Cronache

Dalla cattura di Riina la lezione di Aspide: “Sconfiggere la mafia? Ragazzi, ribellatevi”

Un insegnamento di legalità e di vita per gli studenti del Liceo Scientifico e dell’Istituto Nautico di Termoli che stamane 25 maggio hanno potuto incontrato Aspide, uno degli uomini del reparto speciale dei Carabinieri che il 15 gennaio 1993 arrestarono Totò Riina, all’epoca il capo dei capi di Cosa Nostra. Arrivato scortato da due uomini del Ros e senza mai togliersi il passamontagna per non essere riconoscibile, l’ex militare ha raccontato la cattura del numero uno della mafia siciliana. «Paura? Certo che ne abbiamo, ma serve a farti ragionare» ha detto il protagonista dell’evento curato dal Lions Tifernus. E alle domande dei ragazzi ha risposto spronandoli. «Voi potete sconfiggere la mafia. Lottate per i vostri sogni».

Arriva all’hotel Meridiano di Termoli quando l’incontro organizzato dal Lions Tifernus è già in corso da qualche minuto. Nessuna scortesia, semplice precauzione. Non può abbassare la guardia nemmeno adesso, a venticinque anni da quel giorno che cambiò la lotta alla mafia. Per questo indossa un passamontagna e una divisa mimetica, non deve essere riconoscibile in ambienti pubblici. Lui è Aspide, uno degli uomini che il 15 gennaio 1993 catturarono Totò Riina, il capo dei capi, l’uomo che si era preso tutta Cosa Nostra e i suoi affari criminali a forza di omicidi di rivali mafiosi, politici scomodi, forze dell’ordine integerrime. Fino all’uccisione di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino che ha fatto scattare, forse tardivamente, la reazione dello Stato.

Pochi mesi dopo le stragi, quella cattura in un mattino di gennaio che fece il giro del mondo. Trascorso un quarto di secolo, Aspide arriva a Termoli nella mattinata di giovedì 25 maggio per una lezione di legalità che alla fine si dimostrerà una lezione di vita. Non fa cenno alle polemiche, all’indagine sulla trattativa Stato-Mafia, al processo che il suo capitano dell’epoca, noto al grande pubblico col nome di battaglia Ultimo, ha dovuto subire uscendone assolto. Per Aspide non è un giorno di veleni.

Incalzato dalle domande del giornalista Giovanni Mancinone, l’ex carabiniere risponde con calma e dovizia di particolari a tutti i quesiti, compresi quelli interessati e ricchi di spunti da parte degli studenti presenti in sala. Decine di ragazzi del Liceo Scientifico e dell’Istituto Nautico affollano la sala ricevimenti dell’hotel Meridiano assieme ai membri del Lions Tifernus che ha organizzato l’evento.

Iniziato ricordando i tempi del suo arrivo a Milano, del primo arresto eccellente e della conoscenza con Ultimo. «Capimmo che le nostre idee coincidevano. Avevamo gli stessi sogni e gli stessi ideali. Decidemmo di creare un gruppo chiamato Crimor. Selezionammo personalmente, a uno a uno, tutti i componenti». Il discorso si sposta su due grandi magistrati. Prima Ilda Boccassini a Milano «che era sempre pronta ad ascoltare e consigliare. Con lei seguimmo l’indagine chiamata Duomo Connection». Riferisce di un particolare pedinamento fino a Palermo della famiglia mafiosa siciliana Fidanzati che risiedeva in Lombardia. «Riuscii a scattare delle foto. Le sviluppammo e le guardammo con la Boccasini, ma ci dicevano poco. Le mandammo a Falcone che piombò a Milano il giorno dopo. Avevamo documentato una riunione fra famiglie mafiose per decidere dell’appalto sull’acquedotto di Palermo».

La mente va a Giovanni Falcone. «Una volta disse “io sono siciliano come loro ma sto dalla parte dello Stato”. Capimmo che dovevamo entrare nel modo di vivere dei mafiosi. Solo così cominciammo a decodificare il loro linguaggio e a pensare come loro». È alla fine dell’inchiesta Duomo Connection che la Crimor viene «catapultata a Palermo. Non ci concentrammo tanto sulla latitanza di Riina ma su tutti i soggetti mafiosi che aveva sotto di lui».

Quindi svela dei particolari decisivi. «La sera del 14 gennaio 1993 Ultimo mi chiamò dicendomi di far visionare a una persona da poco arrestata dei filmati che avevamo fatto. Quella persona (Balduccio Di Maggio, ndr) era stata l’autista di Riina e si era dato latitante quando aveva capito che il boss voleva ammazzarlo. Nei filmati riconobbe Ninetta Bagarella, la moglie del boss. Ma noi eravamo lì, fuori dal palazzo dove viveva e quei filmati li avevamo girati. Eravamo a un passo da Riina». Un modo per ribadire che la cattura non fu legata a una soffiata, ma un preciso lavoro di indagine. «Lo chiamavano aquila, leone. Per noi il suo nome in codice era Sbirulino, era un pagliaccio». Parole forti contro il crimine organizzato quando si è parlato degli attentati. «Le misure di sicurezza erano adeguate. Lo Stato fa quello che può contro i mafiosi che sono vigliacchi. Possono colpire ovunque, penso che l’Isis li abbia copiati».

Gli studenti mostrano interesse e conoscenza della materia, forse proprio grazie alle fiction televisive. Piovono domande a cui Aspide ha risposto con calma e cortesia, apprezzandone in molti casi il tema. «Certo che abbiamo paura, ma la paura ti fa ragionare e agire razionalmente. Timore che ci fosse un corrotto fra di noi? Il sospetto c’è sempre stato, per questo davamo false informazioni che poi andavamo a verificare. Ma i nostri uomini li abbiamo scelti personalmente».

Precisato che «se potessi tornare indietro sceglierei ancora questa vita», una ragazza chiede come si concilia questa missione con la famiglia. «Ho una moglie che è una gran donna e ha capito che la mia vita era il mio mestiere, mi ha dato tre figli che ho visto nascere per poi rivederli quando già camminavano. La mia famiglia ha sofferto più di tutti».

Si succedono gli interventi del presidente Lions Antonio Liberatore, di Silvestro Belpulsi, del generale dei Carabinieri in congedo Tonino Di Iulio e del maggiore dell’Arma di Termoli, Fabio Ficuciello. «Falcone una volta ha detto che oltre alla mafia va combattuta la mafiosità – le parole del numero uno dei carabinieri in Basso Molise -. È l’approccio mentale che chiunque può avere, si può essere mafiosi in tanti modi. Non lo si è pagando le tasse, indossando il casco o la cintura, capendo che la propria libertà finisce dove inizia quella altrui. Per noi Aspide è un esempio».

L’ospite della giornata non manca di accennare al Molise, citando l’operazione Mosca con l’accertamento di un traffico di rifiuti della camorra che venivano interrati nelle campagne di Campomarino, il confino a Rotello dell’ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino e altre vicende. «Non ci sono soggetti mafiosi autoctoni in Molise, ma sicuramente infiltrazioni da Campania e Puglia» specifica. Il suo insegnamento, in due ore di confronto, può essere racchiuso in una delle risposte fornite agli alunni. «La mafia si sconfigge ragionando in modo diverso, voi siete il futuro e potete farlo. Dovete difendere i vostri sogni. Lottate, ribellatevi». (sdl)

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