Il paradosso

Inferno di fuoco al Nucleo, ma i vertici del Cosib avvertono le aziende solo la sera. Con il fax

Mentre la Fiat veniva evacuata per le fiamme, a poche centinaia di metri da industrie chimiche a rischio di incidente rilevante, dagli uffici del Consorzio Industriale nessuna comunicazione su piani di evacuazione o allerte. L’unica nota ufficiale è arrivata alle 21 e 30, otto ore dopo il disastro, accompagnata dalla rassicurazione che il Consorzio aveva attivato una servizio navetta notturno.

Lunedì 24 luglio. Una giornata che nel Nucleo industriale di Termoli, dove hanno sede circa 130 aziende e dove lavorano migliaia e migliaia di persone, non sarà facilmente dimenticata. Prima delle 14 il fuoco, partito un’ora prima nel bosco vicino, ha attaccato il perimetro esterno della Fiat, la più grande delle fabbriche del Consorzio, considerata anche – legittimamente – il motore produttivo del Molise. Chi è uscito a quell’ora dalla fabbrica «ha avuto immediatamente la misura della drammaticità del disastro e del potenziale pericolo», spiega Stefania Fantauzzi della Unione Sindacale di Base, che a distanza di 2 giorni dall’incubo vissuto pone una serie di interrogativi sulle misure di sicurezza messe in campo e sulla decisione, contestata anche da altri sindacati, di evacuare la Fiat tardi rispetto all’allarme, visto che – spiega ancora orologio alla mano – «il primo blackout durato circa 10 minuti c’è stato alle ore 14 e 15, seguito un quarto d’ora dopo da un secondo blackout e dalla notizia della interruzione delle prime strade intorno allo stabilimento».

A quell’ora le fiamme avevano già saltato la strada che separa il costone della ferrovia dal Consorzio e, dopo aver divorato vastissime aree incolte, erano arrivate sul retro della Fiat, scavalcando il muro di cinta in cemento e serpeggiando fino a depositi e magazzino di oli di riciclo, consumando terra e macchinari, gomma e plastica. È stato il panico, racconta ancora Stefania Fantauzzi, anche se «la prima evacuazione è stata accompagnata da una domanda: volete uscire o no?» Segno che non era esattamente un ordine ma ancora una scelta affidata alla volontà individuale degli operai.

Operai che sono stati posi smistati nei centri di raccolta del personale per essere accompagnati ai cancelli in disordine, «abbandonati in un’area industriale con un incendio in corso, vicini agli impianti Fca nonché alle fabbriche chimiche e turbogas a pochissima distanza». Indubbia la confusione, scontata la paura mentre le fiamme si alzavano altissime, raggiungendo altezze di 7, 8 e perfino 10 metri, tanto da essere immortalate in fotografie e video che hanno fatto il giro d’Italia.

Gente in fuga, auto bloccate, polizia e carabinieri con occhi rossi tra il fumo acre e nero, mentre i vigili del fuoco combattevano la loro disperata corsa contro il tempo con estintori e idranti, e il cielo scuro di fuliggine attendeva i lanci del canadair, che il Molise non ha e che sono arrivati da altre regioni solo un’ora e mezza dopo. Eppure in questo scenario apocalittico – e no, non è una esagerazione – dagli uffici del Consorzio, che si tira a un tiro di schioppo dall’inferno di fuoco, nemmeno una parola. Direttore e dirigenti stavano sorseggiando caffè, evidentemente, o sonnecchiando sulle scrivanie, visto che la prima e unica comunicazione alle aziende che trovano spazio nel Cosib, e che pagano per i servizi offerti dall’ente, è arrivata dopo le ore 21 e 50 della sera.

Per otto ore nessuna informazione su piani di evacuazione, nessuno stato di preallerta, nessuna indicazione su cosa fare, su eventuali vie di fuga, su soccorsi. Niente di niente. A sera una nota stringata, a scoppio ritardato, come si dice. “Dopo lo sparo”, insomma, e mai detto popolare fu calzante come in questo caso. Se qualcuno, fra i dipendenti stipendiati in maniera più che dignitosa (qui l’inchiesta di Primonumero.it di qualche tempo fa) abbia contattato telefonicamente i responsabili delle aziende a rischio incidente rilevante e avuto rassicurazioni, non si sa.

Possibile che qualche contatto tra uffici e imprese sia avvenuto. Sembra perfino scontato. Ma in una situazione simile, con l’inferno che bussava alla porta, nel ritardo per l’arrivo dei mezzi aerei, da parte del Consorzio c’è stato un buco di comunicazioni ufficiali durato ore. Una nota è arrivata sui fax delle aziende solo la sera. Sui fax? Sui fax, esatto. Quell’aggeggio obsoleto che nel 2017, in epoca di comunicazioni social e più veloci della luce, ha il sapore ferroso di un reperto tecnologico più adatto a un museo che a un consorzio industriale dove lavorano quasi cinquemila persone e trovano spazio tre chimiche e una centrale termoelettrica.

Un fax che ha per oggetto: emergenza incendi, e che informa che “considerata l’emergenza incendi che ha coinvolto la zona industriale di Termoli nella giornata odierna, è stato attivato un presidio notturno”. Seguono tre numeri da chiamare in caso di necessità, e la rassicurazione che sarà effettuato un servizio vedetta per tutta la zona industriale durante la notte. Come se questo, dopo un pomeriggio che nemmeno i diavoli saprebbero pianificare, bastasse a far tirare un sospiro di sollievo e a far sentire in sicurezza imprenditori e lavoratori. Non si sa se i sopravvissuti alla giornata che a quell’ora si trovavano ancora in fabbrica o in azienda, sfidando timori e tosse da fumo, dopo aver consumato litri di collirio per decongestionare gli occhi, abbiano pianto o riso. Probabilmente entrambe le cose, ma è solo una supposizione.

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