La battaglia per la salute

“Malati per l’aria inquinata”: le mamme si imbavagliano contro i “veleni” della centrale

Entro luglio i giudici del Tar Molise si pronunceranno sui tre ricorsi presentati da Herambiente, la società che vorrebbe ampliare l’inceneritore costruito a Pozzilli per bruciare rifiuti provenienti anche da altre regioni. Davanti al Tribunale di via San Giovanni, dove oggi si è svolta l’udienza di merito, la protesta pacifica dei cittadini dell’area venafrana: «Nel nostro territorio sono aumentati tumori, leucemie, aborti e malattie cardiovascolari senza che la centrale produca particolare benefici dal punto di vista occupazionale». Al loro fianco anche gli amministratori dei Comununi dell’hinterland.

Il volto coperto dalle mascherine sanitarie: probabilmente per chi abita nel Venafrano potrebbe diventare l’unico sistema di difesa per evitare di respirare aria inquinata. Polveri sottili che si infilano nei polmoni e nel sangue. Tumori, leucemie e malattie cardiovascolari sono in crescita in quella zona del Molise. Qui sono aumentati del 30% gli aborti, secondo un dato fornito dall’Asrem. «Ci ammaliamo e moriamo a causa dell’inquinamento. Temiamo per la salute dei nostri bambini», le mamme che abitano tra Pozzilli e Venafro sono in rivolta da tempo. Quel fazzoletto di terra – a detta loro – è stato avvelenato da alcune fabbriche fra cui il termovalorizzatore di Herambiente.

Cinque mesi dopo il corteo di protesta a Venafro, davanti al Tribunale amministrativo di Campobasso si svolge il sit-in pacifico di cittadini e sindaci. All’interno del palazzo di via San Giovanni, davanti al collegio presieduto dal giudice Silvestri, si discutono i tre ricorsi presentati da Herambiente che vorrebbe portare al massimo la capacità dell’impianto. Gli effetti? La possibilità di bruciare non solo i rifiuti del Molise, ma anche quelli delle altre regioni, a detta degli oppositori. L’azienda vorrebbe cambiare pure il materiale da bruciare.

La società ha contestato la delibera della giunta regionale (del 19 maggio 2015, numero 231) con cui sono state chieste alcune variazioni all’impianto di coincenerimento dei rifiuti. Non solo. Herambiente ha impugnato la cosiddetta Aia, l’Autorizzazione integrata ambientale rilasciata a luglio 2015 sempre dalla Regione e che ha fissato un limite: al massimo si possono bruciare 93.500 tonnellate all’anno di rifiuti. Troppo pochi secondo il parere dell’azienda. Infine, è stato impugnato pure il Piano regionale dei rifiuti del 2016 e la Valutazione ambientale (Vas). Atti di cui chiede l’annullamento il professore Giuseppe Caia, legale rappresentante di Hera assieme all’avvocato Vincenzo Iacovino. «In Molise – il presupposto da cui parte Caia – ci sono ancora due discariche che sappiamo dovranno essere dismesse, studi scientifici hanno dimostrato che le discariche inquinano più degli impianti di incenerimento».
Caia definisce grave il comportamento del governo di palazzo Vitale: «La Regione ha violato l’articolo 120 della Costituzione perché impedendo di fatto la possibilità di recepire in questo impianto rifiuti provenienti anche da altre zone limitrofe che sono in grave deficit si pone una barriera amministrativa della quale non c’è bisogno. Ma la cosa paradossale è che tutti questi atti impugnati hanno allegati di carattere tecnico che sono pienamente favorevoli al funzionamento dell’impianto». Inoltre, evidenzia, «l’impianto aveva già ricevuto una Valutazione ambientale strategica favorevole» e che il pericolo di inquinamento dell’inceneritore «è generico, ma non dimostrato».

Chi si oppone all’ampliamento della centrale la pensa esattamente al contrario. Quell’impianto intossica l’ambiente. Tanti cittadini comuni non vogliono piangere più per le morti premature. Le donne, in prima linea in questa battaglia, sono preoccupate per la salute dei loro figli. «Stiamo pagando per scelte scellerate. Qualcuno ha nascosto la polvere sotto il tappeto: se la questione veniva affrontata 12 anni fa, non si arrivava a questo punto. Il territorio è saturo quando doveva diventare la Valle d’Aosta del sud Italia», confidano due mamme in attesa dell’inizio dell’udienza. «Nel nostro territorio 70 bambini hanno difficoltà di apprendimento. L’Asrem ha certificato che gli aborti sono aumentati del 30%. Senza che ci siano particolari benefici dal punto di vista occupazionale: in Hera lavorano 25 persone».

Le associazioni ‘Mamme per la salute’ e ‘Donne 29 agosto’ si sono costituite in giudizio. A rappresentarle in aula una giovane avvocatessa, Carmela Auriemma: «L’impianto è catalogato dal legislatore come insalubre. Inoltre, si trova da tempo in un sito che già presenta criticità ambientali, la società chiede di aumentare il quantitativo da incenerire e cambiare il tipo di combustibile sostituendolo con uno di meno pregio. Per questo, siamo intervenuti contro il ricorso di Herambiente».

Il primo campanello di allarme è suonato una decina d’anni fa, quando un ragazzo di soli 21 anni è morto di leucemia a Santa Maria Oliveto, una frazione di Pozzilli. A Roccavivara i decessi per tumori non si contano più. Per questo, affianco alle mamme c’è pure don Giuliano. Chi conosce il prete racconta che «è stanco di andare nelle case per dare l’estrema unzione ai morti, per questo è con noi».

Pure Comuni e associazioni si sono ribellati alla centrale. In trincea, fianco a fianco, un fronte ampio: i Municipi di Montaquila e Venafro, difesi rispettivamente dagli avvocati Alfredo Ricci e Arianna Vallone; la Provincia di Isernia rappresentata dall’avvocato Roberto Gianmaria e il Parco dell’Olivo, difeso dal legale Adele Russo.
Si è costituita in giudizio la Regione Molise difesa dall’Avvocatura dello Stato. Parte in causa anche il Codacons con gli avvocati Massimo Romano e Pino Ruta, le aziende Smaltimenti Sud e Giuliani Environment, rappresentate dai legali Salvatore Di Pardo, Giuliano Di Pardo e Nicola Scapillati. Si sono tirati fuori da questa battaglia il Comune di Pozzilli, in cui sorge l’inceneritore, l’Arpa e il Consorzio industriale di Pozzilli.

«Esiste il principio di precauzione», il punto da cui parte l’avvocato Alfredo Ricci. «Se esiste anche soltanto un dubbio dal punto di vista scientifico delle conseguenze dannose per la salute e l’ambiente che possano derivare da un’attività pericolosa, e in questo caso stiamo parlando di un impianto di coincenerimento, si pongono dei limiti. Questo è un principio di diritto europeo, presente nel nostro ordinamento e che su base scientifica è stato applicato dalla Regione. Parliamo di un territorio che risente di una forte mortalità di tumori, un tasso di abortività molto più alto della media e che è concatenato con qualcosa che non va. Questo impianto deve essere ridimensionato».
Entro luglio l’atteso verdetto dei giudici su quella centrale sospettata di aver il Venafrano.

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