Cronache

La direttrice di Telemolise: “Contro di me un processo fascista, i colpevoli pagheranno”

Il giorno dopo il verdetto di assoluzione del Tribunale del capoluogo pugliese Manuela Petescia non molla e annuncia che il pm di Bari, Pasquale Drago, è indagato a Lecce sulla base di un esposto presentato dalla stessa direttrice di Telemolise. In una conferenza stampa, con al fianco gli avvocati Erminio Roberto e Paolo Lanese, ricostruisce quella che definisce la sofferenza dell’ultimo anno e mezzo: «Io e Fabio Papa siamo stati massacrati. Per fortuna si sono aperti altri fascicoli giudiziari in altre sedi. Ieri si è chiuso un capitolo, oggi se ne apre un altro, con i veri imputati: Paolo di Laura Frattura e Salvatore Di Pardo, autore l’uno, testimone l’altro di una denuncia basata su elementi falsi».

Capelli curati, un filo di trucco, una tunica nera dai risvolti grigio perla. La direttrice di Telemolise Manuela Petescia affronta i giornalisti 24 ore dopo il verdetto di assoluzione del Tribunale di Bari. Fine di «un processo di stampo fascista» in cui «io e Fabio Papa siamo stati ingiustamente massacrati». Tentata estorsione, tentata concussione, violazione del segreto istruttorio sono state le accuse da cui hanno dovuto difendersi nel corso dei sedici mesi del processo.

«Secondo il dispositivo del giudice, i fatti non sussistono», scandisce con nettezza la Petescia leggendo i fogli con il canovaccio che aveva preparato nelle ore precedenti la conferenza stampa. All’hotel San Giorgio non ci sono solo i giornalisti, ma anche alcuni amici (come Manuele Martelli e Pasquale Terzano) e gli esponenti dell’Ordine dei giornalisti Pina Petta e Cosimo Santimone.
Accanto a lei gli avvocati Erminio Roberto e Paolo Lanese che, assieme ad Arturo Messere, hanno fatto parte del pool legale a cui si è affidata. «D’ora in avanti non esiterò a denunciare chi si prestasse a mitigare la portata della nostra assoluzione da tutto, totale e completa, o a insinuare dubbi».

Definisce «una storia di miserie umane» quella di cui è stata protagonista. La racconta come un fiume in piena: «Quello che è stato capace di inventare, nel silenzio di tutti, il presidente della Regione Molise non ha riscontri in nessun posto al mondo: sedersi in una Procura e denunciare una cena estorsiva mai avvenuta con 14 mesi di ritardo rispetto al tempo in cui si sarebbe consumato il reato e senza indicare la data precisa, non ha eguali».

Per il direttore di Telemolise «è la fine della giustizia» ma «per fortuna si sono aperti altri fascicoli giudiziari in altre sedi». «E’ oggetto di indagini» la Squadra Mobile che tre anni fa la direttora aveva denunciato per calunnia. Così come ha denunciato Giuseppe Annicchiarico, colui che la dirigeva nel 2012. Il suo calvario inizia quell’anno, quando il suo cellulare comincia a essere controllato. «Grazie alla Questura di Campobasso mi trasformo in pochi mesi in pericoloso criminale, puttana e amante di due persone contemporaneamente», alza la voce la Petescia.

Intercettazioni che il presidente della Regione porta all’attenzione del Tribunale di Bari. «Ci costruisce sopra una cena, inventata di sana pianta ma che possa determinare l’uscita di scena di due persone scomodissime: il magistrato che indagava sulla Biocom e la giornalista che mandava in onda a reti unificate i suoi affari. Paolo di Laura Frattura e il suo testimone Salvatore Di Pardo hanno agito con le spalle coperte, sia chiaro e anche questa circostanza è stata denunciata ed è oggetto di indagine».

Al tempo stesso il pm di Bari Pasquale Drago, colui che secondo Petescia «cestina la mia denuncia e consente l’apertura di un processo a Bari sulle carte manipolate e da me denunciate», finisce sutto inchiesta a Lecce slla base di un esposto presentato al pg della Cassazione dalla stessa giornalista. E la stessa Petescia a rivelarlo. A suo avviso, «il processo di Bari non sarebbe mai dovuto nascere, viziato alla base da una serie di enormi falle» a cominciare «dal ritardo nella presentazione della denuncia, avvenuta 14 mesi dopo».
Il fatto che il fascicolo sul pm di Bari Drago sia finito a Lecce è un semplice fatto tecnico. Il pg della Cassazione ricevendo l’esposto di Manuela Petescia che riguarda proprio il processo di Bari, prima ancora di valutare se vi fossero eventuali notizie di reato nell’esposto ha dovuto – per regolamento – tramettere l’esposto a Lecce, cioè al distretto giudiziario dove per competenza si devono valutare le vicende che hanno fra i protagonisti i magistrati del distretto di Bari.

Da imputata la direttora diventa accusatore. «Ieri si è chiuso un capitolo infernale – rimarca – oggi se ne apre un altro, con i veri imputati: Paolo di Laura Frattura e Salvatore Di Pardo, autore l’uno, testimone l’altro di una denuncia basata su elementi falsi».

Finisce un incubo anche per Papa, a cui erano stati contestati alcuni reati come l’abuso d’ufficio. «Il giudice ha riconosciuto la correttezza dell’operato del magistrato che ha agito nell’esercizio delle sue funzioni», spiega l’avvocato Lanese.

I riflettori sulla ‘cena dei ricatti’ difficilmente si spegneranno oggi. Anzi, questa storia potrebbe avere degli strascichi: il governatore, ad esempio, potrebbe far ricorso contro la sentenza. «Non temiamo l’Appello – sottolinea l’avvocato Erminio Roberto – anzi su qualche giornale ho già letto che si riuscirà a dimostrare l’esistenza della cena. Noi tante volte abbiamo chiesto la data della cena. E’ impossibile che si sia svolta nell’unico giorno indicato – il 22 novembre – perché il presidente Frattura era a Termoli. Credo sia impossibile dimostrare una cena a chiacchiere: gli atti del processo dicono altro».

Il legale insiste su un punto controverso della storia: «Se la cena ci fosse stata, Frattura avrebbe avuto il dovere di interromperla e recarsi presso le forze dell’ordine a denunciare quello che si era verificato. Invece ha atteso tanto tempo per denunciare perché questa cena è evidente che non c’è stata».

Infine, probabilmente anche per l’avvocato Roberto c’è qualche ‘falla’ nel sistema giudiziario: «Non capiamo perché le denunce della dottoressa Petescia e del dottor Papa non sono state neppure iscritte sul registro di notizia dei reati. E questo ci fa capire che qualcosa non è stato fatto nel rispetto delle norme del codice di procedura».

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