione e contestualmente al successo delle Amministrative regionali ha portato all’elezione di due deputati e un senatore del Pd, e subito dopo ha portato il centrosinistra a vincere a Campobasso, Isernia, Termoli e in quasi tutti i comuni di questa regione, non va bene più perchè lo decide Paolo o un altro? Non mi sembra corretto: entriamo nel merito delle cose fatte. Se non le condividiamo non è un problema di coalizione, ma un problema di chi ha guidato questa maggioranza. Quindi, il primo rispetto al quale bisogna dire no è il sottoscritto».

Quindi considera l’Ulivo 2.0 parte di questa maggioranza?
«Considero parte integrante di questa maggioranza chiunque condivide questa maggioranza. Non sono abituato a ragionare per sigle, per liste, per schemi rigidi. Io sono pronto a confrontarmi con chiunque, purché sia chiaro cosa vogliamo fare insieme, perchè protagonismi e singole posizioni non mi appartengono. Vado avanti con questo convincimento».

Siamo a meno di un anno dalle prossime consultazioni, se potesse cosa rifarebbe meglio o non rifarebbe affatto?
«Tutto ciò che è stato fatto ovviamente lo rifarei meglio. L’esperienza serve proprio a non ripetere gli stessi errori. Però mi lasci dire che la riorganizzazione amministrativa regionale era fondamentale per una regione travolta dai debiti, che non aveva la possibilità di fare investimenti e provare a ragionare e costruire un futuro. Ho trovato una regione che si perdeva nelle tante società partecipate che bruciavano risorse senza creare futuro nè garanzia di occupazione. La sanità continuava ad essere caratterizzata per inefficienza: abbiamo risparmiato risorse da poter impiegare in investimenti sulle strutture pubbliche sia in termini di immobili ma soprattutto in tecnologia avanzata, in modo da aggiornare e rendere più moderna la sanità molisana».

Presidente, sulla sanità però c’è da sottolineare anche il grosso malcontento dei cittadini e degli operatori del settore…
«Al nostro arrivo abbiamo trovato una situazione catastrofica. In questi anni abbiamo messo mano ad una esposizione debitoria nei confronti di tutti, avevamo bassissima valutazione negli indici di degenza, è stata riorganizzata la sanità abbandonando totalmente la logica ospedalocentrica a favore di una sanità a casa del cittadino, con investimenti spostati principalmente sul territorio rispetto all’ospedale, c’è stato lo sblocco del turn-over tra gli addetti al settore, che apre a nuove assunzioni. Cose che nel passato non erano mai accadute».

Allora probabilmente il messaggio non è passato correttamente, perché la sensazione diffusa fra la popolazione è che la sanità molisana sia precipitata…
«Ci siamo assunti le difficoltà delle decisioni, l’impopolarità delle scelte e anche la negatività delle conseguenze. Le politiche sociali, ad esempio, andavano affrontate rivoluzionando l’approccio con il meno fortunato, con chi ha meno opportunità di realizzarsi. Tutto questo è stato possibile farlo liberandosi delle risorse che, infruttuosamente, erano state investite nel passato. Mi auguro che il periodo che ancora manca al termine della legislatura ci dia la possibilità di dimostrare il più possibile il raggiungimento e l’ottenimento degli obiettivi che ci eravamo dati».

Rifarebbe anche la “metropolitana leggera”?
«All’inizio del mandato legislativo, dopo aver fatto una valutazione e verifica dello stato dell’arte della mobilità regionale, ci siamo posti la seguente domanda: bisogna continuare a investire in mobilità su gomma o è più utile invertire l’investimento a favore della mobilità su ferro? Abbiamo optato per questa seconda scelta in cui è rientrato anche il progetto della “metropolitana leggera”»

Perchè, allora, la “metropolitana leggera” ha generato cosi tante polemiche?
«Le polemiche fanno parte del gioco, ma alla fine conta ciò che si è realizzato».

