Reportage dal paese che muore - guarda il video

400mila tonnellate di roccia che si spacca: il mostro minaccia il futuro del borgo più bello fotogallery

Una faglia con un fronte di 300 metri, che cammina ogni giorno un po’ di più e aumenta la paura nella popolazione. "Chi ci salverà? Che succederà domani?" Il paese di Vincenzo Cuoco e Gabriele Pepe rischia di scivolare a valle, trascinato dalla frana che ha aperto la roccia nel cuore del centro storico. Sono 400mila le tonnellate in movimento, con uno strapiombo di 100 metri. Intanto si cerca di studiare la frana con i "sensori a onde" posizionati nei punti strategici per capire come e in che direzione la frana avanzerà. In paese i tecnici della Protezione Civile. Sono già 35 le ordinanze di sgombero.

Andare a dormire la sera con il patema d’animo che una crepa, da qualche parte sulle pareti di casa, possa aprirsi di colpo. Svegliarsi col timore che la frana abbia percorso qualche altro centimetro, sentirsi addosso l’incubo di dover fare le valigie, afferrare i ragazzini e andare via, lasciare la casa forse per sempre. Alla signora Maria, che abita a una manciata di metri dalla faglia di Civitacampomarano, succede di continuo da quando la frana ha aperto, nel cuore del centro storico, un spaccatura nera e profonda. «Se ci metti un bastone arriva a un metro – spiega il vigile urbano – ma l’altro ieri era a 70 centimetri».

Segno che la terra, sotto, si allarga vertiginosamente. La frana cammina, anzi corre. Il fronte è lungo trecento metri, quasi quanto via Gabriele Pepe, il cuore del centro storico. La paura di lasciare casa per sempre molti l’hanno già avvertita e la stanno masticando a bocconi ogni giorno più amari: la speranza di un fenomeno lieve e temporaneo è durata lo spazio di una notte. La frana che minaccia Civitacampomarano, il borgo più bello del Molise, quello che ha dato i natali a Vincenzo Cuoco e Gabriele Pepe, con il castello angioino eretto nel Trecento sul crinale della collina, è una minaccia concreta e pesante.

Lo sa bene Raffaele Giannone, discendente di Gabriele Pepe che fino a un mese fa viveva con la famiglia nella casa che fu del suo avo, storico e combattente. «Ha resistito 400 anni, e ora guardatela» commenta indicando l’edificio, il più bello e il più grande della “zona rossa” dove sono già 35 le ordinanze di sgombero firmate dal sindaco Paolo Manuele. Le pareti, il muro tra le targhe della Regione e della Provincia che omaggiano con un ricordo l’illustre cittadino, sono percorse da crepe spesse fra lesioni sottili come ragnatele. Raffaele è andato via in fretta e furia, «aiutato dai vicini e dalla solidarietà dei compaesani. Se stavamo ad aspettare i soccorsi eravamo ancora lì», riuscendo a mettere in salvo qualcosa ma lasciando il grosso dei mobili e degli effetti personali nell’abitazione, dove non si può entrare. «Troppo pericoloso, non conosciamo il comportamento della frana».

La frana, il mostro. Ha aperto ferite e squarci nelle pareti delle case, ha affossato la strada, mescolato in un puzzle disordinato i sanpietrini della strada che è una piccola montagna russa sulla quale si muovono cauti, mercoledì 5 aprile, i tecnici della Protezione Civile. Il sopralluogo serve a rendersi conto della situazione e capire in quali punti conviene piazzare le strumentazioni del monitoraggio. «La cosa più importante – spiega il sindaco – è capire che tipo di frana è, se si muove e come si muove, e fino a dove può arrivare».

Per Civitacampomarano l’incertezza è una spina conficcata nel fianco, una spada che pende sulla testa dei 250 abitanti reali (sulla carta sono 400 anime, ma molti vivono a Termoli e Campobasso) che abitano fra la “zona blu” (adiacente all’area interdetta, controllata a vista) e il resto del borgo, in cui da qualche giorno è iniziata la seconda edizione dello Street Fest, iniziativa artistica coordinata da Alice Pasquini che in paese ha i nonni, e che con un gruppo di artisti internazionali sta provando a salvare il borgo con una colletta e la bellezza dei disegni e della creatività.

