La soldatessa del giornalismo Una dura che guarda Elisa in tv

Rita Pinci, vicedirettore di “Panorama”, a Termoli per raccontare la macchina del giornale ai giovani redattori molisani. La donna più famosa della carta stampata italiana parla di lavoro e passioni. “Sono un soldato – rivela – che non ha perso la tenerezza”

Ha scalato le vette della stampa invisibile, quella di chi i giornali non li scrive: li fa.  Di chi sta al desk, come si dice in gergo, a organizzare, costruire l’architettura di una pagina, selezionare la notizia più coinvolgente, inventare il titolo più efficace, scegliere la foto più eloquente.  Quarantanove anni, laurea in sociologia, ex capo redattore e ex vice direttore de “Il Messaggero”, poi direttore di “Specchio”, settimanale in distribuzione con La Stampa, attuale vice direttore di “Panorama”, il news magazine italiano più diffuso e più autorevole. Segni particolari: donna. «E – aggiunge – romana». Divisa tra Milano e Roma (la prima per lavoro, la seconda «perché è la mia casa e ci sono i mie amici»), Rita Pinci ha partecipato alla seconda edizione del seminario di giornalismo “Comunicazioni: le fonti, il quotidiano, il web”, organizzato dall’Associazione Primonumero Città in Rete col patrocinio del Comune. «Una bellissima iniziativa – dice al termine della ‘lezione’ di sabato 8 ottobre, davanti a un pubblico numeroso di redattori e collaboratori delle testate locali – che dà a noi la possibilità di confrontarci con i giovani che fanno questo lavoro. Il problema dei giornali italiani che sono fatti allo stesso modo da troppo tempo. Il nostro Paese è in mano ai vecchi e anche i giornali sono fatti dai vecchi. Ecco perché i giovani non li leggono».   
 
Il vicedirettore donna più famoso d’Italia spiega con semplicità come si fa a inchiodare il lettore più distratto, come si selezionano le notizie, quando e perché un fatto calamita l’attenzione. Racconta come lo scheletro di una rivista acquista corpo e diventa un “pranzo ricco e gustoso”. Chiarisce l’importanza di un titolo, lei che i titoli li fa da ben sedici anni e conosce alla perfezione la ‘macchina’ del giornale. Sposta una ciocca di capelli biondorossi dalla fronte e cede con un sorriso solare al bombardamento di domande da parte di un gruppetto di ragazze affascinate.
 
… Ma davvero la gente legge solo i titoli?
E’ una semplificazione, che però in gran parte è vera. Se il titolo è efficace e crea interesse, invoglia a leggere l’articolo. Il contrario invece non accade quasi mai. Se il titolo è piatto, sterile, privo di attrattiva, beh, in quel caso è assai difficile che il lettore dia una sbirciatina al pezzo. Anche se magari è bellissimo…
 
E lei? Anche lei legge solo i titoli?
(Ride) Io leggo un po’ di tutto, per ragioni di lavoro. E cerco di leggere un qualsiasi prodotto dalla a alla z: quotidiani, settimanali, mensili. E poi i libri. Leggere libri è un piacere fondamentale.
 
Cosa non manca sul suo comodino?
Sciascia è fisso. E’ l’unico autore che riesco a leggere una seconda volta, o anche una terza. In questo momento, vediamo… sul mio comodino c’è “Il lato debole dei poteri forti” (di Paolo Madron, vice direttore di "Panorama", ndr). Ne approfitto per fargli un po’ di pubblicità, anche se non ne ha bisogno: è bellissimo, molto interessante. E poi non manca “Amanti e regine”, di Benedetta Craveri.
 
A proposito di donne, è vero che il mondo del giornalismo italiano è maschilista? O invece è un luogo comune?
Io sono l’esempio vivente che se una è brava ce la può fare esattamente come un uomo.
 
E’ meglio lavorare con gli uomini o con le donne?
Con le donne non ho nessun problema di competitività. Con i maschi invece devo sempre dimostrare di essere brava. Ma loro, voglio dire i maschi, un pregio sul lavoro ce l’hanno: si danno una grande mano all’occorrenza, si fanno carico dei problemi del collega. Le donne invece hanno una competitività più accentuata fra loro.
 
Anche lei?
Io sono molto solidale con le donne. E quando mi danno la possibilità di segnalare una persona per una promozione o un nuovo incarico, in quel caso segnalo una donna. Naturalmente deve essere una che vale: i favoritismi non convengono né da una parte né dall’altra…
 
Su cosa deve puntare una donna per farcela?
Deve essere seria professionalmente. Deve sapere fare il suo mestiere: la tecnica è fondamentale. Deve avere la costanza di imparare, la volontà di crescere. 
 
