Società & Costume

Chef imprenditore oltremanica. “Nessuno avrebbe scommesso su di me, ora aiuto i giovani”

Giuseppe Notarangelo da cinque anni vive e gestisce in Inghilterra un pub con ristorante italiano e b&b. «Prima ho lavorato in Irlanda come cuoco, ma il mio sogno era di aprire una mia attività e ci sono riuscito - racconta in un momento di pausa con una chiacchierata via Skype - Su di me nessuno avrebbe scommesso mai, invece ora sono un trampolino di lancio per i giovani, quelli che capiscono l’opportunità che gli offro e ne approfittano per fare esperienza e crescere».

Dall’alberghiero di Termoli all’Inghilterra ne ha fatta di strada. E pazienza se quel diploma gli è costato anni e anni di duro lavoro, sacrifici e impegno. Perché lui voleva stare in cucina e fare il cuoco ovunque, purché avesse la giacca bianca, il cappello e ingredienti da mescolare e trasformare in piatti. E ci è riuscito benissimo, visto che ora, a più di dieci anni dalla maturità ha aperto una sua attività in Inghilterra dove propone piatti italiani. «Su di me nessuno avrebbe scommesso mai – racconta Giuseppe Notarangelo con una telefonata su Skype mentre si prepara a riavvolgere il nastro della memoria e tornare all’inizio della sua vita oltre il Molise – ora invece faccio il lavoro che volevo fare da sempre, ho avviato una mia attività, sto lavorando per aprirne un’altra e offro ai ragazzi giovani la possibilità di fare esperienza e lavorare qui da me, anche se non tutti lo capiscono».

Giuseppe Notarangelo, 33enne larinese, in una tranquilla cittadina inglese vicino Bristol, «come se fosse la Toscana in Italia», ha aperto il suo pub – The Fox Inn – con ristorante italiano e B&B al piano di sopra. «Ho ribaltato tutto all’interno del locale, in cinque mesi grazie al lavoro fatto con i miei ragazzi abbiamo risistemato tutto, avevo carta bianca quando l’ho preso così ho potuto fare ciò che volevo per renderlo il più accogliente possibile». Sul suo menù compaiono tutti piatti italiani: «La cosa più difficile è tradurli, quindi spesso il nome resta in italiano e la spiegazione è in inglese», con prodotti che vengono dalla Penisola e anche da casa sua, «come l’olio, a Larino i miei genitori lo producono così io lo faccio arrivare qui e quando posso scendo a casa nel periodo della raccolta delle olive per dare una mano».

Prima da Bobo come cuoco, «lui è il mio terzo padre, il primo è il mio papà naturale, il secondo è il professor Granchelli dell’alberghiero di Termoli. Qualche anno fa venne in Inghilterra con la scuola, io lo andai a prendere in auto in piena notte facendo otto ore di viaggio tra andata e ritorno. Arrivato qui partecipò alla festa italiana che organizzo ogni anno: avevo allestito per lui un angolo dove si mise e preparare pasta in casa, dopo dieci minuti le donne del paese erano attorno a lui a impastare, per loro è stata una cosa nuova». Poi a Campobasso e da lì il passo che gli ha cambiato la vita: volare fino in Irlanda grazie ad un amico che gli propose di lavorare come chef. «Avevo paura, non sapevo la lingua e questo mi frenava, ma ho comprato il biglietto dopo tre giorni dalla proposta e ho detto a mia madre: vado a vedere e a provare, se non mi piace torno a casa, ma quando guadagni 700 euro a settimana e sei soddisfatto resti lì volentieri».

Da allora però a casa a Larino torna solo un paio di volte all’anno, perché nel frattempo ha trovato la sua compagna di vita, una ragazza polacca conosciuta in Irlanda che gestisce la sala del ristorante, e ha girato anche un po’ il mondo con una tappa di qualche mese alle isole Mauritius. «Quando mi sono dovuto fermare per una operazione e il medico mi ha consigliato riposo assoluto e un posto caldo, avevo colleghi di quelle zone che mi parlavano della loro terra e mi facevano vedere foto, ero curioso e avevo detto che prima o poi ci sarei andato. Anche lì sono finito a cucinare per gli amici grigliate in spiaggia, ma ho anche preso contatti e chissà che prima o poi tornerò per aprire qualcosa, quando mi stancherò di stare in questa nazione grigia».

Intanto le sue giornate sono impegnate nel lavoro e nel dare delle opportunità ai ragazzi. «Con me ci sono ragazzi italiani, un termolese, un sardo, un romano che presto mi raggiungerà e sono pronto a collaborare con la mia scuola per far venire qualche ragazzo a lavorare da me. Io dico sempre che sono un trampolino per loro, è una grande opportunità, aprirsi al mondo, imparare a lavorare e anche la lingua. Non tutti però apprezzano e alcuni tornano nel nido di mamma e papà per una sicurezza che in realtà è finta. Qui gli italiani preparati ed esperti sono apprezzati e vengono ascoltati. Io ora sono orgoglioso del mio lavoro e sono contento di poter aiutare i giovani, lo farò fino a quando avrò le forze, questo è un lavoro impegnativo che va fatto fino a quando si ha la forza, poi chissà, magari vado davvero alle Mauritius».

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