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Rigopiano, dove anche il Molise scava sotto neve e macerie: “Salvare i vivi ci ripaga”

Ettore Mascieri, 41 anni di Isernia, fa parte della prima squadra di volontari del Soccorso Alpino molisano che dal 19 al 22 gennaio ha prestato aiuto all’hotel di Farindola sepolto da una valanga causata dal terremoto. Il tecnico molisano racconta in cosa consiste il lavoro del Corpo si cui fa parte e parla di questa esperienza.

«Quello che ti segna di più in queste circostanze non è quando tiri fuori i cadaveri ma quando riesci a mettere in salvo persone vive. Quel momento ti ripaga di tutti gli sforzi, è quello l’attimo che ti restituisce il senso di quel sacrificio, di quel lavoro incessante fatto al freddo e col rischio alto di restare sepolto anche tu sotto svariati metri di neve».
Ettore Mascieri, 41anni di Isernia è uno dei soccorritori del Soccorso Alpino del Molise appena tornato dall’hotel Rigopiano di Farindola (Pescara) travolto da una valanga causata dalle scosse di terremoto il 18 gennaio.
Il bilancio delle vittime è altissimo e non ancora definitivo: 15 corpi sono stati già tirati fuori mentre altri 14 sono attualmente dispersi. Undici le persone tratte in salvo.

Tra queste anche i tre bambini che avete contribuito a tirare fuori voi della squadra molisana del Cnsas (Corpo nazionale soccorso alpino e speleologico)
«Esatto. I piccoli si trovavano in una sala biliardo, hanno passato tre giorni al buio, poi, finalmente, siamo arrivati a loro. Eravamo presenti anche al salvataggio di Gianfilippo Parete (Chicco, il bimbo di 9 anni sepolto sotto neve e detriti per 48 ore è diventato il simbolo della tragedia) e di sua mamma».

Quando siete partiti dal Molise?
«La prima squadra, di cui facevo parte anche io, composta da quattro persone, è partita giovedì 19 ed è rientrata domenica 22, da ieri un nuovo gruppo è sul posto. Il soccorso alpino nazionale – collegato al servizio di Protezione civile – è stato presente fin dalle prime ore della valanga per cooperare assieme all’Esercito, la Finanza, i Vigili del fuoco, Polizia e Carabinieri».

In cosa consiste il vostro lavoro?
«Ci occupiamo di bonifica dei territori, in pratica ispezioniamo il manto nevoso con delle sonde alla ricerca di corpi, se ce ne sono scaviamo con le pale, caso contrario si interviene con mezzi meccanici. Abbiamo creato varchi lungo i muri perimetrali dell’hotel, ci siamo occupati della messa in sicurezza dell’area visto che sabato c’era un rischio valanghe molto alto: abbiamo circoscritto la zona cancellando a valle la zona dell’accumulo che era molto estesa. Quest’ultima operazione è stata compiuta solo da tecnici muniti del dispositivo Arva che emette segnali radio e funziona anche per la ricezione nella sciagurata ipotesi in cui un soccorritore venga sepolto da una valanga. Il Cnsas fa parte, infine, del tavolo tecnico di coordinamento che si è riunito a Penne».

Svolgete molti compiti e correte anche molti rischi…
«Effettivamente sì, lo scenario che abbiamo trovato lì è critico due volte perché si scava tra le macerie, come quando c’è un terremoto, in più c’è stata una valanga che complica le operazioni e un’allerta per nuove valanghe piuttosto elevata. L’opera che si sta compiendo è immane: parliamo di 60mila tonnellate di neve che ha raddoppiato la sua massa una volta giunta a valle, materassi e televisori sono stati trovati anche a grande distanza dall’hotel, per questo anche i soccorsi sono stati impegnatissimi giorno e notte. Il Soccorso alpino sta poi lavorando anche su altre frazioni del Teramano dove mancano acqua, luce, viveri, ci sono persone da portare in ospedale, insomma, il lavoro è incessante ma come dicevo poco fa quando si riesce a salvare una vita tutta la fatica viene ripagata».

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