Anche lei ha fatto così?
Io sono un soldato. Ho cominciato a 18 anni, facevo la corrispondente da Cave, il mio paese: ottomila abitanti in provincia di Roma. Poi sono passata alla redazione, ho lavorato come giornalista per diverso tempo fino a quando, sedici anni fa, sono passata al desk. Ho smesso di scrivere i pezzi per correggere quelli degli altri e organizzare le pagine de “Il Messaggero”. All’inizio sembrava una specie di punizione, ma io mi sono messa lì dietro, con tutta la pazienza del mondo, ho stretto i denti e ho imparato. E quando sono diventata brava ho avuto importanti riconoscimenti.
 
E i suoi collaboratori? Che opinione hanno di Rita Pinci?
Incentro i rapporti di lavoro sul reciproco rispetto professionale. Posso essere rigida, magari i miei modi sono sbrigativi e posso pure risultare antipatica, ma è solo perché sul lavoro non ammetto debolezze. Nessuno comunque si permette di dire che non sono brava, e in fondo penso che i miei collaboratori mi vogliano bene. Al “Messaggero” sono stata il vicedirettore più votato in assoluto, a “Panorama” non lo so perché ci lavoro solo da dieci mesi… ma sono ottimista!
 
Quali qualità devono possedere i suoi collaboratori?
Devono essere bravi e onesti. Apprezzo la competenza e l’essere persone per bene. Questo mestiere costa molta fatica, spesso è dura, ma è un lavoro di grande responsabilità e quindi non si può essere superficiali in nessun caso.
 
E la sua virtù principale?
Ne posso dire solo una?
 
Diciamo allora i suoi pregi maggiori…
Sono puntualissima (lo ha dimostrato arrivando a Termoli da Roma addirittura prima dei partecipanti…), rispettosa, leale. Lavoro tanto, non lascio mai la redazione in anticipo. Ma questo mi viene facile, perché sono innamorata del mio lavoro.
 
E un vizio?
Le sigarette…
 
La sua giornata tipo?
Sveglia tra le sei e mezza e le sette. Esco di casa alle otto quando vado in palestra, altrimenti alle 8 e mezza per essere al lavoro alle nove. Finisco alle otto di sera.
 
Non-stop?
Non-stop. Con una piccola eccezione recente: un paio di volte a settimana al posto di pranzare in mensa vado a giocare a golf. E’ la mia ultima passione.
 
Quando ha lasciato “Il Messaggero” ed è passata a Panorama si è dovuta trasferire a Milano
Milano non mi piace. Ci sto quattro giorni a settimana. Ma il venerdì sera, finalmente, salgo su un aereo e torno a Roma. Non rinuncerei ai week-end nella mia città per niente al mondo.
 
Un hobby?
Non ne ho. Non ne ho il tempo.
 
Ha dovuto fare molte rinunce per il lavoro?
Non ho rinunciato a niente. Forse al sonno: sono una dormigliona, posso andare avanti anche dieci ore di fila. Ma sono costretta a svegliarmi presto.
 
E cos’è che la fa alzare dal letto?
Il senso del dovere. Per la gente con la quale lavoro, e per i lettori.
 
Guarda la tv?
Faccio zapping, giro qua e là col telecomando e do un’occhiata a tutto. Con una unica grande eccezione: Elisa di Rivombrosa, che è la mia passione. Il giovedì sera addirittura non esco per seguire la puntata da cima a fondo. Quando è morto il conte Ristori anche “Panorama”, su mia decisione, gli ha dedicato un trafiletto nello spazio dedicato ai necrologi…
 
L’ultimo pensiero prima di dormire?
Il segno della croce.
 
E il complimento più bello?
Quello dei tipografi. “Con Rita si chiude”, dicono. Che significa che con me non ci sono problemi, le pagine arrivano in tempo e bene.
 
Si dice di lei che sia bravissima a fare i titoli. Ce ne suggerisce uno per questa intervista?
Eh no, troppo facile! Però vi prometto che poi gli do un voto.
 
Allora ci prepariamo a una bocciatura…
Beh, non è poi la fine del mondo sbagliare un titolo. Sapete che penso? Che quando sarò vecchia, ai giardinetti di Roma, io mi voglio ricordare l’emozione di un bacio, mica l’emozione di un titolo!

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