Premio Termoli, la grande arte contemporanea in primo piano

"Iperluoghi": quaranta artisti di ricerca e sperimentazione per la XLVII Mostra Nazionale di arte contemporanea. Dal 20 luglio al 10 settembre una superba collettiva, curata da Leo Strozzieri, nella Galleria Civica, con una sala dedicata al grande scultore scomparso Mannucci e al gruppo di pittori che ha ruotato attorno al suo studio romano negli anni ’50-’60, da Burri a Capogrossi a Colla.

Dopo la Biennale di Venezia e la Quadriennale di Roma, in ordine di importanza, c’è la Mostra nazionale d’Arte contemporanea di Termoli. Probabilmente sembrerà strano agli stessi residenti, ma l’appuntamento estivo con l’arte contemporanea della città adriatica riveste un ruolo di primissimo piano nel panorama nazionale, e si configura come il principale evento del settore in tutto il centro sud della nazione. La novità di quest’anno (la mostra apre i battenti nella Galleria Civica di piazza sant’Antonio il 20 luglio, pre proseguire fino al 10 settembre) è l’omaggio allo scultore Edgardo Mannucci. A lui, a questo artista che ha saputo capire il nostro tempo incanalando i concetti di energia e velocità che contraddistinguono il XXI secolo in una materia senza confini, in una dialettica perfetta tra la preziosità e la corrosione, il critico Leo strozzieri, che ha curato la rassegna, dedica una sala intera.
Mannucci, scomparso nel 1986, artista di fama internazionale, presente più volte con sue opere alla prestigiosa Biennale di Venezia, era un grande estimatore del Premio Termoli, giunto alla sua XLVII edizione. E’ giustamente sembrato doveroso al professor Strozzieri, del quale tra l’altro era un grande amico, dedicare la prima parte della prima sezione al suo dinamismo aggrappato alla terra, (le sculture di Mannucci partono dal basso, sono strettamente legate al suolo) al suo umanesimo materico che trova il fulcro (la razionalità umana) nei nuclei di vetro intorno ai quali ruota tutto il resto. La seconda parte di questa sezione, un omaggio all’informale e all’arte degli anni ’50-’60, vede la presenza di nomi di fama mondiale, come Alberto Burri col suo informale materico, Giuseppe Capogrossi col suo "segno del pettine", Ettore Colla, Corrado Cagli, Michelangelo Conte. Si tratta di artisti che hanno ruotato attorno allo studio romano di Mannucci, i cui quadri sono attualmente quotati migliaia o milioni di euro.

Iperluoghi", così si chiama la rassegna, vede la presenza di quaranta grandi artisti del panorama nazionale di arte contemporanea. Il titolo basta già a spiegare il senso di una collettiva che parla un linguaggio dove gli spazi, e i luoghi, non sono quelli tradizionali. L’iperluogo anticipa il futuro, un futuro imminente nel quale saremo ora, e saremo anche da un’altra parte: un modo di vivere futuristico che nella tecnologia più avanzata, nelle sofisticate ricerche informatiche, trova una sorta di "bilocazione", "un’ubiquità mediatica" dalla quale non siamo troppo lontani. Quaranta artisti per emozionarci e aiutarci a comprendere questo tempo complicato in cui ci troviamo. Luigi Boille, Nicola Carrino, Bruno Conte, Anna Esposito, Carlo Lorenzetti, Gino Marotta, Achille Pace, Piero Raspi, Sandro Sanna, Michele Cossyro: sono soltanto alcuni degli artisti presenti, ognuno con la sua poetica, un prezioso contributo individuale, ma tutti accomunati dalla grande possibilità linguistica, espressiva. Luoghi come spazi, iperluoghi come iperspazi. Nell’epoca della globalizzazione l’arte si priva dei confini tradizionali e sceglie un nuovo linguaggio.

L’evento è stato presentato in conferenza stampa dallo stesso critico Leo Strozzieri, da Enzo Nocera, l’editore del catalogo (Enne Edizioni) e dagli assessori Niro e Battista. Una punta di orgoglio (peraltro legittimo) da parte degli amministratori della città adriatica nel sentire decantato un evento che non trova eguali nel Mezzogiorno d’Italia. All’attuale amministrazione termolese spetta ora il difficile compito di trovare (o costruire) uno spazio idoneo ad ospitare quel patrimonio di altissimo valore dato dalle tante opere che gli artisti hanno regalato, nel corso degli anni, alla città. Opere che purtroppo giacciono accatastate e impolverate, in attesa che qualche sindaco particolarmente sensibile all’arte trovi i soldi (e il tempo) per inserirli nella cornice che meritano: un museo.

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