La lettera

“Mio padre ha rischiato la vita durante la festa”: un anno dopo ancora troppi silenzi

Il 25 maggio del 2016 Domenico, uno dei 120 Carrieri della suggestiva processione di San pardo, è stato travolto da due mucche imbizzarrite, del carro che seguiva il suo, perché ustionate dal fuoco della fiaccolata. Trasferito d’urgenza al San Timoteo, dove i medici gli hanno salvato la vita con un intervento d’urgenza, ha passato due mesi in ospedale prima di poter ritornare alla sua vita. Oggi, a distanza di un anno esatto, parla il figlio, Daniele, in una bellissima lettera aperta alla comunità in cui non colpevolizza nessuno, ma sottolinea la mancanza di solidarietà collettiva per un evento drammatico, sul quale purtroppo non è mai stata fatta chiarezza. Con la beffa di un contratto assicurativo ora superato, che non ha garantito nemmeno un piccolo rimborso alla vittima. «Il clima di sconcerto e di timore – racconta pieno di amarezza il ragazzo - è stato via via sostituito da quello della paura di affrontare il fatto avvenuto, di divulgarlo, evitando di capirne tutte le avversità potenzialmente dannose». Una lettera per sensibilizzare, oltre che ricordare, con la speranza che possa servire a migliorare la percezione del bene comune e della stessa festa di san pardo, una delle più suggestive e belle del territorio.

«Cari concittadini larinesi, nel 1887 il sociologo tedesco Ferdinand Tönnies consegnava alle stampe il suo lavoro più celebre dal titolo Comunità e Società. In maniera più che sintetica e tenendo ben presente il contesto storico della nascente «società di massa», il senso dell’opera riguarda la distinzione tra un’appartenenza forte, basata sui legami diretti tra le persone e sulla condivisione di tradizioni antiche e rispettate – la comunità, appunto – ed una forma più impersonale, meno solidale – la società – che antepone ai valori appena citati l’interesse individuale e razionale, indebolendo, come naturale conseguenza, anche i forti legami comunitari. Desidero, allora, utilizzare questo riferimento come base di partenza e spunto di riflessione per introdurre le brevi considerazioni che vi indirizzo in questa lettera.

Un anno fa, come a tutti noto, la serata inaugurale della nostra amata festa cittadina ha fatto da cornice non solo alla splendida fiaccolata tra i due luoghi sacri che legano Patrono e Compatrono ma anche ad uno spiacevole, se non drammatico, verificarsi di dolorosi e inaspettati eventi.

Tra le diverse vicende che hanno interessato alcuni dei fedeli partecipanti, la mente corre all’episodio principe per origine e per danno. Mio padre, uno dei 120 Carrieri che ogni anno affrontano tanti sforzi per onorare la propria devozione, ha rischiato la vita per la furia di due mucche sbizzarrite – pare poiché bruciate da un’improvvida fiaccola – colpevoli solo di dar sfogo al loro dolore, trainando un carro ormai incontrollabile, travolgendo e colpendo cosa o chi si ponesse a tiro.

Agli ovvi momenti di panico di chi vedeva sopraggiungere gli impeti bovini, innescando un effetto a catena non troppo rassicurante, e a quelli più tranquillizzanti occorsi una volta fermate le bestie, sono seguiti però anche i momenti di dolore. Domenico, questo il nome dello sfortunato Carriere, è rimasto riverso a terra, nel suo sangue e senza sensi per un po’ prima che una autoambulanza lo portasse al nosocomio termolese, un intervento chirurgico notturno gli salvasse la vita fermando le varie emorragie e ricomponendo le ossa fratturate del bacino e dei muscoli lacerati, due mesi di ospedalizzazione e di fisioterapia gli riconsegnassero, grazie al cielo, il passo di un uomo che può badare a sé stesso.
Il clima di sconcerto e di timore – rapidamente smaltito nell’immediato prosieguo delle processioni festose – è stato via via sostituito da quello della paura: non quella relativa a cosa e come mai gli accadimenti avessero restituito ma la paura ben più radicata di affrontare il fatto avvenuto, di divulgarlo, evitando di capirne tutte le avversità potenzialmente dannose. Con la timorosa idea di non poter godere più della nostra meravigliosa festa primaverile o non poterlo fare in totale leggerezza d’animo, sono stati davvero pochissimi coloro che hanno espresso tutta la loro voglia di conoscere e andare a fondo nella vicenda anche chiamando in causa istituzioni e organizzazioni interessate, finora defilate in un quasi assordante silenzio.

