La settimana santa a campobasso

Cuore, anima e voce. Monica Chiarizia: “Canto il Teco vorrei nel ricordo di mio padre”

Sale l’attesa per la processione del Cristo morto del 14 aprile. Monica Chiarizia è uno dei contralti che fa parte del coro che il Venerdì Santo emoziona la città interpretando l’inno composto da Michele De Nigris. "Nel 2013 - racconta - quando mio padre è venuto a mancare ho avuto la possibilità di esprimere la mia devozione per Gesù morto. Sono stata ammessa al coro dopo un provino con il maestro Antonio Colasurdo".

Quel canto poderoso che caratterizza il Venerdì santo commuove non solo chi lo ascolta per la prima volta, ma anche chi lo sente da anni. Ogni volta è un pizzico al cuore, un’emozione diversa: nel Teco Vorrei si percepisce sempre una sfumatura nuova. Uguale ma al tempo stesso diverso: è la ‘magia’ che pervade l’inno composto da Michele De Nigris su versi del Metastasio, il canto che accompagna la processione del Gesù morto e della Madonna Addolorata. Per i campobassani assistere al corteo è un appuntamento irrinunciabile.

E poi c’è chi ha la fortuna di vivere ‘da dentro’ il Venerdì santo, come i membri dell’imponente coro: soprani, contralti, bassi e tenori. Durante la processione, gli occhi – ma soprattutto le orecchie – sono puntati su di loro. E’ grazie a loro se improvvisamente, con quelle note struggenti, gli occhi si riempiono di lacrime. Settecento interpreti, altrettante storie. Vicende personali che si intrecciano con la storia di una delle tradizioni più sentite in città assieme a quella del Corpus domini.

Monica Chiarizia, ad esempio, canta il Venerdì santo da quattro anni. Un legame diventato viscerale grazie al padre: lui l’ha avvicinata al coro. Quando lui è scomparso prematuramente nel 2013, in quello stesso anno Monica decide di sostenere il ‘provino di ammissione’ con don Armando Di Fabio, a lungo anima della processione e della Cattedrale nonchè fondatore della Corale Trinitas.

Da giovane scout, dunque, il grande ‘salto’ come componente del coro. «Da bambina – racconta Monica – ho iniziato a frequentare gli scout, l’ho fatto fino all’età adulta. I riti della Settimana santa li ho sempre vissuti in divisa, quando ero una lupetta. Quel percorso dietro a Gesù morto mi sembrava infinito e faticoso non solo quando ero bambina, ma fino a quando sono diventata capo scout. Il mio papà faceva lo stesso percorso, ma lui cantava nel coro. Lui mi fece prendere il primo contatto con il coro, quando prima dell’uscita del Gesù morto dalla chiesa mi portava con sé alle prove generali. Poi ognuno andava per la sua strada: io con il mio gruppo scout, lui nella fila dei cantori. Ci ricongiungevamo solo al termine dello straziante canto che chiudeva la processione. Lui mi spinse a fare il famigerato ‘provino’ con don Armando. Ma poi la cosa restò ‘appesa’».

Tutto cambia nel 2013: «In un tristissimo Venerdì santo, il mio papà ci lasciò improvvisamente. In quel preciso periodo ho maturato la convinzione di portare avanti questa devozione. Grazie a mio fratello, che già faceva parte del coro, a dicembre del 2013 ho contattato il maestro Antonio Colasurdo. Provavo molto timore: non mi sentivo all’altezza, non mi sentivo pronta ad elevare il mio canto ancora pieno di profondo dolore e sgomento. Il maestro, da me chiamato affettuosamente Antonio o ‘Ndonio, un giorno mi ha telefonato a casa e mi ha proposto di raggiungerlo in Conservatorio. Ci sono andata con molto scetticismo. Lui si è messo al pianoforte e mi ha inquadrato tra i contralti».

Così inizia un’avventura speciale, molto speciale: «Sono stata arruolata tra i cantori della Corale Trinitas. Il maestro – spiega ancora Monica – mi ha proposto di iniziare a provare al Settenario. E così mi sono presentata a Santa Maria della Croce e ho iniziato a cimentarmi in quel canto che fino a quel momento avevo solo ascoltato dai banchi della chiesa. Sono stata pervasa da una forte emozione, da un senso di antico misto a una forte devozione apprezzando ancora di più quell’inno. Quando si canta l’inno all’Addolorata, che è detto anche ‘Zucheta-zu’, è come se si pregasse: lo spartito è eccelso e le parole sono di ottima levatura».

Emozioni che si sublimano con il Teco Vorrei: «Quando si avvicina il periodo quaresimale, quel forte senso di appartenenza ad una comunità commossa, ad una città che si appresta a vivere con grande religiosità questi riti, si rinforza sempre più».
Lunedì scorso, in Cattedrale, si è svolta l’ultima prova generale del coro. Il Venerdì santo è quasi arrivato e per i cantori si rinnoverà quel misto di fede, commozione e abilità canore che fanno emozionare chi assiste alla processione.

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