Cronache

Il paradiso in cenere: distrutta metà pineta. La rabbia degli isolani: “Piromani disumani”

Decine di ettari di bosco a fuoco sulla più verde delle Diomedee: elicotteri, canadair e mezzi del 115 hanno lavorato un giorno e una notte, aiutati dagli isolani che hanno cercato di difendere il loro bosco in ogni modo. L’emergenza non è terminata completamente, perchè piccoli focolai nella zona sud, quella meno costruita, sono ancora attivi. E si parla apertamente di matrice dolosa. Anche il sindaco Antonio Fantini conferma: "Il sospetto è che sia stato appiccato volontariamente, un fatto che suscita rabbia e indignazione".

Il giorno dopo l’inferno di fuoco nella pineta dell’isola di San Domino, nell’aria c’è ancora fumo, una cappa che toglie il respiro, che si alza dal terreno riarso, ridotto in genere. Fumo, il calore del bosco nero, e rabbia. Una rabbia compatta, una indignazione senza aperture, che tiene uniti e tantissimi isolani che hanno dato una mano fino alla fine, lavorando tutta la giornata di ieri, continuando la notte scorsa e proseguendo anche oggi, mentre un paio di aerei continuano a lanciare acqua su quella larghissima macchia mediterranea che fino a 72 ore fa era un paradiso, e che adesso è ridotta a un ammasso di tronchi carbonizzati.

Decine di ettari bruciati. Una vastissima porzione di macchia mediterranea, specialmente nella zona sud che si allunga verso il faro, è andata persa. Le Isole Tremiti sono state danneggiate in maniera gravissima e San Domino, la più verde e lussureggiante isola dell’arcipelago, è stata privata di quasi il 50 per cento della sua invidiabile pineta.

Chi è stato? «Siete disumani, chiunque voi siate». «Siete delle carogne». «Senza anima: ci avete bruciato un paradiso terrestre»: in strada e sui social l’ira e il dolore sono al massimo. Se ne parla in spiaggia, sul molo, nei bar e lungo le strade dell’isola dove i mezzi di soccorso vanno e vengono perché l’emergenza non è finita anche se i due roghi principali, che da ieri mattina 12 luglio hanno cominciato ad ardere la vegetazione rigogliosa di San Domino, registrano altri piccoli focolai che con le temperature ancora elevatissime e il vento di libeccio si riattivano alla più piccola miccia, anche per le caratteristiche del bosco che è resinoso e quindi particolarmente sensibile all’effetto delle fiamme.

Il fuoco, inizialmente arrivato a poche decine di metri da alcune abitazioni, è stato trascinato dal vento verso il litorale sud, dove non ci sono strutture turistiche. Il giorno dopo la fotografia scattata dall’aereo messa a confronto con quella di poco tempo fa mostra un cratere vuoto là dove c’erano alberi, verde, macchia mediterranea praticamente incontaminata.

Pochissimi i dubbi che dietro il rogo di San Domino ci sia la mano dell’uomo. Una conferma arriva dal sindaco Antonio Fantini, rieletto poche settimane fa, nella cui voce traspare il dolore per l’accaduto: «Siamo praticamente certi che l’incendio sia stato di natura dolosa – racconta al telefono – anche se non è chiara la motivazione visto che non si può parlare di speculazione edilizia per via della legge che impedisce di costruire sui terreni distrutti dal fuoco».

Distese di pini bruciati, bosco carbonizzato. «Per fortuna – riflette a voce alta il sindaco – i turisti sono stati tempestivamente salvati, soccorsi via mare, e non c’è alcun ferito. Ma mezza isola è andata in fumo».
Aspra anche la polemica sul ritardo dei soccorsi: ieri nel clou della emergenza non c’era praticamente nessuno a spegnere le fiamme. «Non è possibile- aggiunge Fantini – che per un’area come le Isole Tremiti, che rientrano nel Parco Nazionale del Gargano, che sono riserva marina, non sia previsto un servizio antincendio. E’ come se fossero state abbandonate, e devo ringraziare quanti, come i volontari, la gente del posto, la Misericordia di Termoli e la Regione Molise, che attraverso il presidente ci ha messo a disposizione un mezzo antincendio, dell’aiuto dato. Altrimenti non ce l’avremmo fatta».
E’ stato necessario l’intervento da terra di carabinieri, vigili del fuoco e volontari mentre in cielo hanno lavorato un elicottero del 115 di Pescara, due Canadair di Grottaglie e, oggi, due piccoli aerei per continuare gli scarichi d’acqua sui focolai che sono stati riattivati dal vento.

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