I numeri della ripresa

Vertenza Gam, 45 milioni di euro di investimento e 170 operai al lavoro in tre anni

La firma dell’accordo del 28 febbraio a Roma tra Regione, gruppo Amadori e sindacati prevede la riassunzione progressiva di 170 ex dipendenti dello stabilimento bojanese e un investimento superiore a 45 milioni di euro da cui il 40 per cento a fondo perduto grazie all’area di crisi. Gli altri 110 operai saranno salvaguardati, quasi tutti, tra accompagnamento alla pensione, ammortizzatori sociali e incentivi all’esodo. L’8 marzo l’azienda di Cesena perfezionerà l’acquisto dei beni finiti all’asta e poi avvierà la prima ristrutturazione all’incubatoio che porterà, entro la fine di quest’anno, 34 persone a firmare il nuovo contratto. Ma solo il 10 per cento del totale degli assunti avrà il tempo indeterminato.

I primi a prendere servizio, entro la fine del 2017, nella ’nuova’ Gam di Bojano saranno gli ex lavoratori dell’incubatoio. Poi toccherà a quelli del macello e degli allevamenti passare alle dipendenze di Amadori per un numero complessivo di 170 assunti su un totale di 280 ex dipendenti dello stabilimento avicolo matesino. Solo il 10 per cento di loro avrà un contratto a tempo indeterminato, tutti gli altri diventeranno a tempo determinato: si potrebbe raccontare anche così la firma apposta il 28 febbraio al ministero dello Sviluppo economico tra Regione, sindacati e il gruppo leader del pollame italiano di Cesena.
Il senso di quell’accordo quadro e sindacale per il rilancio della filiera avicola è tutto proiettato alla salvaguardia occupazionale. Almeno sulla carta. Anche se le variabili sono tante e dunque intoppi e imprevisti non sono da escludere.


La road map per ora disegnata al Mise è questa: nel giro di otto o dieci mesi, dunque entro la fine di quest’anno, l’incubatoio sarà rimesso a nuovo con 5 milioni di euro di investimento da parte dell’azienda romagnola. Ci saranno subito le prime 34 assunzioni, tutte con il contratto Avventizio, quello normalmente praticato in agricoltura (cioè a tempo determinato) che coprirà per 140 giornate lavorative annue. Se poi le cose dovessero andar bene altri 30 ex dipendenti, sempre pescati dal bacino Gam, saranno chiamati a lavorare.

Più complessa la ristrutturazione del macello per il quale serviranno almeno 40 milioni di euro e tra i 30 e i 36 mesi di lavori. Da calcolare, grosso modo, dall’8 marzo, altra giornata campale per la vertenza Gam.
Nella festa della donna, infatti, Avicola Vicentina, la srl controllata da Amadori che si è aggiudicata i beni della filiera messi all’asta (incubatoio, stabilimento e centri allevamento) per 9,1 milioni di euro, dovrà iniziare a sborsare i soldi ai curatori di Agria Holding, Logint e Gam.
Anche questi 40 milioni di euro saranno a carico di Amadori che recupererà il 40 per cento del suo investimento con il fondo perduto dell’area di crisi complessa. Ed è questa la prima variabile sulla road map.
Al macello entreranno a lavorare altre 100 persone, un’altra decina invece sarà impiegato – questo c’è scritto nei verbali – negli allevamenti.


Restano fuori ancora 110 persone, di queste circa 50 andranno in pensione nel giro di tre anni e il resto dovrebbe avere prima una proroga della cassa integrazione (scade a novembre 2017) e poi due anni di disoccupazione con l’indennità Naspi. Queste misure accompagneranno un’altra ventina di persone alla pensione, lasciando ‘a piedi’ altri 30 o 40 ex lavoratori della Gam per i quali pure si potrebbero prevedere forme di assistenza quali, per esempio, i lavori socialmente utili.

A 24 ore dalla firma del protocollo di intesa, l’ad di Amadori, Massimo Romani, ha così commentato: «Il nostro ringraziamento va al Ministero dello Sviluppo Economico, alla Regione Molise, ai sindacati e a tutti i lavoratori, che in questi mesi di dialogo e confronto continuo hanno dimostrato senso di responsabilità e reale volontà di far ripartire la filiera avicola sul territorio molisano».
La stessa azienda ha fatto sapere che prevede di ripartire subito con l’attività dell’incubatoio, di riavviare «appena possibile» la produzione presso gli allevamenti e di iniziare «al più presto i lavori di ristrutturazione dello stabilimento di lavorazione delle carni, dove si ipotizza di riprendere l’attività dopo circa 3 anni dall’inizio dei lavori». Nessun dubbio sulla formalizzazione dell’acquisto dei beni l’8 marzo e sul numero degli addetti che si stima saranno riassunti, «cioè 170 operai».

Positivi ma cauti i sindacati: Tecla Boccardo della Uil ha detto che la firma dell’accordo «è solo un punto di partenza» e che «molte sono ancora le cose da fare».
«Con questo accordo – hanno dichiarato invece Fai, Flai e Uila nazionali – si avvia un percorso che ridà speranza ad un territorio afflitto negl’ultimi anni dalla desertificazione industriale. Vigileremo sulla realizzazione degli investimenti e sullo stato di avanzamento dei lavori”.

Secondo Giovanni Notaro (Cisl Molise) per quanto si tratti di una « vertenza complessa che comincia a vedere degli spiragli positivi» non è il momento di abbassare la guardia: «Deve continuare l’impegno e il pressing verso tutti i soggetti, per fare in modo che quanto scritto negli accordi sia attuato».
E a sperarlo sono soprattutto i lavoratori.
(AD)

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