Cronache

Quelli che non hanno un tetto quando fuori si gela. “Non solo stranieri, sono anche termolesi”

Nella città che trema per il freddo glaciale, anche gli invisibili hanno trovato riparo alla mensa della Caritas, al dormitorio della Misericordia e nella nuova casa che ospita le donne. «Sono persone straniere, ma anche italiani e termolesi - racconta Gianni Pinto, vicedirettore della Caritas - abbiamo aperto le strutture prima dell’orario per dare loro un tetto. Stiamo lavorando - continua - per realizzare un centro diurno per permettere loro di essere impegnati con delle attività concrete, ma prima devono tornare ad essere e soprattutto a sentirsi parte di una comunità, di una città. Devono ritrovare al dignità».

In una città che urla a gran voce il suo disappunto per il freddo, ce n’è un’altra che esiste ma non parla. L’altro volto di Termoli, quello che c’è ma non si vede. Il volto degli invisibili che non sbandierano sui social network le difficoltà nell’affrontare un’ondata di gelo come quella che in questi giorni ha investito la costa con temperature che hanno toccato anche lo zero. Sono i clochard, i senzatetto che nella città di Termoli ci vivono ormai da tempo. Quando il sole splende alto nel cielo passeggiano in centro, arrivano al porto, camminano al borgo, chiedono aiuto a chi incontrano lungo la via, ma d’inverno e con le temperature così basse la loro casa spesso diventa la stazione dei treni.

Per questo negli ultimi giorni, da quando il maltempo è diventato un’emergenza, hanno trovato ospitalità alla Caritas di Termoli e nei dormitori, dove gli orari di apertura si sono allungati per permettere a tutti di trovare un riparo al caldo. Meno di dieci persone, straniere ma anche italiane e soprattutto termolesi. Volti che qualcuno ha anche imparato a conoscere e a riconoscere. Dopo tanto tempo di attesa, anche le donne senza una fissa dimora hanno trovato un tetto grazie alla disponibilità del vescovo Gianfranco De Luca che ha messo a disposizione una casa al borgo vecchio in cui ci sono quattro posti letto e un bagno.

«In questi giorni di emergenza – spiega Gianni Pinto, vicedirettore della Caritas diocesana – abbiamo aperto le porte prima dell’orario stabilito, quando arrivavano le donne possono entrare e stare al caldo nel dormitorio femminile, sono le suore che se ne occupano, loro aprono e chiudono la casa e accolgono chi arriva».

Orari di apertura straordinari anche alla mensa della Caritas, in piazza Bisceglie, a poche centinaia di metri dalla Cattedrale. «Anche qui – continua Gianni Pinto in uno degli uffici, proprio mentre gli ospiti sono nella sala mensa per il pranzo – abbiamo aperto mezz’ora prima del pasto che comincia alle 11.30, ma se arrivano prima e chiedono di entrare, apriamo. Abbiamo anche offerto il the caldo alle persone che venivano a fare la doccia e a lavare gli abiti, per riscaldarsi. E’ giusto che stiano al caldo anche loro».

La soluzione più adatta sarebbe tuttavia una struttura che possa ospitare per tutto il giorno gli ospiti impegnandoli dal punto di vista pratico. «Vorremmo creare un centro diurno in cui ci possano essere delle attività concrete, in cui possano leggere libri e anche vedere la televisione, sarebbero affiancati dai ragazzi del servizio civile – continua Gianni Pinto – ci stiamo lavorando e speriamo di poterlo avviare il prima possibile perchè sarebbe per loro l’occasione per tornare ad acquisire la dignità, ma per farlo bisogna che si sentano di nuovo parte integrante della comunità cittadina».
Non sono stranieri, non sono clochard che vivono di stazione in stazione. Sono persone della città, termolesi che nel giro di qualche anno si sono ritrovati senza nulla. «Hanno perso tutto, non hanno una casa e perciò la residenza che gli garantirebbe il medico di base e alcuni benefici anche a livello economico. Molti di loro – aggiunge Gianni Pinto – si sono separati da mogli e mariti, spesso per lutti molto dolorosi. Le donne sono le più forti e non si lasciano abbattere, anche se questo capita; gli uomini invece si lasciano andare e così finisce che iniziano a bere, anche perché è l’unico modo per riscaldarsi, se bevono sono al caldo e si addormentano, così passano le ore e non se ne accorgono. Devono tornare a sentirsi parte di un tessuto sociale, serve tempo e tante energie, speriamo di poter realizzare tutto ciò in tempi brevi».

Anche al dormitorio maschile della Misericordia – dove ci sono 18 posti letto – in questi giorni gli orari sono diventati flessibili, con ingressi a partire dalle 17, quando cala la sera e il freddo è sempre più intenso. Sono sei le persone, tra stranieri e italiani che hanno trovato un posto caldo e la colazione al mattino, prima di tornare di nuovo in centro e combattere contro il freddo, in silenzio.

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