Politica

Pd, Palombo dice addio: “Tanti altri se ne andranno. Frattura? Con lui se vince le primarie”

E’ stato per anni segretario cittadino, uomo di punta della sinistra Dem e membro dell’Assemblea nazionale, ma da ieri Nicola Palombo non fa più parte del Partito Democratico. «Ormai è geneticamente modificato, chiunque vinca le Primarie. Non mi ci ritrovo più, aderisco ad Articolo 1 Mdp». Sulle regionali il giovane montenerese auspica le primarie. «Se dovesse vincerle Paolo Frattura lo appoggeremmo».

Il Partito Democratico in Molise perde un altro pezzo. Alla vigilia delle primarie che dovranno decidere il nuovo segretario, Nicola Palombo ha ufficialmente comunicato il suo addio, per altro nell’aria da tempo. Lascia il ruolo di capogruppo in consiglio comunale insieme a Margherita Rosati comporrà un nuovo gruppo. Ma soprattutto lascia la carica di segretario cittadino a Montenero di Bisaccia, la guida della Sinistra Dem in Molise e il suo posto, per altro da uscente, nell’Assemblea nazionale del Pd. Trentatré anni, due anni fa candidato sindaco nel suo paese, si professa da sempre uomo di sinistra. Nel suo studio politico in via Valentina si presenta con una t-shirt rossa (il colore non è un dettaglio) e una scritta: “Verità per Giulio Regeni”. «Il partito lo lascio così, con questa frase».

Nicola, la curiosità non è tanto sulla tua uscita dal Pd che era pronosticabile, quanto sulla tempistica. Perché proprio ora che ci sono le Primarie?
«Per due motivi: uno pratico, legato all’attesa del rientro a Montenero di Margherita Rosati che era in gruppo consiliare con me. La seconda ragione è politica: lo faccio prima delle primarie, perché non si dica che lascio perché ha vinto Renzi».

Vincerà lui?
«Non è tanto quello il punto. Anche dovessero vincere Orlando o Emiliano, ormai quello è un partito geneticamente modificato».

Che intendi?
«Non vedo più un partito che stia sopra gli interessi personali, non vedo le politiche giuste. La riforma della scuola, quella del lavoro, quella della Costituzione, miravano a indebolire le forze sociali. Le politiche economiche adottate dal governo Renzi non erano di sinistra. I bonus a pioggia non favoriscono l’equità sociale».

Nemmeno il congresso poteva servire per ritrovare l’unità?
«Ma è un congresso falso, un rito abbreviato dove non c’è contendibilità, senza discussione. Io sono stato in minoranza nel partito e va bene. Non ci sto a essere minoritario, a rimanere minoranza per sempre senza poter modificare i rapporti di forza».

Non deve essere stato facile però.
«Non è una decisione presa a cuor leggero. È stata sofferta, ma sono stati quattro anni difficili per me e ormai si era rotto qualcosa. Dall’analisi che ho fatto, non ritrovo più il progetto del Pd, non c’è motivo di stare assieme. Eppure lascio tanti compagni con cui mi auguro ci ritroveremo».

Quanto ha influito nella tua scelta la decisione del Pd regionale di non appoggiarti alle elezioni comunali nonostante guidassi una lista col simbolo Pd?
«Non molto direi, anche se è innegabile, quella scelta grida vendetta. Però il Pd di Montenero fu compatto con me. Quello regionale no, la Fanelli preferì non venire a sostenermi. Ma non è per questo che lascio il Pd».

Hai provato a confrontarti con lei prima della tua uscita?
«Ho preso la parola quando ci siamo riuniti dopo il referendum. Ho chiesto a tutti di dimostrarmi coi fatti che si poteva ritrovare un senso di appartenenza. Aggiungo che quando ci è stato chiesto l’allargamento della segreteria ho accettato pur rimanendo in minoranza. Avevo chiesto tre cose: la rottura dall’appiattimento del Pd sulle posizioni della Giunta Frattura, una maggiore chiarezza sulle alleanze in vista delle regionali e una riabilitazione degli organi del partito. Su questo non è stato fatto nulla».

La tua però è una visione più globale che locale.
«Sicuramente. C’è una mutazione genetica nei valori e negli obiettivi. Non puoi sfilare in piazza il 25 aprile vestito come il Grande Puffo e cantare “Blue” degli Eiffel 65 (gruppo dance anni Novanta) e non “Bella Ciao”. E non puoi sostenere che quella è la Festa della Libertà. No, quella è la Festa della Liberazione».

Il progetto del Nuovo Ulivo è svanito?
«Renzi ha chiuso a tutto questo. Alla richiesta di Pisapia ha risposto con una chiusura. Lui insegue il disegno di Macron, trasformando il Pd in un partito di centro».

Hai già scelto la tua nuova “casa”?
«Sì, aderirò ad Articolo 1, il Movimento dei Democratici e Progressisti. Una parte di Sinistra Dem era già conferita in quella formazione. La vedo come casa mia per valori e obiettivi».

I maligni dicono che è il partito dei vecchi.
«Ci sono Bersani e D’Alema, è vero. Ma se i vecchi dicono cose da giovani, ben venga. In Mdp c’è spazio per tutti».

Ma dividendovi non favorite il M5S e il centrodestra?
«Bisogna essere chiari anche su questo. Il centrosinistra non lo vuole Renzi. Le responsabilità sono di chi ha rotto il partito e continua a rompere anche i cocci rimasti».

In vista delle regionali 2018 come vedi il centrosinistra?
«Se il modello Renzi verrà adottato anche da noi ne prenderemo atto. Ho visto però che sia dentro che fuori dal Pd arrivano richieste di primarie. Anch’io sono per quello strumento. Se il Pd non dovesse sceglierle dovrà prendersene la responsabilità».

E se dovesse vincerle Fattura?
«Lo appoggeremmo sicuramente»

Come giudichi il suo operato?
«Bene per alcune cose, tipo il riordino dei conti, ma non può bastare».

In definitiva, oggi come ti senti? Più amareggiato o sollevato?
«Mi sento alleggerito. Non c’è amarezza ma c’è voglia di tornare a lavorare in un posto dove mi sento a casa mia».

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