Cronache

Piantagione di “erba” da record: l’ombra dei clan dietro un business da milioni di euro

La brillante operazione dei Carabinieri della Compagnia di Larino apre a molteplici domande riguardo i responsabili di una piantagione di marijuana da far impallidire. Quasi diciotto ettari di terreni le cui piantine, dopo la necessaria lavorazione e vendita, avrebbero fruttato milioni di euro. I tre pregiudicati foggiani hanno precedenti di varia natura, non solo legata al traffico di droga, ma la struttura trovata a Rotello lascia ipotizzare che dietro ci sia un’organizzazione criminali ben più potente, tale da far concorrenza alla sostanza stupefacente di scarsa qualità proveniente dall’Albania che transita dalla nostra regione.

Numeri da record di un sequestro che potrebbe essere solo la punta dell’iceberg. Di qualcosa di più grande e più inquietante ancora. Numeri incastrati a una domanda: possibile che dietro una piantagione grande come più di venti campi da calcio, che avrebbe fruttato guadagni per milioni di euro, ci siano solo quattro persone? Certo, sono quattro pregiudicati, anzi: pluripregiudicati. Hanno un curriculum di “esperienze” criminali abbastanza nutrito. Ma sono solo 4, a gestire un appezzamento di 18 ettari destinati alla marijuana. Possibile? Credibile?
È la domanda di fondo che aleggia poche ore dopo il blitz che ha portato a scoprire una delle più grande piantagioni di marijuana che le cronache nazionali ricordino. Non l’unico interrogativo. Un’altra grande domanda non può che riguardare il Molise e i traffici di droga, specie marijuana appunto, che spesso è stata sequestrata in occasione di imponenti recuperi sia via mare che via terra. Quella però era “erba” arrivata dai Balcani, mentre questo è un prodotto ben diverso.

Ci sono alcuni numeri, nel blitz operato ieri mattina – lunedì – dai Carabinieri della Compagnia di Larino, a far capire che l’operazione scattata nelle campagne di Rotello non è come tante altre. Innanzitutto per il numero di piantine: 20mila. Un rapido giro fra gli articoli nazionali nel gigantesco archivio che è il web dimostra che se non si tratta di un record, poco ci manca. Di recente in Calabria, non una terra qualunque, ne sono state sequestrate 12mila in un’unica operazione.
C’è poi l’enorme estensione dell’appezzamento in cui gli arbusti erano confusi fra gli olivi: circa diciotto ettari, ben più di venti campi di calcio regolamentari. Un’enormità che fa riflettere, anche perché dopo la coltivazione, la lavorazione, la vendita all’ingrosso e al dettaglio, quello sarebbe stato un business da svariati milioni di euro. Pacifico che non si può trattare di un metodo fai-da-te architettato da quattro malviventi alle prime armi. Inoltre tre delle persone arrestate, tutte di provenienza foggiana, hanno una lunga lista di precedenti penali alle spalle. Spaccio di droga certo, ma anche reati contro il patrimonio e altro. Una fedina penale che conferma ancora una volta: i Carabinieri non hanno certo beccato principianti.

Il sistema utilizzato per mettere su quella piantagione di “oro verde”, come è stato ribattezzato, era tutt’altro che artigianale. I Carabinieri confermano che nemmeno una tecnica molto utilizzata, come quella dei voli radenti a terra in elicottero, avrebbe permesso di scoprire quelle piantine così particolari. Alcune era coperte da teloni e innaffiate regolarmente a goccia con un sistema meccanizzato. Non una roba da giardinieri della domenica, ma di gente esperta, preparata, probabilmente ben remunerata.

I militari dovranno capire anche le responsabilità dell’uomo che risulta proprietario del vasto appezzamento. Mentre c’è un altro elemento che indica la propensione alla criminalità delle quattro persone finite in manette. Quando circa 25 carabinieri li hanno circondati cogliendoli di sorpresa, due di loro avevano addosso delle pistole. Erano preparati a un attacco, o comunque pronti a sparare o a minacciare chiunque si fosse avvicinato. Si spiegano così anche il rottweiler e il pitbull pronti a saltare addosso agli intrusi. Non volevano seccatori né ficcanaso, ma la precisa attività investigativa dell’Arma dei Carabinieri li ha messi sotto scacco.

Ora però bisognerà capire quanto i quattro arrestati si possano considerare dei cani sciolti e quanto invece siano legati alla malavita organizzata. Ci si domanda se sia possibile mettere su un business di questo tipo a due passi dalla provincia di Foggia dove purtroppo l’esistenza della nuova Società Foggiana, un’organizzazione mafiosa a tutti gli effetti tanto feroce quanto pericolosa, è realtà consolidata. E ci si chiede soprattutto se la coltivazione di quelle 20mila piantine, quindi di “erba” di maggiore qualità, possa essere un potente concorrente alla “roba” che gira di solito dalle nostre parti, almeno secondo quello che dimostrano i tanti sequestri operati dalle forze dell’ordine.

Carichi pesanti, recuperati al largo delle nostre coste dalla Finanza negli anni passati, ben due tonnellate di erba stoccata in grosse balle in un casolare di Montenero di Bisaccia un mese fa. Droga con provenienza balcanica, probabilmente dall’Albania, dove gli esperti certificano che la produzione è di scarsa qualità, e al dettaglio costa molto meno. Quanto può scombussolare il mercato degli stupefacenti una produzione in loco di qualità completamente diversa? Quanto può essere un elemento di disturbo ed eventualmente di scontro fra le organizzazioni che gestiscono lo spaccio sulle nostre piazze e quelle delle regioni limitrofe? Ci può essere un’alleanza oppure anche una concorrenza spietata che apre la porta a pericoli di natura criminale.

Le ipotesi investigative sono molte. L’Arma non conferma la pista della criminalità organizzata, per ovvi motivi. Ma ci sono chiari elementi che fanno pensare e riflettere sulla possibilità di infiltrazioni della malavita, specie considerando la vicinanza col Foggiano. È vero anche che la conformazione del terreno, in molte zone della nostra regione, si presta a iniziative malavitose di questo genere. Poca densità demografica, scarso traffico, tanta terra nascosta da sguardi e sospetti. Ma le modalità di coltivazione, i sistemi di protezione programmati, i grandi numeri del blitz dei Carabinieri potrebbero raccontare anche un’altra storia. Ancora tutta da scoprire. (sdl)

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