Termoli ieri e oggi

Un martedì all’insegna della tradizione

Nonostante il complicato restauro del santuario, anche quest’anno sarà rispettata la tradizione della “Madonn’a llunghe”.

La facciata della chiesa è stata assicurata dalle travi di legno. All’interno alcuni pali la sostengono e delle catene in ferro la mantengono salda. La chiesetta di Maria Santissima della Vittoria, meglio conosciuta come “Madonn’a llunghe”, in questi mesi è interessata da una difficile opera di restauro, per evitarne il crollo. Ma la festa del martedì in albis dei termolesi anche quest’anno sarà celebrata all’insegna della fede e della tradizione. Il 13, come è stato per diversi decenni, i fedeli potranno recarsi in scampagnata e adorare il prezioso dipinto della Vergine.
Per ovvi motivi (la chiesetta rurale all’interno è stata tutta puntellata) non sarà possibile entrare, ma assicura padre Enzo Ronzitti, parroco di S.S. Pietro e Paolo, l’icona sarà esposta all’esterno in un tempietto in legno e qui sarà celebrata la funzione religiosa. Tempo permettendo.
La chiesa venne costruita nella seconda metà del ‘500, ad opera dei frati francescani, che edificarono anche un convento. Ma nel 1566 i saraceni devastarono il piccolo borgo marinaro e non risparmiarono nemmeno il convento costruito lontano dalla costa, ma non tanto da evitare l’incursione turca guidata dal sanguinoso Pialy Pascià. A Termoli sopravissero solo 65 nuclei familiari e i cappuccini, che vivevano di carità, furono costretti a sistemarsi altrove.
Era “la più antica delle chiesette rurali della località” – scriveva lo storico molisano Giambattista Masciotta ne ‘Il Molise dalle origini ai giorni nostri’ – dominava la valle del Sinarca, ma per lunghi anni rimase semidistrutta, abbandonata, finché il vescovo Pitirro decise per la sua ristrutturazione. Era il 1702.

La festa del martedì in albis ha origini altrettanto antiche, è legata alla devastazione di Pialy Pascià. Non per celebrare vittorie, ma per ringraziare la Madonna dallo scampato pericolo dopo il brutale saccheggio dei turchi. Una testimonianza importante è quella del domenicano Serafino Razzi che annota, il 9 aprile del 1577, la sua esperienza nel santuario di Santa Maria, “ove ciaschedun’anno in cotal dì concorre assai popolo, non solamente di Termoli, ma ancora dell’altre terre vicine”. Una festa in pompa magna durante la quale si rievoca l’assalto turco: una lunga battaglia ingaggiata dai termolesi e da altri vestiti da saraceni. “…E dopo molte scaramucce fatte, et assalti dati, intorno al mezzodì la presero, senza però scandalo e danno alcuno” – attesta il domenicano Razzi. Oggi nessuna rievocazione ricorda quella triste pagina, ma è rimasta la tradizione del banchetto e della festa.
Fra l’altro mentre fino a qualche anno fa la chiesa si raggiungeva a piedi, ora quasi tutti ci arrivano in auto. E potranno farlo anche quest’anno, senza alcun dubbio, perché “non permetteremo che la tradizione venga interrotta solo per problemi di ristrutturazione – assicura padre Enzo Ronzitti”.
I lavori che interessano la chiesa saranno lunghi e sono più complicati del previsto: è stato scoperto che il santuario stava cedendo perché mancano le fondamenta. Non c’è alcuna base che sostiene la struttura (nel ‘700 la chiesa venne riedificata e allargata alla meglio) e le crepe che stavano facendo crollare la facciata alcuni anni fa si sono moltiplicate un po’ ovunque dopo il sisma. L’opera di ristrutturazione costerà quasi 400 mila euro, dice padre Enzo: “Una somma raggiunta grazie alle offerte dei devoti, al contributo della Regione, del Comune ma soprattutto della Chiesa diocesana che si è assunta l’onere maggiore”.

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