Barba&capelli/1

Il barbiere della stazione, dai capelli alla Re Umberto ai tagli alla Ronaldo: “Ma io mi rifiuto”

Peppino Perazzelli, con i suoi 83 anni, è il barbiere più longevo di Termoli e forse di tutto il Molise. Il suo salone, senza insegna, è in uno dei locali della stazione, frequentato da una clientela abituale, in prevalenza di anziani che fanno barba e capelli. E se arriva, per caso, un ragazzo con la foto presa da internet di un calciatore famoso con un taglio audace, lui lo manda via. "Gli dico che non lo voglio rovinare. Non sono abituato a queste cose". Ricordi e aneddoti di quando andavano di moda i capelli alla re Umberto, la brillantina solida ("meglio del cemento") e la lozione "fabbricata da me".

«Piacere, sono Giuseppe Perazzelli». Peppino per tutti. Il barbiere della stazione. Ha 83 anni, ma naturalmente nessuno, senza aver dato un’occhiata alla carta di identità, lo direbbe mai. Capelli di neve, impeccabili e ancora folti («Ma non li taglio io, questo non lo so ancora fare… ho un amico ex collega che ci pensa»), portamento dritto, zero acciacchi. Il suo segreto? «Sto in piedi tutto il giorno e cammino moltissimo. Mi piace camminare e andare a piedi».

Un uomo di altri tempi, nato e cresciuto a Termoli, dove ha giocato anche come mediano nell’Unione Sportiva, un ex ragazzino che a 11 anni andava a bottega dal maestro. «Si chiamava Nicola Serafini, non c’è più». Ovvio. Era il 1945, «precisamente il 9 dicembre» quando Peppino ha messo piede nel suo primo salone come lavorante. Qualche anno passato “sotto padrone”, come si diceva all’epoca, poi nel 1965 è sbarcato in questo piccolo fabbricato all’interno della stazione ferroviaria di Termoli. «Era un vecchio deposito del pesce, dove si stoccavano le cassette che venivano caricate sul terno. Era abbandonato, e il capostazione Tutolo mi prende e mi dice: “Peppì, perché non ti metti in proprio qua dentro? Fai il barbiere, e alla stazione servi».

Detto fatto.E’ diventato il barbiere della stazione, con un listino prezzi caratterizzato da sconti per i ferrovieri.«Che tempi quelli – ricorda – con la stazione che era un via vai contino di gente. Macchinisti, personale viaggiante da Pescara, Ancona, Foggia, Campobasso. Tutti i treni si fermavano a Termoli, il personale aveva lunghe pause durante le quali tagliava capelli e faceva la barba». Soprattutto la barba, i barbieri di un tempo vivevano di quello. «Costava 50 lire, con i capelli 100. Ma io mi ricordo pure quando la barba costava 20 lire, e i clienti affezionati venivano tre volte a settimana, il martedì, il giovedì e il sabato. I pescatori solo il sabato, quando sbarcavano dopo la settimana in mare. E qualcuno la domenica mattina, ero aperto fino a ora di pranzo».

Che tempi, sorride Peppino, andato in pensione 21 anni fa ma senza smettere di lavorare. Come si fa? «Si fa che la pensione da 700 euro non bastava, con due figli a casa che ora sono una prof di lingue e un manager della ristorazione che vive in America. Grazie a Dio. Ho tenuto in piedi il salone per arrotondare, e finché ce la faccio va bene così».

Tanto bene non va, ora che la stazione di Termoli è un posto semideserto, dove non c’è l’ombra del fermento di una volta. Treni soppressi, organizzazione al cronometro. E chi ce ha più tempo di fare le pause di ore, manco una sigaretta in pace ti riesci a fumare prima di salire su un altro convoglio. Altro che barba con il pennello a mano, mentre il barbiere ascolta le chiacchiere del cliente che si sfoga e si gode la lozione sulle guance, o come dicono qua “u spruzz”.

«Sai che roba era? Un intruglio a base di alcol e acqua profumata che preparavo io stesso. Si usava così, solo i barbieri dei signori avevano profumi comprati. Si riempiva la pompetta e si spruzzava a volontà».
E mica solo quella. C’era la lozione per frizionare i capelli, lo shampoo non esisteva proprio. «Una cosa fatta pure quella da me» confessa senza smettere di ridacchiare al pensiero che vola all’indietro, attraversa mezzo secolo, si sofferma sull’allume di rocca. Cosa? «Una specie di pietra, guarda ce ne ho ancora un pezzo». Sembra una saponetta, «invece si passava sulla faccia tra una rasoiata e l’altra per disinfettare». E la cipria, te la ricordi la cipria? Domanda a un amico appena entrato per un saluto in questo locale senza insegna, che non ha mai avuto bisogno di pubblicità.
«La cipria – spiega paziente – era il borotalco che si metteva col piumino dietro la nuca, dopo aver tagliato i capelli. Venivano su certe nuvole bianche, e poi quando si depositava nei solchi della pelle, nelle pieghe del collo, sembrava che avevi una cartina geografica addosso».

Tira fuori dai cassetti i calendarietti profumati con le immagini di pubblicità d’antan o di divi del cinema, («li ordinavo e a fine anno li davo ai clienti come ricordo e come pubblicità», sfodera una pietra con l’olio, di quelle che «quando noi barbieri avevamo tempo libero, e non capitava spesso, venivano usate per ridare il taglio al rasoio». Le macchinette? «Ora ce le ho, ma prima guai. Solo forbici, i clienti volevano i capelli a taglio». E lui con le forbici è bravo. Era un maestro nel taglio all’Umberto. «Hai presente il re, Umberto I? Le mamme portavano i figli a fare quel taglio, gli uomini si facevano quel taglio. Era il periodo del dopoguerra, i capelli si portavano con la sfumatura altissima, che lasciava una specie di ciuffo sulla testa e il resto cortissimo».

Mode che oggi sembrano incredibili, confinate ai vecchi album di foto nella soffitta polverosa della nonna. «A Termoli si usava il taglio alla Pecuzze, e poi c’è stato il periodo di quello alla Mascagna». Il nome lo prende dal musicista Pietro Mascagni, che portava i capelli tutti tirati indietro. Era l’epoca della brillantina. «Avevo quella liquida e quella solida – ricorda Peppino – e la seconda era come un cemento. La mettevi e non toglievi più. I capelli – aggiunge – erano unti, lucidissimi».
La brillantina segnava anche il passaggio dall’infanzia alla giovinezza, il tempo della “guapperia” quando i ragazzini si volevano scoprire uomini fatti e si lasciavano alle spalle gli anni dei giochi da discoli con un taglio “moderno”. Adesso da Peppino Perazzelli arriva ancora qualcuno che vuole cambiare taglio. «Ragazzi che mi fanno vedere la foto di un giornale o un’immagine del telefonino con qualche calciatore con i capelli strani. Voglio i capelli così, mi chiede». E lei che fa, esegue? «Mica sono pazzo. Io mi rifiuto, dico che non li voglio rovinare». Ridacchia, ancora.
A 83 anni, dopo una vita qua dentro, la pensione (vera) alle porte, non c’è ragione di stravolgere ritmi e abitudini per accalappiare i giovani clienti. «Ci sono i barbieri moderni, i parrucchieri. Loro con quelle cose ci vanno a nozze. I miei clienti sono anziani, come me. Noi siamo affezionati a un certo stile». E le creste alla Ronaldo o alla Pogba, va da sè, non rientrano nella categoria. (Monica Vignale)

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