I dolori di un uomo, e non solo i suoi, sono apparsi poca cosa rispetto all’ammonimento del destino in momenti di tale gravità, avendo ben cura di confinare il tutto in un facile e comodo dimenticatoio, evitando noiose ingerenze o spiacevoli non-autorizzazioni. Certamente, ognuno è apparso dispiaciuto della sorte del malcapitato, nessuno – o quasi – fermamente disposto a far luce sull’accaduto al fine di comprenderlo ed evitarlo nei giorni a venire.
Ad oggi, 25 maggio dell’anno successivo, restano disattese ancora alcune domande: cosa è successo? perché? e di chi le colpe ove ne fossero? e in tal caso, quali sistemi e misure adottare per scongiurare il ripetersi di analoghi fatti tristi?

Non solo. Con la solita ironia, il destino ha anche invaso i campi dell’infortunistica e della responsabilità civile. Mio padre, infatti, non è solamente incappato in una mucca sbizzarrita, un carro fuori controllo o in una fiaccola di troppo, ma anche in una contrattualizzazione assicurativa che gli ha negato finanche un solo centesimo per il suo grave danno. La ragione del diniego, a rigor di clausola, è stata quella di essere un Carriere, un partecipante diretto alla processione e quindi non idoneo ad un seppur minimo ma moralmente utile rimborso. Sia chiaro, e senza dubbio alcuno, che il bene più prezioso è sempre la vita ed io, la mia famiglia e penso tutti voi, siamo davvero contentissimi che Domenico sia ancora qui, con o senza indennizzi vari.
Per tutti questi motivi, però, permettetemi di non nascondere il mio sdegno. Dopo tutte le molteplici situazioni che mio padre e noi familiari abbiamo vissuto nel corso di tutto l’anno trascorso, ancora oggi vedo un intenso buio – fiaccole a parte, dunque – circa cosa, come e perché sia successo e scorgo una generale mancanza di una coscienza collettiva, comunitaria, solidale e risolutoria verso i fatti passati al fine di non doverli mai più affrontare nel futuro; non vedo altro che la spensierata voglia di porsi tutto alle spalle, preparare e ornare di nuovo a festa l’amato carroed i giocondi animali per onorare il Santo come se nulla fosse avvenuto, come se la questione non riguardasse una intera comunità.

Vedo bene, al contrario, che bastava una clausola in più o in meno da un mero contratto assicurativo per vedersi garantiti i propri diritti ed i propri danni: oggi, fortunatamente ma soprattutto grazie a Domenico, il rischio sembra poca cosa poiché la clausola tiranna fa parte di un contratto ormai vetusto e accantonato. Bene e finalmente, lo ripeto, bene e finalmente ma se bastava annullare delle clausole per cambiare un contratto, il povero Domenico avrebbe fatto molto volentieri a meno di incontrare la foga delle vacche attinte e del loro carro nell’anno contrattualmente sfortunato; se proprio tanto serviva a far accendere le luci della (vera?) garanzia, allora sarebbe stato meglio un incidente in un anno più tutelato.

Povero Domenico, permettetemi di nuovo, che ancora non sa cosa sia veramente successo e nessuno glielo sappia dire o indicare. È passato un anno senza sapere cosa si sia appreso dagli eventi accaduti e, ahimè, senza volerlo neanche capire davvero, rendendo la solidarietà un concetto vano, finanche tra una comunità di larinesi prima, Carrieri poi.

A distanza di 130 anni dalla pubblicazione dell’opera di Tönnies con il suo schema dialettico comunità-società, nel giorno dell’amata festa di San Pardo, scrivo a tutti noi larinesi chiedendo quale sia la scelta della nostra cittadinanza e quale la miglior direzione da intraprendere per far tendere al meglio il nostro vivere comune, magari non aspettando eventi dolorosi per far scuotere le nostre coscienze individuali e collettive.
Se lo chiede anche mio padre, Domenico, che nel frattempo è lì, di nuovo in piazza ad onorare il Santo perché è solo nel sacro della sua devozione che ha trovato una piena solidarietà.


Buona festa di San Pardo»
Daniele Mezzapelle

Più informazioni
commenta