Iniziativa pregevole, riconoscono tutti, «ma non ci possono salvare queste cose. Abbiamo bisogno adesso di tutto l’aiuto del mondo, e ben venga lo Street Fest che colora i muri, ma qua serve ben altro». Soldi? «Soldi, certamente – risponde il parroco don Angiolino Boccardo, nato a Castelmauro, 10 chilometri più giù, che questa terra la conosce come le sue tasche – ma non bastano. Non è detto che Civita si possa salvare, nemmeno con i milioni di euro che ora di sicuro arriveranno». Il rischio dietro il mostro che striscia sotto la roccia sulla quale sorge il borgo antico di Civitacampomarano è proprio la sua posizione. «Splendida da un punto di vista del paesaggio» aggiunge il parroco «ma rischiosissima con un fronte franoso di questa portata».

Raffaele Giannone, che fa l’ingegnere e negli ultimi 15 anni ha girato in lungo e largo il cratere per i cantieri della ricostruzione post terremoto, spiega l’aspetto tecnico della faglia, che da qualche giorno si è aperta anche a valle. «Il borgo sorge di fatto su uno strapiombo, con un’altezza di 100 metri. La frana, se non si ferma, potrebbe portarsi giù tutto quello che c’è».

Non è detto però che si riesca a fermare. «Il punto – spiegano i tecnici della Protezione Civili arrivati, finalmente, con quaderni, strumenti di monitoraggio e mappe – è che non conosciamo questa frana. E’ al suo esordio. Nei prossimi giorni avvieremo i sondaggi». Operazioni non semplicissime. L’anno scorso molti sorrisero quando gli artisti del Cvtà Street Fest giocarono sull’arretratezza tecnologica del paese. Ma la verità è che il borgo fatica a captare i segnali di un cellulare qualsiasi. E internet? «Macché, qua andiamo con la manovella» commentano sconsolati i pochi residenti che resistono, proprio come recita quel murales che l’anno scorso fece il giro della Penisola. Il fatto è che ora anche i sensori della Protezione Civile lavorano con maggiore fatica e per i tecnici la prima scelta decisiva è dove piazzarli affinché funzionino al meglio.

E già si apre il capitolo costi. «Uno dice mettete le transenne per evitare che le persone vadano nei punti più a rischio. Facile a dirsi, ma oggi un Comune come il nostro non ha le risorse per certe spese». Insomma anche qualche transenna in più del normale può voler dire problemi di bilancio. È chiaro che Civitacampomarano ha bisogno di aiuto. «Sono stati stanziati circa 280 mila euro per i sondaggi, ma fra sgomberi, spostamenti, riattivazione dell’ex sede del Giudice di pace la spesa è già di 600-700 mila euro» confida il primo cittadino. Lui cerca di essere positivo e sorride amaro: «E’ già oltre il nostro normale Bilancio annuale».

Intanto si va avanti con una procedura di somma urgenza. Consiste nell’affidare senza gara d’appalto – perché se no si perderebbe tempo prezioso – lo studio della frana a una ditta dotata di strumenti all’avanguardia in grado di “captare” i più microscopici movimenti e rumori e comprendere la direzione, il fronte e le caratteristiche della faglia che si muove sotto i piedi della popolazione. «Confidiamo in tempi rapidi, i più brevi possibile – dice ancora il primo cittadino – perché abbiamo bisogno di sapere a cosa ci troviamo davanti per capire come combatterla».

La rete metallica sbarra l’accesso su tutti e due i lati della strada intitolata a Gabriele Pepe, evacuata da poco e già consegnata all’abbandono. Garage, cantine, magazzini, alcuni, con la porta ancora aperta, mostrano la fretta con la quale le persone sono andate vie, lasciando scatole, bottiglie, qualche provvista e attrezzi di lavoro sui quali la polvere comincia ad accumularsi impietosa. Le abitazioni – sono oltre 30 gli evacuati ospiti di parenti in paese o alloggiati in una casa dello Iacp – sono deserte, risuonano di vuoto. «Impossibile per ora anche tornare a recuperare un po’ di mobili, altri abiti» dice un residente desolato. «Le volte di casa mia sono crollate – conferma Raffaele Giannone – dentro è un cumulo di macerie». Sotto di lui la terra trema, la faglia oscilla. «In due giorni – racconta il parroco don Angiolino – ha percorso altri due metri».

La popolazione, già costretta all’isolamento per le condizioni delle strade che negli ultimi anni hanno allargato buche, aperto feritoie nell’asfalto, sollevato e trascinato terra con gli smottamenti, assiste impotente al fenomeno che da un mese incrina la serenità del borgo più bello del Molise. «Chi ci salverà? La Regione deve aiutarci, guardate cos’è successo in 48 ore. Non sappiamo cos’altro potrà accadere». Civita oscilla sullo strapiombo prospettando scenari devastanti, confermati da un numero che fa venire i brividi: sono 400mila, secondo le stime iniziali, le tonnellate di roccia e terra in movimento.

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