E cosa è stato realizzato?
«Con il progetto “metropolitana leggera” si sono investiti, ad esempio, 23 milioni di euro per velocizzare e mettere in sicurezza la tratta che va da Matrice fino a Bojano. Sono state rifatte le stazioni, ridefinite le piazzole di sosta dove arriva il mezzo su gomma. E a cascata, modernizzando quel tratto, sono state riqualificate e messe in sicurezza le aree di arrivo del mezzo su gomma di ospedale, università e area industriale di Ripalimosani. Inoltre, si è investito per un secondo lotto di lavori che andrà a velocizzare, e a mettere in sicurezza, il collegamento Bojano- Isernia senza dimenticare l’elettrificazione del collegamento che va da Roccaravindola fino ad Isernia. Risultati che sono arrivati dopo aver azzerato il debito con le tante concessionarie del trasporto pubblico locale. Inoltre, siamo riusciti a ottenere un contributo straordinario dello Stato per cancellare 90 milioni di euro di debito ereditate dalle passate amministrazioni. E’ arrivato il primo nuovo treno e speriamo di cancellare nell’arco del 2018 e 2019, con l’arrivo dei nuovi convogli, definitivamente un parco treni che ancora continua a “garantire” ai molisani tanti disservizi. Questo è stato invertire la rotta degli investimenti in merito alla mobilità regionale».


Torniamo alla politica. Più che l’alleanza, i suoi competitor, le contestano una sorta di sudditanza nei confronti dell’europarlamentare Aldo Patriciello.
«Nella vita guai a fare le cose per costrizione, altrimenti viene meno la parolina magica che si chiama entusiasmo, e senza entusiasmo è difficile credere in quello che fai. La sudditanza onestamente io non riesco a rintracciarla in alcun fatto. Rialzati Molise è stata la seconda forza politica dell’alleanza di centrosinistra. Si è vista riconoscere all’interno dell’esperienza della consiliatura, nella seconda parte del mandato, la Presidenza del Consiglio regionale dove Vincenzo Cotugno è stato eletto con 19 voti su 21. Onestamente non rintraccio un passaggio in termini di rappresentanza che abbia visto prevalere il movimento civico Rialzati Molise rispetto ad altre forze di centrosinistra».

Eppure determinate scelte, specie in campo sanitario, lasciano intendere il contrario.
«Non c’è stato mai alcun contraddittorio con l’onorevole Patriciello, che in termini politici non ha avuto mai alcuna interferenza sulla gestione e sulle responsabilità regionale. Quindi non vedo, in nessuno degli atti assunti, una soccombenza da parte del sottoscritto o comunque del centrosinistra rispetto a una delle forze politiche di coalizione e dell’europarlamentare Patriciello».

L’ex assessore regionale Gianfranco Vitagliano, rimasto in silenzio per quattro anni, è diventato molto critico contro il suo Governo. Ma non eravate amici? Anche con lui si è spezzato qualcosa?
«Potrei rispondere su cosa pensi io di Gianfranco Vitagliano ma preferisco farlo guardandolo negli occhi e dicendogli quali sono i gravissimi errori che lui ha commesso, e ha fatto commettere, considerando l’importanza delle deleghe che gestiva con il presidente Iorio. Lo farei a quattro occhi in dibattito pubblico portando fatti, e atti puntuali e circoscritti. Per il resto io non ho il tempo di replicare a chi, da pensionato d’oro, ha così tanto libero da usare a parlare e scrivere male di me».

E’ in calendario la nuova legge elettorale regionale?
«Certo che è in calendario. La legge elettorale comunque deve recepire la legge dello Stato che prevede la presenza di genere nelle liste nell’espressione, eventualmente, della doppia preferenza. Con l’occasione ridefiniremo sulla base delle esigenze regionali la proposta di legge elettorale per il Molise».

Cosa manca davvero alla regione Molise, quindi dal suo punto vista, per fare un vero cambio di passo?
«Dal mio punto di vista, il cambio di passo è in atto, e capisco che a qualcuno questo fa venir il mal di pancia. La relazione della Banca d’Italia, sugli ultimi dati riferiti al Molise, fotografa una regione che finalmente ha invertito il proprio trend negativo. Certo, sono solo i primi segnali positivi che vanno confermati e consolidati nel tempo: il tasso di disoccupazione, seppur in decremento, è ancora troppo alto soprattutto per la fasce più deboli, donne e giovani. Tuttavia, si è iniziato a dare opportunità di formazione professionale a chi era costretto ad andare fuori regione. Ritorno sulla sanità, che rispetto alle tante polemiche riferite alla programmazione, possa significare effettivamente una qualità nella cura del cittadino. Una amministrazione più pronta a dare risposte in tempi certi, una qualificazione migliore e maggiore nel rapporto con il cittadino».

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