Economia & Lavoro

Ha lasciato il posto fisso per le gioie del cuore. “So di rischiare, ma ora la mia vita è colorata”

Emiliana Mazzatenta ha 37 anni, e dopo anni passati in ufficio come agente assicuratrice, con un contratto a tempo indeterminato, ha scelto di cambiare radicalmente registro e seguire la sua passione per gli accessori di artigianato creativo e il suo talento per i colori e gli abbinamenti. Così, a maggio scorso, è nato a Guglionesi "Le Gioie del Cuore", un negozio "che è la realizzazione di un sogno, anche se accompagnato da mille paure". Tanto lavoro, ore e ore alla macchina da cucire, la mannaia delle tasse e dei rischi di una professione autonoma, "ma che cosa straordinaria svegliarsi al mattino ed essere felice di andare a lavorare". La malattia, racconta, "ha cambiato le mie priorità. E adesso vivo fra i colori...".

Il tavolo da lavoro, alto e bianco, lo ha dipinto lei. Le pedane da esposizione, ricavate da bancali, anche. Le borse di paglia e stoffa, le fasce colorate, i cerchietti, le collane e i bracciali, perfino i sandali e le espadrillas: ha fatto tutto Emiliana. In questo negozio inaugurato in Viale Marconi a Guglionesi a maggio scorso ci trascorre tutto il giorno. Taglia, cuce, assembla, pialla, decora. E vende. I pezzi unici che inventa e realizza, accessori femminili pensati per ragazze e donne come lei, che si lasciano divertire da una borsa imprevedibile, da una decorazione floreale, da un accostamento insolito di materiali e colori.

Imprenditrice del suo talento a 37 anni, quando la vita l’ha messa di fronte a una domanda fatidica: “Ma io che voglio fare veramente?” .C’entra un lungo periodo di malattia, una degenza «che sembrava non dovesse finire mai», la sofferenza legata a una bruttissima infezione pericolosamente vicina al cuore. Quel cuore che Emiliana Mazzatenta, sopravvissuta, ha seguito nella sua declinazione più emozionante.
Così eccola qua: sorriso aperto, sguardo scintillante incorniciato da capelli sbarazzini, i tatuaggi attraverso i quali ha “inciso” i momenti più preziosi della sua vita. Sommersa da stoffe, fili, perline, fiori, che miracolosamente ritrova senza battere ciglio nel disordine – solo apparente e indubbiamente scenografico – della sua “postazione”.

Emiliana però non è una come tante ragazze che, non sapendo che fare, provano a trasformare un hobby in una professione. Perché lei, laurea in Economia Aziendale, una professione ce l’aveva. Una di quelle che la gente chiama un lavoro vero”. Agente assicurativo a Guglionesi, contratto indeterminato, contributi, ferie e malattia pagati. Davanti a lei una “carriera”, insomma.
«Ma non era quello che volevo fare realmente – confida Emiliana – non era il mio posto, insomma. Ci ho trascorso sette anni, e a un certo punto ho cominciato ad avvertire che era tutto sbagliato. Ha cominciato a pesarmi tutto, da studiare le polizze assicurative a stare in un ufficio dove la gente entrava per pagare, fino ad andare in banca a sbrigare le pratiche. Era diventato tutto insopportabile e fonte di malessere».

Così, il 31 dicembre scorso, è stato il suo ultimo giorno di lavoro. Nel 2017 si è concentrata sul suo progetto, e dopo mesi di preparazione ha aperto il negozio. «L’inaugurazione c’è stata il 20 maggio scorso e non mi posso lamentare di come sta andando: la gente entra, guarda, mi fa i complimenti, compra e sceglie. Ordina oggetti sulla base dei miei modelli e dei colori che propongo».
Emiliana parte da quelli, dalla sua immaginazione che mette insieme il rosso, il rosa e l’azzurro, che accende il giallo canarino con fiori scarlatti, che calibra il bianco con il blu del mare.
«Tutto comincia dai colori, dal loro accostamento» svela mentre sistema una fascia per i capelli «che poi è la cosa che mi diverto di più a fare, è un accessorio che amo tantissimo anche se non posso usarlo per colpa di questi capelli corti…» scherza scompigliandosi la chioma scura.
A questo tavolo rimane fino a tardi e al mattino arriva presto, si mette al taglio e alla macchina, seleziona pezze di stoffa e decorazioni, apre le scatole dei colori e dei lucidanti.

Tutto fatto da te?
«Sì, ogni cosa. Ora sto cominciando con le scarpe, e in programma ci sono anche gli abiti. Ma devo lavorare molto per non arrivare con gli espositori vuoti, quindi resto chiusa alcune ore al giorno. Ma un po’ alla volta ce la farò».

E’ una scelta azzardata, soprattutto per te che passi da un lavoro dipendente a uno autonomo.
«Certo, lo so D’altra parte ho due fratelli che fanno un lavoro autonomo, conosco i rischi legati a questa situazione. So che si tratta di rimboccarsi le maniche e fare tutto io, per pagare l’affitto, le tasse, sostenere i costi della partita iva. Però lo faccio volentieri. Mi sento rinata, anche se la paura resta e mi suggerisce di fare un passetto alla volta».

Come hanno preso questo “salto” a casa?
«Sono stata stimolata e sostenuta dal mio ragazzo, dai miei amici Marta e Francesco, che mi hanno dato una mano importante. E mia mamma… beh… all’inizio non era molto d’accordo. Ma ora che il progetto è partito e sta ingranando è contenta perché mi vede serena. Vede che se anche devo fare una nottata per finire un lavoro non mi pesa, non perdo il sorriso».

L’artigianato creativo è sul serio una gioia del cuore?
«Nessun dubbio. Spero che andrà avanti, ma se anche un giorno, vicino o lontano, dovrò alzare bandiera bianca, potrò dire a me stessa di averci provato. E poi, guarda, non ho investito una fortuna. Considerando che l’affitto qui a Guglionesi è sostenibile, e che il resto l’ho fatto io, e che le attrezzature le avevo perché da tanti anni questo è il mio grande hobby… beh, sarebbe stato imperdonabile non seguire questa passione».

Una passione che nasce da lontano, Emiliana?
«nasce da una borsa. Una borsa che avevo in testa una volta, e che ho cercato disperatamente in saldo senza riuscire a trovarla. Così ho comprato un pezzo di stoffa e l’ho cucita io. A mano, perché la macchina non l’avevo all’epoca. Faceva abbastanza schifo alla fine, ma l’aveva fatta io: avevo realizzato un mio progetto. E da lì non ho più smesso».

Troppo presto per avere rimpianti…
«Non credo che avrò rimpianti. L’obiettivo di un lavoro, per come la vedo io, non è arricchirsi, ma vivere in modo compatibile con i desideri più profondi. Altrimenti si finisce per sentirsi morti, aspettando un po’ di tempo libero che non basta mai e non è sufficiente a compensare la fatica di fare qualcosa che non si vuole fare».

E’ un grande atto di coraggio, in un certo senso.
«Il coraggio me lo infonde la serenità con la quale ora, ogni mattina, vengo al lavoro. E poi dopo tanti mesi di malattia, operazioni chirurgiche, specialisti, cardiologi, riabilitazione, paure e dolore mio e dei miei cari, le priorità cambiano. E il coraggio, chissà come, riesci a trovarlo».

Per un salto nel buio?
«Diciamo per un salto fra i colori» (mv)

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